Un libro riscoperto

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rofizal
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Un libro riscoperto

Messaggio da rofizal »

Meto qua, ma no riguarda Trieste.

Iera diversi anni che no me capitava de "divorar" un libro in sto modo. 355 pagine lete in poco più de do giorni! (per mi no xe una roba abituale)

Stago parlando de "Cella 2455 braccio della morte", scrito da Caryl Chessman. Nela mia biblioteca se trova la prima edizion, uscida l'anno in cui la ga scrita, el 1954, ma no la gavevo mai leta.

Chi iera Caryl Chessman?
Per quei più giovani, che forsi no i lo conosi, Chessman iera un famoso criminale, nato nei USA el 27 maggio 1921 e morto nela camera a gas el 2 maggio 1960, dopo 12 anni ! de detenzion nel braccio dela morte dela prison de San Quentin. El libro xe una autobiografia, scrita in carcere, che gaveva fato epoca e che fa molto pensar. Lui no nega de gaver visudo nel crimine (furti, rapine, evasioni, ecc.), anche se el giustifica la sua condota da un odio interno dovudo a quel che gaveva subido dala vita. Ma el nega decisamente de gaver comeso i crimini per i quali xe stado condanado ala pena capitale (iera stado acusado de eser el "Red Light Bandit"). Tuti nega? Certo, ma persino un raporto de l'FBI aferma che probabilmente no iera lui el colpevole. Durante el proceso el se gaveva autodifeso (nol iera sicuro un ignorante), nonostante enormi dificoltà, e anche questo gaveva fato epoca.

El libro xe oltremodo interesante proprio perché el vedi la vita dala parte de un "fuorilegge", fuorilegge non tanto per soldi, ma per spirito ribele. Ghe xe considerazioni psicologiche che fa pensar, tanto che el libro steso iera diventado un simbolo dela lota contro la pena de morte.

Xe anche interesante notar alcune robe:

1) Chessman xe stado condanado in base ala lege cosideta "Federal Kidnapping Act" (o "The Lindbergh Law", cioè lege de Lindbergh), che prevedeva l'ergastolo e anche la pena de morte per el rapimento; da notar che come "rapimento" podeva intenderse anche solo el spostamento forzado de una persona per pochi metri; tale lege xe rimasta in vigor fino ai anni '70

2) Chessman no xe mai stado accusado de assassinio

3) la lege de Lindbergh iera stada fata dopo el rapimento, con sucesiva ucision, del fio de un anno e mezzo, del celebre pilota american de origine svedese Charles Lindbergh, che el 20 maggio 1927 gaveva compido la prima trasvolada atlantica; del rapimento iera stado accusado e condanado a morte (sentenza eseguida el 3 aprile 1936) Bruno Hauptmann, de origine tedesca, ma no xe per niente certo se fusi stado porprio lui; el rapimento ga ispirado anche el romanzo de Agatha Christie "Assassinio sull'Orient-Express"

4) no ga niente a che far col rapimento né con Chessman, ma sembra che sto Lindbergh no fusi poi tanto eroe: el iera de simpatie naziste e el gavesi voludo che i USA se schierasi a fianco de Hitler o almeno i restasi neutrali

5) in america, za ala fine dei anni '30, i gaveva dele carceri de nova concezion come el Chino (California Institution for Men (CIM)), dove se puntava sopratuto ala vera rieducazion dei carcerati, con misure meno opresive, insegnandoghe un lavoro e curando la loro istruzion; me domando se in Italia xe mai esistide robe simili

Queste e tante altre considerazioni vien fora del libro o comunque el libro me ga fato conoser, in modo più o meno direto. In un periodo in cui semo sotoposti a alte ondate de criminalità, e de conseguente giustizialismo, penso che el libro steso posi eser più che atuale. Se no altro xe un punto de vista molto diverso dal solito. Ve consiglio la letura.

Concludo citando alcune frasi:
Avete mai pensato, voi, alla possibilità di commettere un delitto? E se sì, perché vi siete astenuti dal commetterlo?
E perché, secondo voi, un altro invece ha ceduto al proprio istinto?
Solo il tredici per cento dei criminali all'opera nel paese finisce in prigione [...] le carceri e le prigioni sono sature fino a scoppiare di detenuti... che tuttavia rappresentano appena il tredici per cento della totalità dei criminali all'opera nel paese [...] se tutti i rei di delitti maggiori potessero essere acciuffati nello stesso momento, sarebbe umanamente impossibile incarcerarli dopo l'arresto, giudicarli e condannarli, a meno che non si cotruissero e non si mantenessro carceri, tribunali e prigioni per un numero otto volte superiore a quello attuale
Migliaia di professionisti del delitto vivono nel lusso e negli agi, mentre voi, io e la polizia non sappiamo chi sono


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Re: Un libro riscoperto

Messaggio da macondo »

rofizal ha scritto: Concludo citando alcune frasi:
Avete mai pensato, voi, alla possibilità di commettere un delitto? E se sì, perché vi siete astenuti dal commetterlo?
E perché, secondo voi, un altro invece ha ceduto al proprio istinto?
Solo il tredici per cento dei criminali all'opera nel paese finisce in prigione [...] le carceri e le prigioni sono sature fino a scoppiare di detenuti... che tuttavia rappresentano appena il tredici per cento della totalità dei criminali all'opera nel paese [...] se tutti i rei di delitti maggiori potessero essere acciuffati nello stesso momento, sarebbe umanamente impossibile incarcerarli dopo l'arresto, giudicarli e condannarli, a meno che non si cotruissero e non si mantenessro carceri, tribunali e prigioni per un numero otto volte superiore a quello attuale
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Legittime domande che, purtroppo, non trovano una valida e definitiva risposta. Sono passati ormai piú di 50 anni e la popolazione carceraria americana ha raggiunto e superato la quota di 2,200,000 detenuti. Dato questo di qualche anno fá che sicuramente sarebbe piú elevato nei nostri giorni.
E pensare che negli USA le hanno provate proprio tutte: pene severissime (a volte si parla di condanne di 500 anni!), la pena di morte in molti Stati, programmi di riabilitazione e allo stesso tempo, carceri pericolosissime dove si spara a vista sui detenuti al primo cenno di violenza. Allo stesso tempo, hanno creato delle carceri note come Titan come 'contenitori' di 3,000 detenuti o piú dove individui passano le loro giornate nell'inerzia totale, carceri aperte dove si facilita al massimo il reinserimento del detenuto nella societá. Insomma, diversi aspetti e concezioni dell'amministrazione della giustizia che coesistono negli USA e che non sono riusciti a cambiare minimamente l'essenza del problema.

Che fare? É probabilmente troppo facile reagire con frasi del tipo "Sbateli dentro a pan e acqua e buté vie le ciave" o, peggio ancora "Mazeli tuti"...La pratica ha dimostrato che non si é ancora trovata la formula magica per ridurre il crimine e riabilitare quelli che trasgrediscono le leggi.


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Messaggio da rofizal »

Un altro punto che el libro ga portado ala mia atenzion xe l'Habeas Corpus.
Ghe ne gavevo za sentido parlar (se ghe ne parla molto, sia a proposito che a sproposito), ma no savevo esatamente de cosa se tratava. Praticamente xe (ciogo da Wikipedia che fazo prima) "l'ordine emesso da un giudice di portare un prigioniero al proprio cospetto [...] sancisce il diritto universale ad appellarsi presso un tribunale contro una detenzione ritenuta ingiustificata". El se trova anche nela Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (Articolo 9: Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato) e qua podè trovar el testo completo del 1679 (in inglese): http://www.constitution.org/eng/habcorpa.htm


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Re: Un libro riscoperto

Messaggio da rofizal »

macondo ha scritto:E pensare che negli USA le hanno provate proprio tutte
Sai mica se esistono le percentuali di recidività e di recupero a seconda del metodo usato? Anche se saranno ovviamente influenzate dalla scelta dei soggetti destinati ai vari metodi.


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Re: Un libro riscoperto

Messaggio da rofizal »

macondo ha scritto:É probabilmente troppo facile reagire con frasi del tipo "Sbateli dentro a pan e acqua e buté vie le ciave" o, peggio ancora "Mazeli tuti"...
A me spaventa soprattutto la giustizia sommaria e le azioni tipo "sbatti il mostro in prima pagina". E' troppo facile, come spesso è stato dimostrato, rovinare la vita di persone innocenti, spesso solo per le necessità di trovare un colpevole ad ogni costo o di fame di giustizialismo, talvolta paragonabile proprio alla violenza dei criminali che si vuole combattere. Di caccia alle streghe ne abbiamo del resto viste molte nella storia dell'umanità.


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Messaggio da macondo »

Parleró della situazione in Inghilterra, dove ho una conoscenza diretta, dato che é parte della mia professione.
Il sistema carcerario (e della giustiza in generale) inglese é basato totalmente sulla riabilitazione dei detenuti. I costi sono elevatissimi, gia che si parla di piú di 35,000 euro per detenuto che salgono a 70,000 per i minorenni, solamente con riguardo alla detenzione e relativa riabilitazione. Su questo si aggiungono i costi dei tribunali, polizia ecc. Se si considera che i detenuti nelle carceri inglesi fluttuano intorno alla cifra di 80,000, si possono facilmente immaginare le cifre da capogiro. Posso affermare che le persone impiegate nella amministrazione delle carceri, sia personale in uniforme che quello amministrativo supera il totale dei detenuti.
Datemi qualche giorno per confrontare i miei dati, e saró piu preciso e con maggiori dettagli....


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Messaggio da macondo »

Una discussione sensata sull'eterno problema del 'delitto e castigo' é, al giorno d'oggi, praticamente impossibile se lasciata in mano alla cosidetta opinione pubblica. Se da un lato abbiamo una grande maggioranza che esige pene piú severe che vanno dalla reintroduzione della pena di morte, l'uso di punizioni corporali, la deportazione forzata dei criminali a colonie penali nel Terzo Mondo eccetera, dall'altro lato ci troviamo con una minoranza abbastanza rumorosa che preferirebbe pene molto meno severe, l'assoluto rispetto dei diritti umani dei detenuti (trascurando, purtroppo, che anche le vittime hanno dei diritti umani) e soluzioni alternative alle carceri. Altri ancora, cercando di giustificare la totalitá dei crimini come conseguenza di una societá fondalmente ingiusta.
Purtroppo nessuna di queste proposte ha funzionato nel passato e riproporle mi sembra sia un esercizio inutile. Certo che il senso di frustrazione é molto elevato e 'qualcosa' si deve fare. Il problema é 'che cosa'...


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Messaggio da macondo »

Per rendere l'argomento ancora piú complicato (come se non fosse giá abbastanza) bisognerebbe ricordare che il concetto di atto o attivitá criminale cambia con i tempi, le tradizioni locali e la societá. Per esempio, quello che era considerato un delitto fino a qualche anno fá, oggi é, nel peggiore dei casi, un comportamento da evitare.
Per esempio, i colpevoli di adulterio, abbandono del tetto coniugale ecc, rischiavano la galera. Cosí pure chi causava o faceva causare l'aborto. Il cosidetto 'delitto d'onore', l'omicidio del coniuge sorpreso in fragrante a commettere l'adulterio, veniva castigato con pene minime. Cosi pure con il commercio e la detenzione di sostanze stupefacenti (anche pesanti) che, meno di un secolo fá, si potevano acquistare in farmacia senza ricetta e senza problemi.

Un altro esempio é la spoporzionalitá delle pene. Nel Wild West, al rubare un cavallo, ti condannavano all'impiccagione. Adesso rubi miliardi e rischi di diventare una prestigiosa figura politica. Ulteriormente, troveremo il fatto che "Paese che vai, leggi che trovi" dove magari in qualche remoto Stato degli US il pascolare una capra la domenica é un delitto che viene castigato con 30 giorni di carcere :-D :-D :-D


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Messaggio da rofizal »

Direi che ci sono vari tipi di crimine:

1) crimine verso il prossimo
2) crimine verso lo stato
3) crimine politico
4) crimine per necessità
5) crimine per sete di soldi o di potere
6) crimine per sete di avventura
7) crimine per ribellione, odio

e così probabilmente ancora molti altri. Generalizzare non porta, credo, a nulla. Distinguere, capire e trovare la strada giusta per sconfiggerlo - non tanto come senso di "vittoria guerreggiata", ma più come senso di "vittoria psicologica" - è difficilissimo, forse impossibile, tante possono essere le cause che lo provocano. Per cui credo che l'obiettivo dovrebbe essere non di azzerare il crimine, ma di ridurlo per quanto possibile. A questo fine può tornare utile l'esame dei risultati dei vari sistemi, ma non è detto che il risultato sia confortante.

Per limitarci al nostro paese, esso è dominato da società criminali organizzatissime, uno stato nello stato, tanto forti che la loro eliminazione è utopistica. E questa realtà serve da stimolo alla nascita di nuove organizzazioni. Perché uno, disposto a vivere al di fuori della legge, dovrebbe accettare un lavoro "normale" (sempre che lo trovi) che gli offre una vita ben più misera?

Diverso il caso di chi ha in sé capacità di riuscita ben maggiori della media. O di chi agisce in piccolo, per proprio conto, dove il rapporto costi/benefici non è generalmente conveniente. Qui forse qualche risultato può essere ottenuto.

Come ha detto Macondo, le situazioni variano anche in rapporto alle tradizioni, alle culture, alle situazioni sociali. Un terrorista - è il caso più semplice - per noi è il peggiore criminale, per altre culture è un eroe.
Così la società in cui si vive ha dunque la sua importanza. A parte casi limite, come quello appena citato, se l'ambiente in cui uno vive giudica "normale" certi comportamenti, o comunque degni di rispetto, è difficile convincere le persone che così può non essere. E perché mai la cultura degli altri dovrebbe essere migliore della propria? Sono problemi che con il crescere della popolazione e la coesistenza di culture diverse - ormai non più solo "culture di quartiere" - possono solo che aggravarsi. Ma questo è il mondo in cui viviamo. Saremo mai in grado di farne un mondo vivibile per tutti?


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Messaggio da macondo »

La tendenza a generalizzare, come giustamente afferma rofizal, non aiuta certamente a risolvere il problema della criminalitá. In un mondo ideale, l'individuo che trasgredisce le leggi o che commette un crimine (che non é la stessa cosa) dovrebbe essere giudicato come individuo e punito d'accordo alla sua pericolositá, la gravitá del crimine commesso e le possibilitá del suo reinserimento nella societá. Le leggi, o meglio, le pene non dovrebbero essere uguali per tutti. Ma é molto piú facile avere un Codice Penale che ti indica il minimo ed il massimo della pena, magari con un tariffario di facile applicazione :(

Penso che siano relativamente pochi quelle persone che si rendono conto che il sistema carcerario come lo conosciamo oggidí sia una istituzione relativamente recente. Fino ad un paio di secoli fá, i delitti venivano castigati sommariamente con multe, sequestro dei beni, punizioni fisiche (includendo la gogna), deportazioni e sentenze di morte.


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Messaggio da rofizal »

Provo a fare un elenco di alcuni crimini che, seppur talvolta molto gravi, non fanno parte della criminalità organizzata, e che quindi potrebbero essere evitati (utopia?):

- gli eccidi nelle università americane
- gli omicidi in famiglia, per liti, ecc.
- gli omicidi per "gioco" (tipo pietre sull'autostrada)
- violenze ed omicidi all'interno di sette
- violenze ed omicidi per droga, ubriachezza o altro
- violenze ed omicidi da parte di persone non sane di mente
- violenze sessuali di vario tipo

Generalmente gli autori di questi atti non sono criminali di professione, anche se possono diventarlo. Come comportarsi verso di loro?
Vi pare una domanda al di sopra delle nostre possibilità di risposta? Forse, ma poiché le leggi le fanno i politici, alla fine siamo noi che decidiamo la strada da seguire.

Tenendo presente che ogni crimine ha una vittima, deve essere la punizione anche una vendetta? Se la vediamo dal punto di vista personale (ad esempio se la vittima fosse un nostro caro) la risposta non può essere che un sì, ma se lo guardiamo dal punto di vista della società nel suo insieme, la risposta non è così semplice. Anzitutto c'è chi ha sbagliato involontariamente (l'ubriaco che ha causato vittime guidando è colpevole sicuramente, ma non aveva l'intenzione di uccidere), chi non ha il controllo delle proprie azioni (ci sono vari gradi di pazzia o di mallattie mentali), chi ha agito in un momento di rabbia o di paura, ecc. Ogni caso fa storia a sé.

Uan volta c'era la regola "occhio per occhio, dente per dente". Vendetta o giustizia?
Perdono? Chi paga è solo la vittima.
Recupero del criminale? Ma in questi casi spesso non si tratta di criminali.

Ma allora che valore diamo alla condanna/punizione? Vendetta, dissuasione, che altro?

L'unico principio facile a capire è quello del "chi rompe paga", chi fa un danno deve riparare il danno stesso. Ma certi danni non si possono riparare. E allora?

Quale è il giusto confine tra il risarcimento (materiale ma soprattutto morale) alle vittime, la dissuasione (perché se non ci fossero le pene, poche leggi verrebbero rispettate), e il recupero dei criminali? Spesso le risposte sono contradditorie.

La soluzione migliore sembra la prevenzione, più che la repressione. Agire prima che il reato si compia, prima che vi sia una nuova vittima. Questo presuppone una forte coscienza sociale, uno spirito di convivenza che oggi sembra utopistico. E anche una accettazione comune di alcuni principi base. Mi riporta all' "uguaglianza, libertà, fraternità" della rivoluzione francese, concetti che però poi non erano mai stati applicati nemmeno dagli stessi rivoluzionari.

Domande senza risposta... :(
(ma non voglio perdere la speranza in un possibile futuro migliore)

PS: ho un gran casino in testa e non riesco proprio a chiarirmi le idee, scusate


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Messaggio da macondo »

Potrebbe essere molto interessante cercare di capire le cause alla radice dell'impressionante incremento nel numero dei delitti commessi e dell'aumento vertiginoso dei detenuti. Nel caso dell'Inghilterra il loro numero é raddoppiato in pochissimi anni, ma penso che questo fenomeno sia comune a tutti i paesi del mondo.

Innanzitutto, metterei la scomparsa di certi valori morali tradizionali nelle rispettive societá. Accompagnata da una riduzione drastica nel rispetto delle istituzioni che tradizionalmente custodivano tali valori morali. Questa 'rivoluzione culturale', che in molti casi era dovuta, non ha saputo introdurre nuovi valori morali che sostituissero quegli che aveva drasticamente eliminato.
Un'altra causa significativa penso sia la persuasiva propaganda al consumismo piú sfrenato, che ha creato delle necessitá palesemente inutili. Il tutto accompagnato da una certa 'esaltazione' di certi comportamenti antisociali e criminali attraverso il cinema, la letteratura e altri tipi di media (penso ai video giochi...).
Ulteriormente, il fenomeno di migrazioni da paesi meno sviluppati.
É piuttosto emblematico che il numero di detenuti in Inghilterra che appartengono a gruppi etnici minoritari, in aggiunta a quelli che sono in questo paese illegalmente sia estremamente sproporzionata con il numero degli abitanti della Gran Bretagna. Ci vuol poco a capire come l'alienazione sociale, la mancanza di radici famigliari, l'infanzia vissuta in nuclei famigliari precari o inesistenti ed un livello di qualitá della vita molto inferiore a quello medio abbiano contribuito in maniera determinante ad un comportamento antisociale tendente al crimine.


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Messaggio da Coce »

rofizal ha scritto:
PS: ho un gran casino in testa e non riesco proprio a chiarirmi le idee, scusate

Sergio il tuo poscritto illustra perfettamente a quello che si riferisce Macondo, il degrado dei nostri valori morali.
CASINO che oggi e' usato generalmente con leggerezza da tutti gli strati sociali a Trieste aveva un solo significato che certamente non si usava in casa e nepure di fronte al gentil sesso, uno avrebbe detto ( ho una grande confusione in testa....) Il fatto che una persona onorevole come te
usa l'espressione senza dargli nessun peso dimostra il degrado dei nostri valori morali odierni. Ciao Coce :o


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Messaggio da babatriestina »

io direi che mostra soprattutto il modificarsi della lingua :-D è perfettamente vero quello che dice Coce, cioè che una quarantina di anni fa l'espressione "casino" non si usava nel linguaggio per bene ed ora viene usata nel senso di caos, disordine.. senza nemmeno ricordarsi che si trattava delle case chiuse ( che poi legalmente in Italia sono state chiuse). Ma c'è da aggiungere, per Coce, che il vocabolo aveva acquistato quel significato specifico successivamente, perchè in origine, come denota il termine, era un diminutivo di casa, e il suo primo significato, dice il mio vocabolario, era:
casa signorile di campagna adibita a luogo di raduno per battute di caccia o di pesca; tant'è vero che il casino Valadier è un edificio romano da visitare nei giri turistici.

sui valori morali e sul permissivismo, ricordo solo il paradossale "vietato vietare", uno dei tanti slogan sessantottini e anni successivi.


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Messaggio da rofizal »

Coce ha scritto:Il fatto che una persona onorevole come te usa l'espressione senza dargli nessun peso dimostra il degrado dei nostri valori morali odierni.
Grazie per l' "onorevole" (o è un'offesa? visto i tempi che corrono e come si comportano gli "onorevoli" :wink: ).

Beh, io mi adeguo. :wink: Se ascolti la RAI (mi pare che la guardi ogni tanto, doverbbe arrivare pure lì) ne senti ben di peggio, pure di bestemmie (cosa che non ho mai fatto in vita mia, il bestemmiare, pure se non sono credente, e anzi mi dà terribilmente fastidio). Del resto certo, qualche volta mi faccio un po' di scrupoli e mi dico "lo scrivo o non lo scrivo?" :wink: , ma poi non ho alcuna voglia di fare il "puritano". E' questa la società di oggi? OK, se così deve essere, che sia. E poi, chi non si esprime mai "coloritamente" viene spesso guardato in malo modo, quasi come un asociale. E non sto scherzando.
Quanto al "gentil sesso", dovresti sentire come si esprimono alcune rappresentanti dello stesso (non tutte, naturalmente).

Per l'Inghilterra - tanto per ricordare che l'Italia non è un eccezione, anzi - ricordo di quando, saranno stati 20 anni fa o giù di lì, mi trovavo in un villaggio turistico del sud Italia. C'erano delle bellissime ragazze inglesi che lavoravano come modelle per alcuni servizi. Bellissime, ma... sempre con la lattina di birra in mano, ogni tanto da quelle bocche uscivano certi versi (non parole, proprio versi, tanto per capirci senza usare il termine appropriato) degne delle peggiori osterie. Addio poesia... :(


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Messaggio da Coce »

Certamente (No offence) anzi ho usato il temine onorevole perche cosi' ti penso, e lo ho usato nel significato Italiano "una persona d'Onore".
Certo che ci sono stati dei cambiamenti nella lingua, e questo e' uno dei miei dispiaceri perche invece di elevarsi, la lingua si sta' degradando, e tutti noi ne siamo responsabili. Nei tempi passati le parole volgari erano nella parlata di ogni giorno negli strati sociali piu' bassi, "in cui io sono cresciuto". Infatti questa e' stata la mia magior ragione di emigrare. Vi assicuro che la salita e' stata dura e impervia per arrivare a un punto da considerarsi ad un grado medio di coltura e di decenza, e ce'ne voluta una vita. Mi dispiace che voi sebbene dimostrate le vostre apprensioni per lo stato attuale delle cose non vi accorgete, o vi lasciate turlupinare da certe Trends. Ciao Coce :-)


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Messaggio da rofizal »

Sarebbe una lotta come quella di Don Chisciotte contro i mulini a vento. :( Te lo dice uno che una volta si era lasciato con una ragazza proprio perché lei diceva troppe parolacce.

Qui ti dò un po' di storia dello sproloquio televisivo (lo trovi su http://www.tvblog.it/post/4887/la-parol ... w_comments) :
Dalle cronache televisive la prima parolaccia pronunciata in TV (”st* di m*” per la cronaca) venne pronunciata da Enzo Majorca all indirizzo di un telecronista d’eccezione, Enzo Bottesini, (allora popolare campione del rischiatutto ed esperto sub) durante una discesa in apnea per il record mondiale, oltretutto annunciata con grande enfasi sulla stampa specializzata. Il telecronista intralciò la discesa del campione mondiale di apnea e si beccò il suddetto epiteto… Esiste ancora il nastro RVM del “fattaccio” negli archivi rai ed è stata presentata nella trasmissione di Raisat Extra OFF di Menico Caroli (autore del fondamentale tomo sulla censura radio TV “Proibito!”) e Luca Martera.
Questa cosa del processo alla tappa è però da verificare…
In radio è rimasto celebre il “ca**” di Cesare Zavattini, pronunciato nel 76 con intenti scandalistici…
La prima bestemmia venne pronunciata da Leopoldo Mastelloni in un collegamento di Blitz (trasmissione della domenica pomeriggio condotta da Gianni Mina sul raidue dall 81 all 84) il 22 gennaio 84. Ma esiste un oscuro precedente: in una puntata dedicata alle radio libere, Videosera (77), si sente con una certa distinzione una bestemmia pronunciata durante l’irruzione dei poliziotti nella sede della bolognese Radio Alice.

La parolaccia del “Processo alla tappa” fu “casino”, pronunciata da Felice Gimondi che, per questo, fu esiliato dal programma fino alla fine del Giro.
C’è, però, un precedente, risalente agli anni ‘50 e sempre legato al Giro d’Italia: durante il momento di “nero”, tra la fine dello spazio riservato all’annunciatrice e l’inizio della diretta, si sentì un tecnico della RAI esclamare a gran voce: “Porca Pu***!!!”

Ecco quello che successe esattamente al Processo alla tappa (fonte: http://www.sorrisi.com/sorrisi/personag ... 008938.jsp)
“Accadde nel 1966, durante il “Processo alla tappa” condotto da quel maestro che è stato (ed è) Sergio Zavoli di cui certamente riparleremo. Felice Gimondi, già affermatissimo, già vincitore del Tour de France dell’anno precedente, ormai numero uno del ciclismo italiano alla perenne ricerca del “nuovo Coppi”, disse testualmente “Oggi non era facile andare in fuga, perché là davanti quelli della Molteni facevano un gran casino”. “Casino”, capito? Zavoli - che era Zavoli - venne richiamato dai vertici aziendali: Gimondi - che era Gimondi - venne espulso da tutte le trasmissioni della Rai e riaccettato solo l’anno successivo dopo aver scritto una lettera di abiura e di pubbliche scuse tramite il suo gruppo sportivo, la Salvarani.”
Altri tempi...


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E questa è una sentenza della Cassazione:
«Vi sono delle parole e anche frasi che, pur rappresentative di concetti osceni o a carattere sessuale, sono diventate di uso comune e hanno perso il loro carattere offensivo, prendendo il posto, nel linguaggio corrente, di altre aventi significato diverso che invece vengono utilizzate sempre meno. [...] Un simile fenomeno si è verificato rispetto a numerose locuzioni, quali ad esempio: “me ne fotto al posto di non mi cale” , “è un gran casino” in luogo di “è una situazione disordinata” , “vaffa...”, al posto di “non infastidirmi, non voglio prenderti in considerazione, lasciami in pace».
Se dunque, la società diventa volgare, la Corte si adegua e cancella parole storicamente ingiuriose che attualmente vengono utilizzate in modo gergale. La Cassazione non fa distinzioni di categoria ma solo di gerarchia. La Corte ha infatti ha precisato che le parolacce sono tollerate solo se vengono scambiate fra pari.


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Messaggio da rofizal »

Ecco la sentenza completa:
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, sentenza n.27966/2007
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE


SEZIONE QUINTA PENALE


MOTIVI DI RICORSO E RAGIONI DELLA DECISIONE


Con sentenza 30.11.99 il Tribunale monocratico di Giulianova assolveva B. V. dall’impugnazione di ingiuria (addebitatagli per avere – nel corso di una seduta del consiglio comunale di Giulianova, svoltasi il 23.11.99 – offeso l’onore ed il decoro di D. C. D., assessore e vice sindaco, dicendogli "Di Ca’ vaffanculo") perché la di lui condotta era da ritenersi scriminata ai sensi dell’art. 599 c. 2 c.p. [1]. In particolare il giudicante, nel ravvisare la ricorrenza dell’esimente, rilevava che il De Carlo, pur consapevole che la seduta del consiglio de quo assistevano molte persone che si riconoscevano nell’area comunista, aveva affermato che ci si doveva vergognare di essere comunisti.

Con pronuncia 10.2.06 la Corte di appello di L’Aquila, su appello della parte civile avanzato anche ai fini penali, dichiarava l’imputato responsabile del reato ascrittogli e, con le generiche equivalenti, lo condannava a pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore della citata parte.

Avverso la decisione di secondo grado l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo vizio di motivazione in ordine all’interpretazione dei dati acquisiti.

La Corte osserva.

Ricorrono gli estremi per un proscioglimento ex art. 129 c.p.p., in quanto risulta evidente l’insussistenza del fatto.

All’uopo s’impone un duplice ordine di considerazioni.

Vi sono talune parole ed anche frasi che, pur rappresentative di concetti osceni o a carattere sessuale, sono diventate di uso comune ed hanno perso il loro carattere offensivo, prendendo il posto nel linguaggio corrente di altre aventi significato diverso, le quali invece vengono sempre meno utilizzate; un simile fenomeno si è verificato rispetto a numerose locuzioni, quali ad esempio: "me ne fotto" in luogo di "non mi cale"; "è un gran casino" in luogo di "è una situazione disordinata" e del pari con riguardo all’espressione oggetto dell’imputazione, "vaffanculo", la quale trasformatasi sinanco dal punto di vista strutturale (trattasi ormai di un’unica parola), viene frequentemente impiegata per dire "non infastidirmi", "non voglio prenderti in considerazione" ovvero "lasciami in pace".

In realtà è l’uso troppo frequente, quasi inflazionato, delle suddette parole che ha modificato in senso connotativo la loro carica: il che ha determinato e determina certamente un impoverimento del linguaggio e dell’educazione, non potendo peraltro negarsi che, in numerosi casi, l’impiego delle medesime non superi più la soglia della illiceità penale.

S’innesta al proposito il secondo profilo della questione.

Quando sinora esposto è senza dubbio condizionato dal contesto in cui si inseriscono le espressioni citate: è evidente che se queste vengono pronunciate dall’interessato nei confronti di un’insegnante che fa un’osservazione o di un vigile che dà una multa, esse assumono carattere di spregio; diversa è la situazione se esse si collocano nel discorso che si svolge tra soggetti in posizione di parità ed in risposta a frasi che non postulano, per serietà ed importanza del loro contenuto, manifestazione di specifico rispetto.

Orbene, nel caso in esame la parola incriminata fu pronunciata da un consigliere nei confronti di un altro e di rimando ad una frase del Di Caro evocativa di errori passati del comunismo, ma del tutto qualunquistica, ossia priva di serio esame e di consapevole critica con riguardo al presente: ne consegue che la condotta verbale dell’imputato rappresentò una maleducata e volgare manifestazione di insofferenza, ma non fu tale da offendere l’onore ed il decoro dell’interlocutore ai sensi dell’art. 594 c.p..

In conformità a quanto esposto si richiamano i seguenti precedenti: Cass. V sez. pen. 9.5.07 n. 1179, Pres. D. Nardi, rel. A. Nappi, non ancora massimata; Cass. 3.6.05 n. 39454 RV. 232339).

L’impugnata sentenza deve pertanto essere annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste.


P.Q.M.


La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.


Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2007.


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Messaggio da Coce »

Grazie per le illustrazioni Sergio, le xe assai educative per capir la mentalita' odierna, comunque le conferma le mie apprensioni per el degrado dela lingua Italiana, e del dialeto Triestin. Tornando ale tue osservazioni originali, no crerdo che sia tanto de vantarse con i problemi criminali de ogi inclusi i problemi de omossessualita', pedofilia ecc...
In riguardo a riabilitazion de ex carcerati me par che un certo Signor
Beccaria sia stado el primo a postular L'idea, e se no me sbaglio gavemo una via a Trieste in suo onor. Ciao Coce. :-)


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