antonio freno

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LupoDellaDolina
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antonio freno

Messaggio da LupoDellaDolina »

go scoperto oggi parlando coi miei che el mio bisnono iera cugin, non so de che grado, de antonio freno.
qualchidun me sa dir qualcossa su de lui? a parte la canzon no go trovà altro in rede!grazie :-)


trieste no sarà mai taliana!
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LELA
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Messaggio da LELA »

Caro Lupo Della Dolina, io sono in possesso delle seguenti notizie che riguardano ANTONIO FRENO:

Antonio freno Nacque a Trieste il 4 dicembre 1876 da Rocco, un "musicante" di sangue meridionale
e da Maria Mladinovich; all'epoca del delitto, commesso la sera del 24 settembre 1904, era celibe.
Fudapprima condannato a morte, poi, graziato, all'ergastolo.
Passò lunghi anni in carcere, a Capodistria e a Marburgo (Maribor) . Nel 1922 la condanna all'ergastolo gli fu commutata in 30 anni di carcere e successivamente, nel 1924, in 22. Messo il libertà nel 1926, visse in miseria a Trieste.
Il 10 giugno del 1932 sposò una vedova, Maria Ghersel, nativa di Monte di Capodistriada cui non ebbe figli.
Morì a Trieste il 10 marzo 1936.

Queste sono le note generiche di Antonio Freno, se poi ti, interessano ti posso fare avere le cronache del delitto - Antonio Freno divenne un "personaggio" proprio a causa di quel delitto - che comprendono diversi articoli apparsi sul "Piccolo" e che si conclusero il 26 settembre del 1904.

I titoli degli articoli in questione, a partire dal 5 dicembre 1904 sono:

L'UCCISIONE DI UNA GUARDIA

L'UCCISORE DELLA GUARDIA ARRESTATO - sotto questo titolo si possono trovare:

Le ricerche;
Sulle tracce dell'uccisore;
L'arresto;
L'uccisore trasportato a Trieste;
L'interrogatorio.

Se ti possono interessare fammelo sapere, comunque qualcun'altro dei forumisti potrebbe saperne di più.

Ciau e Buona Pasqua, Lela.


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LupoDellaDolina
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Messaggio da LupoDellaDolina »

grazie lela! :-)
mi interesserebbe che tu mi racontassi altro sul mio lontano cugino!
grazie della disponibilità!
buona pasqua. :36_3_16:


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LELA
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Messaggio da LELA »

Caro LupoDellaDolina, questo pomeriggio, appena letto il tuo messaggio di risposta mi son messa al lavoro.
Non riuscurò comunque a mandarti tutti gli articoli in una volta: sono troppo lunghi! Perciò per ora te ne invio tre: questo è il principale:

ANTONIO FRENO - Cronache.
dal "Piccolo" del 25 settembre 1904.

Iersera in via di Crosada avvenne un grave fatto di sangue: una guardia di p.s., Giacomo Nagode, fu ucciso a colpi di coltello.
Ecco il fatto: Verso le 11 e mezzo,l'operaio Rodolfo Oblach, passando per la via di Crosada,s'imbatte nel Nagode, suo buon conoscente, il quale
pattugliava insieme al suo collega Desiderio Botus.
L'Oblach offerse al Nagode un bicchiere di birra, invitando perciò ad entrare nell'osteria "Agli Americani".
La guardia però, essendo di servizio, non potè accettare l'offerta e, salutando il compiacente amico, si allontanò insieme al collega. l'Oblach entrò nell'osteria accennata, sedette ed ordinò un bicchiere di birra. Quando stava per portarlo alle labbra, nell'osteria entrò un giovanotto che esclamò: "Qui fuori hanno ucciso una guardia!"

L'Oblach corse subito col pensiero al suo amico Nagode e, deposto il bicchiere sul tavolo, uscì di corsa. Giunto che fu dinnanzi la casa n° 4 di via di Crosada, e precisamente dinanzi all'entrata dell'osteria "Al pozzo d'oro", vide una guardia distesa a terra in una pozza di sangue. Chinatosi, riconobbe il Nagode. In quel momento si avvicinarono altri tre operai,
Antonio Ippaviz, Giovanno ZontaK e Giusto Petelin, e col loro aiuto l'Oblach s'accinse a sollevare il ferito, che non dava segno di vita, per trasportarlo all'ambulatorio dell'"Igea". Nello stesso tempo giunse sul luogo il dott. Monti dell'"Igea, il quale, di ritorno dall'essere stato ad assistere un asignora abitante in via dell'Asilo, avendo notato
l'assembramento,aveva voluto vedere di che si trattasse.
Il medico constatò subito che il Nagode era già morto, ma non di meno invitò i giovanotti presenti a trasportarlo nell'ambulatorio. L'Oblach poi si recò a portare la notizia all'ispettore delle guardie del posto di via Tigor e poi ritornò sul luogo L'ispettore Naidich mandò subito fuori tutte le guardie disponibili e poi avvertì telefonicamente la Direzione di Polizia ed il comando delle guardie di p.s. Fu pure avvertita la commissione agli istantanei e poco dopo si recò sul luogo il dott. Poliack con il suo
cancelliere uditore giudiziario dott.Jerouschek. All'ambulatorio il dott. Monti visitò il morto e constatò che aveva una gravissima ferita alla testa, denudante l'osso, una al collo con recisione della carotide sinistra ed una alla regione sottoclavicolare corrispondente. Il dott. Poliack, ch'era accompagnato da parecchi ufficiali e cancellisti di Polizia, interrogò
innanzitutto le inquiline della casa n° 4, ma potè apprendere ben poca cosa. Una di esse, che in quel momento si trovava alla finestra, dichiarò di aver veduto solamente il Nagode alzarsi da terra, sorreggendosi contro il muro, e poi ricadere pesantemente al suolo. Altro non aveva veduto. Fu interrogato poi il compagno del Nagode, il quale fece il seguente racconto:
"Quando erano giunti all'imboccatura della via Santa Maria NMaggiore, si erano divisi: egli era sceso per la via della Muda vecchia ed il suo collega per la via di Crosada per passare poi per la via della Punta del forno e ricongiungersi a lui in piazzetta Pozzo del mare. Del fatto egli non sa nulla." Furono poi udite parecchie altre persone e tra queste l'operaio
Girolamo Ravalico,il quale dichiarò che mentre passava per la via di Crosada insieme al suo amico Giovanni Bernardon e ad un altro suo conoscente, del quale ignorava il nome, era stato avvicinato da un uomo sui 25 anni, a lui sconosciuto, vestito alla foggia dei facchini, il quale gli aveva detto: "Adesso go mazà una guardia. Iero on i mii amizi e antavimo, ela ne gà dito de taser e mi ghe go dà. Go dà un colpo sula testa, uno al colo (e qui fece il gesto analogo) e uno al peto!" Detto ciò, il tizio si è allontanato frettolosamente. Egli ed i suoi amici allora avevano affrettato il passo ed erano giunti sul luogo dell'uccisione un momento
prima che il cadavere venisse trasportato all'"Igea. Tutti testimoni furono uditi dal direttore di polizia in persona, il quale, appena fu a conoscenza del fatto, si recò prima sul luogo e poi in via Tigor. Furono uditi i coniugi
proprietari dell'osteria "Al pozzo d'oro", alcuni avventori dell'esercizio e parecchie inquiline delle case di via di Crosada. Nessuno seppe indicare chi fosse stato a colpire il Nagode, ma da certi indizi i sospetti della Polizia si concentrarono su un noto individuo, sottoposto alla speciale sorveglianza, il quale, arrestato tempo fa dal Nagode, gli avrebbe detto; "Va là. moscardin, che se vedaremo!" Esaminata la sciabola dell'ucciso, si constatò che era lorda di sangue e da ciò si arguì che la guardia si fosse difesa e che anche il suo feritore fosse stato ferito. Perciò si telefonò immediatamente allìOspedale e alla Guardia medica, ordinando di fermare tutti quelli che si fossero presentati per farsi medicare delle ferite e di avvertirne la Polizia. Però nessuno si presentò nè all'Ospedale nè alla Guardia medica.
Più tardi furono poste alcune guardie di piantone all'entrata di entrambe le istituzioni. Il comandante delle guardie Malalan e l'ispettore distrettuale Horaczek ordinarono a tutti gli ispettori di far uscire tutte le guardie, anche quella di riserva, per la ricerca del feritore. Anche l'ufficciale Titz uscì con i suoi agenti e visitò una dopo l'altra tutte le case di tolleranza che si trovavano nelle vicinanze del luogo in cui accadde il fatto.
Il Nagode aveva 29 anni ed era di Longatico (Loitsch); aveva moglie e due figli, una bambina di due anni ed un bambino di uno. La vedova, che è gravemente ammalata, trovasi attualmente al paese di suo marito. Abitavano in via S.Severo.

A immediampresto, Lela.


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Messaggio da LELA »

Eccomi qui di nuovo LupoDella Dolina:

L'UCCISORE DELLA GUARDIA ARRESTATO
Le ricerche

Sull'uccisione della povera guardia di p.s. Nagode, avvenuto sabato notte in via di Crosada, i nostri "reportes" ci recano questi ulteriori particolari:
Uno dei primi ad accorrere sul luogo dell'uccisione fu l'ispettore delle guardie Knafelc del posto di via dei Rettori, il quale dopo essersi soffermato per un istante nell'ambulatorio della Società "Igea" ed aver raccolto alcune informazioni sul fatto, si mise in cerca del feritore.
Questi, a giudicare dalla sciabola del Nagode lorda di sangue, doveva aver riportato anche lui qualche ferita. Il detto ispettore notò cha dal punto in cui era caduta la guardia fino all'imboccatura di via della Muda vecchia c'erano sul selciato delle piccole chiazze di sangue e, certo che quello fosse sangue perduto dal feritore, scese per la suaccennata via per vedere fino a dove arrivassero, e giunse così fino in fondo all'androna del Canape. Qui vi era una pozza di sangue: evidentemente il feritore si era fermato a quel sito per fasciarsi la ferita e poi aveva proseguito la via.

Torno subito. Lela.


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Messaggio da LELA »

Ed ecco, LupoDellaDolina, l'ultimo articolo per oggi:

Sulle tracce dell'uccisore

Qualche ora più tardi al Polizia venne a sapere quanto segue: Verso le 12 e mezzo, cioè un'ora dopo aver il fatto, al caffè "Costanza" in via del Torrente entrò un giovanotto miseramente vestito, il quale prese posto ad un tavolo appartato e ordinò una razza dicaffè; domandò il permesso di lavarsi le mani. "Go lavorà fina adesso de vin" disse lo sconosciuto "e me son sporcà in 'sta maniera.
Il caffettiere condusse l'individuo nella cucina e invitò il fornellista a dargli un po' d'acqua. Mentre il giovanotto si lavava, il fornellista notò che aveva una ferita alla mano sinistra e gli chiese come l'avesse riportata.
"Oh, roba de gnente!" rispose l'interpellato e, asciugatesi le mani, rientrò lestamente nel locale, pagò e poi se ne andò di corsa.
La Polizia fu tosto dell'opinione che tale individuo fosse l'uccisore del povero Nagode e si mise sulle sue tracce. Come ieri abbiamo rilevato, i
sospetti della Polizia si erano concentrati fin da principio su un noto pregiudicato e durante la notte ebbe la certezza che il feritore era appunto l'individuo sospettato: e cioè certo Antonio Freno, facchino, da Trieste, più volte punito per grave ferimento e pubblica violenza. Si stabili pure che dopo il fatto egli si era recato in una casa di Città vecchia e che in quel momento era ancora in possesso dell'arma: un affilato coltello. Tra i funzionari che si misero in cerca del Freno ci fu l'agente Carlo Titz il quale venne a sapere che al momento del fatto il Freno si trovava in compagnia di parecchi altri giovanotti e più tardi si scoprì che tre di essi erano gli operai Ettore Dellapietra, di 20 anni, abitante al n° 18 di via Ponziana. Giacomo Fabris. di 24 anni,abitante in androna Santa Tecla e Nicolò Toniato, di 18 anni, abitante in via Giulia. Apprese pure che uno di essi era l'amante di una donna abitante in una casa di Città vecchia, per cui si recò ad interrogare quest'ultima. Sulle prime la donna si rifiutò di parlare, ma poi accompagnò l'agente alla propria stanza e l'aperse. Nascosti sotto il letto, l'agente trovò due dei sunnominati giovanotti. Più tardi arrestò anche il terzo.Nelle prime ore della mattina poi ne arrestò altri due, e precisamente Guido Luin, di 22 anni, allievo cuoco, senza occupazione, e Giuseppe Ivanov, di 28 anni, facchino. I cinque arrestati furono interrogati dal consigliere superiore Frenner, a cui serviva da cancelliere il cancellista Zafutta.
Dichiararono di essersi trovati in compagnia del Freno ma di non aver neanche toccato la guardia. Questa li aveva ammoniti a non cantare
e, dopo un breve scambio di parole, il Freno si era avventato su di essa e la aveva colpita replicatamente. Essi erano fuggiti. Ad interrogatorio esaurito i cinque arrestati furono accompagnati in via Tigor.

Ecco fatto, per stasera basta, sempre con simpatia, Lela.


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Messaggio da LupoDellaDolina »

grazie mille!aspetto altre notizie se c'é ne sono! :36_3_15:


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Messaggio da LELA »

Bonasera LupoDellaDolina, dovrei avere ancora tre articoli e, appena posso te li metto: abbi solamente un po' di pazienza perché devo ribatterli tutti.
Ho provato a far delle fotocopie, ma venivano malissimo e non si riusciva a leggere quasi nulla!

Ciao, sempre con simpatia, Lela.


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caspita che lavoron!ara veramente stragrazie x la fadiga che te ga fato x darme le info! :36_3_12:


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Figurite, LupoDelaDolina, no' ocori nisun grazie, se no' se se juta fra amizi, chi te vol che te juti?
'Deso provarò a meterghene 'ncora.

L'ARRESTO

L'arresto del Freno avvenne la notte scorsa ad Isola. Ecco quanto ci scrive in proposito il nostro corrispondente isolano:

La notizia dell'uccisione di una guardia di p.s. avvenuta a Trieste, appresa stamane dal "Piccolo", indusse il comando delle nostre guardie comunali ad ordinare uno speciale servizio di vigilanza all'arrivo dei forestieri. Fu perciò che le guardie civiche Nicolò Degrassi e Francesco Degrassi vennero a sapere che presso l'affittaletti Domenica Bressan al n° 585, era arrivato un forestiero ferito. Le due guardie si portarono dalla Bressan e vi trovarono l'individuo, ferito. Gli dissero subito a bruciapelo: "Siete voi che avete assassinato una guardia di polizia, a Trieste!" L'individuo
impallidì, ma poi finse di cadere dalle nuvole. Le guardie però insistettero sull'accusa dicendo che a Trieste già lo si indicava come l'autore del misfatto. Allora lo sciagurato cominciò a confondersi, ad ammettere di aver ferito, non ammazzato una guardia, e finì col confessar tutto.
Disse poi di essere Antonio Freno, fu Rocco, bracciante, d'anni 28, e di essere padre di tre creature. Dichiarato in arresto, fu perquisito e gli si
rinvenne un coltello a serramanico ancor lordo di sangue. Dichiarò che con quello aveva colpito la guardia. Fu subito telegrafato dell'arresto fatto,
alla polizia di Trieste.

Ciau ciau, a fra un po', sempre con simpa'tia, Lela.


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Eccomi di nuovo...

L'UCCISORE PORTATO A TRIESTE

Alle 5 pom. col piroscafo "Capodistria" partirono per Capodistria l'ispettore di p.s. Enrico Knafelc e la guardia Servolo Bonetti. Arrivati a Capodistria, i due funzionari presero una carrozza e si portarono a Isola, ove si recarono al comando delle guardie comunali a prendere in consegna il Freno, che fu fatto partire col treno delle 8 per Trieste.
L'uccisore occupava assieme alla scorta un vagone di II classe. Durante il viaggio da Isola a Trieste il Freno non parlò quasi niente; soltanto ad un tratto uscì a dire "Che i me copi, cossa me importa a mi".

Alla stazione di S. Andrea attendeva l'arrivo del Freno il comandante delle guardie Alberto Malalan. I funzionari attesero che i viaggiatori se ne
andassero prima di far uscire il Freno, ma tra i viaggiatori non tardò a diffondersi la voce che nel treno c'era l'autore del misfatto di via di Crosada, per cui tutti, vinti dalla morbosa curiosità, vollero rimanere nella stazione per vedere il Freno. La polizia, dopo aver atteso invano che la folla si diradasse, fece scendere l'arrestato e lo condusse fuori, passando tra la folla.

Allo sciagurato non furono risparmiate le apostrofi ingiuriose. Il Freno aveva il cappello a cencio, giacca scura, maglia grigia e calzoni chiari. Benchè tenesse il cappello calato sugli occhi, la folla potè vedere la faccia dell'omicida: un viso ovale ornato da un oaio di baffetti castani. Era pallido, ma procedeva sicuro, benchè incatenato. Un capo della catena veniva tenuto dalla guardia Bonetti. Fu notato che il Freno aveva la mano sinistra fasciata.

Uscito dalla stazione, fu fatto salire in una vettura ed accompagnato alla Direzione di polizia, onde però fu mandato in via Tigor, ove già si
trovava il concepista dott. Zecchini per interrogarlo.

Adesso preparo l'ultimo, spetime che torno, Lela.


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Eco che son tornada, te me gà spetado?

L'INTERROGATORIO

Il Freno espose il fatto così: "Io ed i miei amici si passava cantarellando per la via di Crosada e nei pressi dell'osteria "Al pozzo d'oro" c'imbattemmo nel Nagode che io conoscevo molto bene perchè ero stato da lui arrestato e anzi dimostrava una grande avversione per me. La guardia c'intimò di tacere ed io, visto che si cantava a fior di labbro, cercai di farle comprendere che non si turbava affatto la quiete notturna. Il Nagode mi impose di andarmene, ma io mi ribellai e, essendo affetto da epilessia, una terribile malattia che in certi momenti non mi permette di ragionare, mi lasciai vincere dalla rabbia e mi lanciai sulla guardia.Questa allora fece l'atto di sguainare la sciabola ed io, temendo di venire ferito, levai lestamente il coltello. Poi... non ricordo ciò che accadde. So che durante la collutazione entrambi rotolammo per due volte sul selciato. Quando mi rialzai per la seconda volta, fuggii, entrai nell'atrio di una casa, mi levai le mutande e con un pezzo di queste mi fasciai una profonda ferita che, cadendo a terra con il Nagode, mi ero prodotta accidentalmente, col mio coltello, alle dita della mano sinistra. Poi mi recai in un caffè e, uscito da questo, entrai in un secondo e in entrambi presi una tazza di caffè con un po' di limone. Nel tempo che rimasi nel secondo esercizio pensai ai casi miei e decisi di allontanarmi da Trieste. Uscito, mi recai in piazza della Barriera vecchia dove incontrai un mio conoscente, che io conosco solamente per il nome di Adolfo, e lo pregai di prestarmi un po' di denaro. Il giovanotto mi consegnò una corona e 20 centesimi. Salutato l'Adolfo, salii per la via del Molina Vento, mi recai a Sant'Anna e poi continuai per la strada che mena a Zaule. Giunto che fui alla barriera daziaria, entrai nella stanza del gabelliere e lo pregai di darmi un bicchiere d'acqua. Aggiunsi che ero molto stanco e indisposto e il
gabelliere mi soddisfò. Un momento dopo vidi passare per la strada un grande carro di campagna carico di tinozze di vino, diretto a Capodistria. Fermai il conduttore del carro e lo pregai di accogliermi sul veicolo ed il contadino mi esaudì. Strada facendo però pensai che era meglio mi recassi ad Isola, per cui, quando giungemmo presso la strada di Semedella, smontai e mi recai a Isola a piedi. Appena giunto, mi portai da un medico del luogo e mi feci medicare la ferita. Poi chiesi che mi lasciasse dormire, ma questo favore mi fu rifiutato e mi fece acompagnare in casa di un'affittaletti, dove poco dopo fui arrestato."

Dalla nota inviata dal comando delle guardie d'Isola, si apprende che il Freno si disse dolente che la guardia sia morta, soggingendo: "Non intendevo de finir un omo".

Il coltello se questratogli ha una lama lunga circa otto centimetri e, benchè fosse ancora lorda di sangue. la Polizia ritiene che il Freno abbia colpito il povero Nagode con altra arma.

Ad interrogatorio esaurito il Freno fu consegnato a due guardie, che lo condussero agli arresti inquisizionali.
(Dal "Piccolo" del 26 settembre 1904).

Caro LupoDellaDolina, ora ho scritto tutto quello che avevo su Antonio Freno, ma magari qualche altro forumista può aggiungere ancora qualcosa.
Ciau ciau, sempre con simpatia, Lela.


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grazie del tuo aiuto!con simpatia lupo! :-D


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Bona sera Lupo - cusì va zà mejo, sempre se te me perrmeti de ciamarte in sta magnera.
De gnente, son contenta de aver fato qualcosa che ghe gà fato piaser a qualchedun: sarìa mi che dovarìa dirte GRAZIE, difati me sento gratificada e xe 'na bela sensazion.

Ciau ciau, sempre con simpatia, Lela.


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