Il Timavo questo sconosciuto (una previsione azzeccata!)

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rofizal
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Il Timavo questo sconosciuto (una previsione azzeccata!)

Messaggio da rofizal »

Go trovado el topic dove prevedevo ciò che gavesi dovudo eser verificado pochi mesi dopo. Se inveze de scriverlo solo su internet gavesi fato una publicazion scrita, magari un libreto, a sta ora saria forsi nela storia :wink: . Ma cusì va la vita.....

Iera mercoledì 14 maggio 2003, quando scrivevo (riporto el topic per intero in questo e eni prosimi mesagi) :
Sogno di ogni speleologo triestino è quello di scoprire una nuova cavità che conduca al percorso sotterraneo del fiume Timavo, ancora in gran parte sconosciuto.

Ecco l'drografia sotterranea nella zona del Carso triestino, ipotizzata dal Prof. Federico Sacco e riportata da "2000 Grotte" di Bertarelli-Boegan nel 1926.
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t_timavo2.jpg


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Messaggio da rofizal »

Non c'è speleologo triestino che non si sia studiato a lungo questa immagine, tratta da una pubblicazione del 1906 di Boegan, che rappresenta, sempre sotto forma di ipotesi, il corso sotterraneo del fiume Timavo, con i possibili inghiottitoi presenti sul suo percorso.

Da San Canziano, dove il Timavo si inabissa, solo la Grotta dei Serpenti e l'Abisso di Trebiciano permettono all'uomo di raggiungere il fiume durante il suo viaggio sottoterra. Il che è facilmente comprensibile, considerando la profindità alla quale lo stesso fiume scorre.

Già dal 1913 sono state fatte delle ricerche utilizzando sostanze come fluorescina, cloruro di Litio, fucsina, cloruro di stronzio, cloruro di cesio, come pure materiale radioattivo e nel 1927 addirittura delle anguille vive, spinti soprattutto da necessità di approvvigionamento idrico per la città di Trieste. Tali ricerche hanno evidenziato che, oltre alle ben note risorgive di San Giovanni di Duino (le Sorgenti del Randaccio), vi siano quelle di Aurisina, di Cedassamare e di Guardiella.

E' interessante ancora ricordare che a San Canzinano il Timavo diventa ipogeo alla quota di 173 metri s.l.m., per cui successivamente non può che trovarsi a quote inferiori. Non solo, ma le ipotesi più recenti propendono non per un unico corso, ma per una moltitudine di piccoli percorsi, oltre a quello principale, e in parte anche al di sotto del livello del mare, come sembrano dimostrare le risorgive di Duino.

Antonio Marussi, nel 1941, ipotizzava che il Timavo avesse avuto anticamente un percorso esterno, di direzione Sud Est-Nord Ovest, che sarebbe testimoniato nei vari solchi dell'altopiano carsico.

Bibliografia:

"2000 Grotte" di L. Bertarelli, E. Boegan, 1926
ristampato anche dalle edizioni B & M Fachin nel 1986

"Il Timavo" di autori vari, tra cui Fabio Forti e Enrico Halupca, 1989
Edizioni B & M Fachin
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timavo3.jpg


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Messaggio da rofizal »

Ecco, approssimativamente, come si sviluppa la Grotta Skilan nei pressi di Basovizza. Se confrontate con la prima cartina sopra, potete vedere come il percorso di questa grotta si avvicini molto a quello ipotizzato del Timavo, salvo il fatto che poi da un lato sembra portarsi verso Sud-Est, invece di Nord-Est, ma si tratta comunque di un corso ormai abbandonato da tempo, viste anche le analisi riportate in una pubblicazione datata 1994, che escludono comunicazioni con il corso attuale del Timavo.

Sarei però molto curioso di sapere se le esplorazioni successive hanno trovato qualcosa di diverso.
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cartaBasovizzaSkilan1.jpg


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Messaggio da rofizal »

In attesa di queste ulteriori informazioni, possiamo fare solo delle ipotesi.

Potrebbe essersi trattato di un percorso antico del Timavo, poi abbandonato, come pure di un suo affluente, ormai estinto o spostatosi. Difficilmente spostatosi verso il basso, visto che la grotta già nel 1994 raggiungeva i 346 metri d profondità, cioè arrivava a 35 metri s.l.m. (la quota di ingresso a 381 metri s.l.m.).

Attualmente sembra sia fonda 375 metri, quindi arriverebbe fino a 6 metri s.l.m. (!). Certo che il livello del mare non è sempre stato quello attuale.

Potrebbe anche trattarsi di un antico corso d'acqua ipogeo completamente indipendente. Attendo notizie a proposito, se qualcuno ne è a conoscenza.

Interessante anche il confronto con la presenza di cavità nella zona, come segnalate dal "2000 Grotte" (cartina non riportata qui). Praticamente in questa zona, nel 1925, non vi erano grotte conosciute. Da una parte solo una vicino al poligono militare, a destra della strada che porta al confine di Lipizza, e due sul Monte Gaia.

Tutte le altre si addensavano seguendo una direttrice San Lorenzo-Basovizza-PadricianoGropada-Trebiciano-Fernetti, con una diramazione Gropada-Sesana.

Questo potrebbe voler dire che certe zone a quell'epoca erano molto meno frequentate, come che invece eventuali corsi ipogei non hanno quasi nessun collegamento con la superficie per qualche strana ragione (epoche di formazione diverse? o diversità di terreni?).

Vorrei anche far notare che sia la Fessura del Vento, sia la Grotta Skilan, sono state rinvenute in zone "meno probabili". E sono le uniche due grotte del Carso triestino che seguano a lungo un percorso di un fiume sotterraneo. In quasi tutti gli altri casi si tratta di grotte ad andamento verticale, cioè inghiottitoi, che per, pur convogliando l'acqua verso il sottosuolo, non riescono a portare al corso orizzontale. Anche l'Abisso di Trebiciano è una sofferta cavità verticale, che arriva quasi per caso al Timavo, perché proprio in quel punto il fiume ha scavato una enorma caverna.

Mi piacerebbe a questo proposito leggere qualche studio, per vedere se è stata già esaminata la ragione della formazione di quella caverna (la Caverna Lindner). A memoria mi pare che in quel tratto il fiume compia un'ansa (e potrebbe anche restringersi), così le pressioni risultanti in periodi di piena potrebbero essere molto maggiori che altrove, provocando l'erosione delle pareti. Questo potrebbe voler dire che in assenza di queste condizioni un inghiottitoio difficilmente ci porterà al fiume.

E' come se coprissimo il fondo di una vasca con una enorme spugna. L'acqua filtrerebbe un po' dappertutto, senza grandi percorsi, e poi si raccoglierebbe sul fondo, in quantità ben più cospicua. Dove avremo più probabilità di trovare un percorso verticale più largo? Non dove ce sono una infinità, ma dove sono più rari.
Il ragionamento potrebbe anche funzionare...

Mi ricordo però anche di una grotta, nella quale avevamo aperto, negli anni '60, una nuova parte. L'Abisso di Samatorza. Ora non ho sottomano il rilievo, e quindi non so le quote, ma la grotta, ad andamento verticale, aveva dei pozzi enormi, larghissimi e... finiva miseramente in un fondo piatto fangoso e con un piccolo strato d'acqua.

Qualcuno disse che avevamo raggiunto le acque di fondo. Può anche darsi, ma un inghiottitoio del genere fa presupporre enormi quantità d'acqua, e infatti in nella zona non vi sono molte grotte conosciute. E grandi quantità d'acqua non possono finire nel nulla.

Non so se qualcuno ci sia mai più ritornato, e magari abbia scoperto qualcosa di nuovo, ma sulle pareti si vedevano delle grandi finestre che nessuno quella volta si prese la briga di esplorare (già si era soddisfatti della profondità raggiunta). Potrebbero benissimo esser stati degli ambienti paralleli, dove l'acqua, bloccata da crolli lungo la via principale, può aver trovato sfogo.

Infine un'osservazione sui bellissimi studi geologici che vengono pubblicati ogni volta che si assiste ad una importante scoperta in questo campo.

Interessanti, molto, ma in genere le ipotesi che ne derivano sono fatte per essere smentite dalla scoperta successiva. Ma il bello è questo...


Andando comunque a leggere l'interessante studio geologico-strutturale e geomorfologico dell'area, scritto sempre nel 1994 da Fabio e Fulvio Forti, notiamo soprattutto due cose: la stratificazione anomala dell'area (Nord-Sud invece che Sud Est-Nord Ovest) e l'ipotesi finale che il corso originale del fiume che ha dato origine alla grotta avesse direzione Nord Ovest-Sud Est e non il contrario.

Quello che non mi pare venga fatto, è l'immaginare come doveva essere l'aspetto esterno della zona prima dell'inizio dei fenomeni carsici. Per la Val Rosandra ho letto più di qualche studio, ma evidentemente quando si tratta di percorsi sotterranei, solo in minima parte conosciuti, pochi si arrischiano ad avanzare ipotesi.

A dire il vero esiste quella, letta altrove, che vede scorrere il Timavo sull'altopiano, in superficie, nella direttrice Basovizza-Aurisina (circa), o in due rami, che prevede poi la sua sparizione nel sottosuolo, mantenendo un percorso più o meno simile.

Ma qui parliamo di fiumi o torrenti o percorsi principali delle acque di fondo, di cui fino a poco tempo fa non si sapeva nemmeno l'esistenza (dei percorsi, non dell'acqua di fondo).

Proviamo però a divertirci ugualmente con qualche ipotesi nostra. Non sono un geologo, e questo è un grande svantaggio, ma sono pur sempre stato un analista, e così cercherò di lavorare un po' utilizzando i dati a mia conoscenza. Se poi sbaglio, pazienza, almeno ci ho provato.

Il Rosandra tutt'ora esistente e quindi un dato di fatto.

Proviamo a considerare l'ipotesi del corso esterno del Timavo, visto l'andamento del nostro altipiano che potrebbe pure far pensare ad una valle (non lo dico io). Ricordo anche che vi sono diversi torrentelli che arrivano in città, che non vedo mai citati, non so se perché non sono mai stati presi in considerazione o se smplicemente non hanno collegamenti con il resto.

Allora, lasciamo perdere questi piccoli rii, e immaginiamo il Carso con da una parte il Timavo che scorre parallelo al mare e dell'altra il Rosandra che vi arriva quasi diretto (oltre il Rosandra per ora non ci interessa).

Ogni fiume può avere i suoi affluenti, varie risorgive e anche perdite lungo il percorso. La situazione attuale del Rosandra, lo abbiamo detto, la conosciamo. Ma quella del Paleorosandra?

Sicuramente scorreva più in alto, ma a che altezza? quasi a livello dell'altopiano?

Se fosse arrivato fino all'altezza della Fessura del Vento, quel corso d'acqua avrebbe potuto essere sia una risorgiva che una perdita. Poteva anche essere una perdita tarmutatasi in risorgiva con l'abbassarsi del fiume e poi diventato un fiume a se stante?

Osservando l'inclinazione della cavità (geologicamente lascio ad altri le spiegazioni) mi verrebbe da pensare ad una perdita sulla riva del fiume, ingranditasi col tempo e divenuta indipendente quando il letto del Rosandra si è abbassato. Quindi il bacino idrico potrebbe essere, in questo caso, in gran parte lo stesso di quello del Rosandra, ma il fiume non avrebbe mai avuto corso superficiale.

Molto più complessa mi sembra la zona di Basovizza. La zona tra Basovizza, il Concusso e San Lorenzo presenta diverse cavità, meno che nella zona centrale (la conca e il bosco), se non sono state scoperte di recente. Questa zona centrale, lo dice anche il Forti, è meno carsificabile, ma ormai sappiamo che forse su di essa convergono, o convergevano, almeno due importanti flussi d'acqua: quello del Vento appunto e forse quello della Skilan. Dove finiva e dove finisce quest'acqua?

Possiamo anche supporre che lo Skilan, se seguiva la direzione ipotizzata, potesse finire nel Rosandra, ma questo contrasterebbe forse con quanto ipotizzato per la Fessura.

Un'altra ipotesi potrebbe essere che le acque si riversassero in qualche modo verso il mare, dal lato della strada che scende a Trieste, ma c'è un varco, una sella?

Poteva essere che la conca di Basovizza, quella ai cui margini si trova la foiba (scavo minerario), fosse originalmente un grande lago? O il fondo di una grande dolina che quindi potrebbe far supporre importanti sistemi ipogei?


Ho detto che mi mancano le informazioni geologiche per avvalorare o scartare qualche ipotesi.

Resta il fatto che proprio questa zona sembra assumere una fondamentale importanza per capire il sistema idrografico sotterraneo in questa parte del Carso.

Se ci spostiamo ancora a ovest raggiungiamo la zona del Timavo vero e proprio. Se sullo Skilan ci possono essere dei dubbi, più in là i dubbi dovrebbero cadere. Il sistema là dovrebbe sempre esser legato al Timavo (fino a prova contraria).

Timavo 1, Timavo 2, acqua di fondo?
Sicuramente a Trebiciano almeno una parte di Timavo c'è, sicuramente una parte del fiume arriva al mare in più punti per conto suo.

Ma esiste veramente il Timavo sotto il Carso? O meglio, non potrebbe essere che a tratti esiste e a tratti si perde in mille rivoli, per poi ritrovarsi di nuovo? Ci potrebbero esistere tante altre piccole risorgive lungo la costa di cui non ci rendiamo conto?

Credo dipenda dalle rocce che incontra il fiume e dalla potenza della corrente. Per il fatto che si siano trovate la Fessura del Vento e la Skilan mi fa pensare...

E' possibile che due corsi d'acqua minori siano riusciti dove il Timavo non ce l'ha fatta?

Forse non questo il punto. Lo Skilan fossile (cio non più percorso dall'acqua) e la Fessura devono aver avuto molta più acqua in passato. Ma non basta. Hanno diversi livelli di gallerie, anche a livelli abbastanza alti. Non si è mai trovato, che io sappia, un corso "alto" e abbandonato del Timavo.

Come si spiega?

Facciamo un passo indietro. Abbiamo ipotizzato che il fiume della Fessura non abbia mai corso in superficie. Forse anche per lo Skila è stato lo stesso. Se invece il Timavo scorreva in superficie e si perso un po' alla volta nei vari inghiottitoi... Però avrebbe dovuto raggiungere subito il livello attuale, cosa che gli altri due non hanno fatto. Qui ci vorrebbe di nuovo il geologo che spiegasse se ci sono differense di rocce tra queste zone.

Basta, mi fermo qui. E' affascinante ma un labirinto...


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Messaggio da rofizal »

Ripeto che l'ipotesi che avevo fatto nel messagio qui sopra, datato 14 maggio 2003, è stata precedente alla scoperta della Grotta Impossibile, quella venuta alla luce durante lo scavo della nuova galleria autostradale. Purtroppo non avevo trovato aiuto nelle ricerche che avevo intrapreso (si tratta pur sempre di eseguire degli scavi) e così tutto si era arenato. Non è comunque detto che sarei riuscito a trovare un collegamento con le enormi cavità che ormai sappiamo esistono davvero in quella zona, ma bisogna pur provare....

Anche se la parte più interessante del topic direi sia quella già esposta, proseguivo :
L'ho detto che non sono più al corrente delle ultime novità speleologiche locali. Ma man mano che trovo le notizie le aggiungo (meglio sarebbe una collaborazione di qualche speleologo attivo).

Così ecco quella relativa alla grotta Lazzaro Jerco:

21 novembre 1999
Gli speleologi della Commissione Grotte Eugenio Boegan (CGEB) hanno raggiunto, dopo tre anni di duro lavoro, nella grotta Lazzaro Jerco, situata nei pressi di Zolla di Monrupino, il corso di un fiume sotterraneo che si presume possa essere il Timavo. L’ingresso, non praticabile, della cavità era conosciuto già nel secolo scorso ed era famoso tra la gente del luogo per le violente correnti d’aria che ne fuoriuscivano in occasione di nubifragi o periodi piovosi.

Per ulteriori notizie (non molte a dir il vero):
http://www.boegan.it/italiano/lazzaro_jerko/laz1.htm

Così devo anche aggiungere la Grotta Gualtiero (5720 VG) definita la cavità più lunga della Val Rosandra (oltre 4 chilometri di sviluppo, con 109 di dislivello). Della quale per ora non so altro, ma è appena uscito un libro a proposito:
http://www.boegan.it/italiano/gruppo/pu ... gliosa.htm

---------

Ecco ancora qualcosa di più sulla Lazzaro Jerco.

Riportiamo parte dello scritto, firmato P.G., che si trova all'indirizzo
http://www.retecivica.trieste.it/cgeb/N ... ojerko.htm
dove potete trovare, oltre allo scritto completo, anche delle bellissime foto:

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La sua vicenda inizia nel lontano 1832 allorch un villico di Opicina, Lazzaro Jerko per l’appunto, comunicò al Civico Magistrato di aver notato sul fondo di una dolina posta sulla destra della strada che da Opicina conduce a Monrupino, circa un chilometro a nord della Conca di Percedol, una sorgente d’acqua che usciva con gran rumore dal sottosuolo. Il fenomeno descritto venne poi nuovamente segnalato nel 1910 (la dolina risultava allagata), per finire quindi nel dimenticatoio. Nel 1967 un gruppo di giovani soci della Commissione Grotte E. Boegan – Luciano Filipas, Franco Florit, Mario Galli, Dario Marini – constatata l’effettiva presenza di notevoli correnti d’aria, decise di provare a vedere cosa ci fosse sotto quelle fessure soffianti.

Presi accordi con il padrone del terreno ebbe così inizio la prima tornata di scavi che si protrassero, con alterne vicende, dall’aprile 1967 al luglio 1971, per un totale di 40 uscite. Alla fine dei lavori veniva inserita in Catasto, sub numero 4737 VG, una grotta profonda 27 metri, praticamente tutti ottenuti artificialmente (soltanto cinque metri sono stati trovati liberi), con uno sviluppo di cinque. Il proseguimento degli scavi (il materiale veniva estratto in superficie a forza di braccia e accatastato su un fianco della dolina) pareva troppo oneroso per i pochi uomini rimasti, per cui la cosa fin lì.

Nel maggio 1987 una squadra della Commissione Grotte dell’Alpina torna a cimentarsi nell’impresa. Dal fondo della grotta non esce molta aria, che invece si incontra nella frana a nove/dieci metri di profondità. Viene pertanto deciso di scavare un nuovo pozzo seguendo l’aria; il materiale di scavo, viene versato nel vecchio pozzo. Dopo sette mesi di lavoro gli scavatori sono nuovamente a quota –27, alla base di un pozzo semiartificiale, piuttosto franoso e parallelo a quello costruito negli anni ’60, e in un ambiente in cui allora era già strisciato Filipas. Anche alla fine di questi lavori l’entusiasmo si affievolì. Ulteriori dieci anni e Filipas, raccolti alcuni dei primi scavatori, riprende gli scavi, organizzandosi questa volta in maniera professionale. Sempre seguendo l’aria (che però è piuttosto incostante e non sempre si avverte) si scava sino a quaranta metri di profondità, sino a sboccare – siamo al febbraio 1998 – in un pozzo profondo dodici metri, cui ne segue un altro che scende per oltre 40 e quindi una serie di gallerie e caverne riccamente concrezionate che portano la profondità della grotta a 123 metri con una lunghezza di 220.

Il nuovo tratto della grotta è molto bello ma non presenta correnti d’aria degne di nota: una lunga ed accurata indagine permette di individuarne nella frana a quota –35 i primi segnali, che si fanno poi sempre più marcati via via che si risale. Viene pertanto deciso di riprendere lo scavo spostandosi qualche metro più ad ovest, partendo da quota –dieci: viene scavato, sempre seguendo l’aria, un pozzo parallelo ( il terzo…) profondo una decina di metri. Da quota –21, gli scavi proseguono sempre nella frana, in direzione ovest. Si procede fra massi, ora molto più grandi. A fine novembre si giunge a quota –36; si scende ancora in verticale, raggiungendo quota –45 e quindi attraverso passaggi da brivido quota –60, siamo giunti al febbraio 1999. Subito sotto, il 3 marzo 1999, a –74 si apre ad ovest una caverna vera, con un laghetto sul fondo e tante tante stalattiti, mentre ad est un diedro di roccia rinserra la frana. Naturalmente la grotta continua non nella caverna concrezionata, ma al vertice opposto, nella frana megalitica. Altro pozzo artificiale di otto metri e quindi finalmente un budello in roccia: pozzo di cinque metri, altro di quattro, poi otto ed il Ramo Ovest della Grotta Meravigliosa di Lazzaro Jerko ha superato i cento metri di profondit. Gli scavi proseguono in pozzi strettissimi, ma a fine giugno 1999 gli esploratori giungono in una cavernetta a 132 metri di profondità in cui viene scavato un cunicolo che sbocca su un ampio pozzo, profondo 45 metri: il pozzo Carlo Milic (dal nome del padrone del terreno). Un altro mese di duro lavoro ed ecco aperto un secondo grande pozzo, che gli speleologi hanno voluto dedicare a Federico Tietz, loro sfortunato compagno tragicamente morto in una forra dell’Austria.

Sotto il pozzo Tietz un pozzo di otto metri e quindi un’infima fessura che raccoglie le abbondanti acque di stillicidio: un mese di lavoro (e siamo a fine settembre 1999) e il cunicolo artificiale lungo una dozzina di metri sbuca su una serie di piccoli pozzi alla cui base si diparte una galleria larga quattro metri ma larga pochi centimetri: per aprire un passaggio gli uomini della "Boegan" impiegheranno quasi due mesi, ma finalmente, a metà novembre sboccano in un’ampia caverna sul cui fondo scorre un fiume. La grande sala, attraversata per un centinaio di metri dal fiume, viene dedicata a Luciano Saverio Medeot, noto speleologo triestino attivo dagli anni ’30 e scomparso recentemente.

Dalla caverna Medeot il fiume è stato risalito ad est lungo un’ampia galleria per un’ottantina di metri, sino ad un secondo salone, più grande del primo ed interamente occupato da un profondo lago, che è stato dedicato a Antonio Polley facoltoso ingegnere e possidente di Sesana che alla fine del secolo scorso e nei primi anni di questo dedicò tempo e denaro alla ricerca di una nuova via che portasse al fiume sotterraneo. Nella caverna Medeot il fiume termina ad ovest in un lago in cui stato individuato il sifone d’uscita, sifone che è stato percorso da uno speleosub per un breve tratto: oltre la galleria allagata prosegue, ampia e in discesa.
Questa descrizione rendeva benissimo l'idea di cosa voglia dire, molto spesso, "scavare" per trovare una cavità interessante e seguirne poi il percorso, talvolta stretto e tortuoso.


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Messaggio da rofizal »

Nella Lazzaro Jerco il 24 aprile 2001 purtroppo moriva, a causa di un malore, Alberto Lazzarini, noto speleologo e alpinista triestino.
(vedi articolo http://www.soccorso.speleo.it/Rassegna_ ... colo25.htm)

Ancora per la zona della Val Rosandra, nel 1989 Giuliano ZANINI individua, sotto il tracciato della ferrovia della Val Rosandra, un pertugio di 10 x 15 cm. in cui è aspirata una discreta quantità d’aria. Inizia subito a lavorarci attorno per allargarlo ma, da solo, dopo alcuni mesi deve desistere. L’anno dopo entra a far parte della Commissione Grotte Eugenio Boegan e riprende i lavori coadiuvato da alcuni soci. Con non poche difficoltà il cunicolo viene scavato per sette metri, ma poi il lavoro è sospeso. Nel frattempo è inserito in catasto con il nome di Cunicolo dell’aria sotto il N°5640 VG. Ai primi di settembre del 2000 un gruppo più consistente, composto in buona parte dai reduci dallo scavo alla LAZZARO JERCO, riprende lo scavo del cunicolo. Dopo sei mesi e mezzo viene rimosso l’ultimo blocco, liberando l’accesso ad una prima caverna. Da questa si accede ad un meandro che, nella parte più interna è invaso da una notevole quantità d’acqua che richiede l’uso del canotto per proseguire. La grotta percorsa per circa tre-quattrocento metri e di cui continua l’esplorazione, è stata ribattezzata come Grotta Martina Cucchi.

(vedi articolo e foto a http://www.retecivica.trieste.it/cgeb/n ... artina.htm)

Infine, per chi ha voglia di tenersi aggiornato sulle ultime ricerche speleologiche nella nostra zona (ma non solo), consiglio la "Gazzetta dello Speleologo":
http://www.spin.it/speleo/lagazzetta/indice.html
che tra l'altro è curata anche da Mauro Kraus, autore delle foto presenti su Trieste Mia.

Proprio sulla Gazzetta appare, a fima P.G., questo breve ma interessante articolo sulle ultimissime ricerche in Val Rosandra (luglio 2002), che riportiamo qui, nella nostra convinzione che questa zona del Carso sia strettamente legata al sistema idrico ipogeo, e come in effetti le ultime scoperte sembrerebbero confermare:

Grosse novità alla Grotta delle Gallerie.
La Val Rosandra (TS) non finisce di destare sorprese: la Grotta delle Gallerie, 420 VG, una delle più visitate (se non la più visitata in assoluto) grotte del Carso, si è rivelata la porta ad un esteso sistema ipogeo che va ad intersecarsi fra le già notevoli Fessura del Vento, Grotta Martina e Oniria/Grotta Gualtiero. Su istigazione di Giuliano Zanini, che mediante prove "odorifere" aveva provato la comunicazione fra la Martina e le Gallerie, nel febbraio di quest'anno la squadra degli "anziani" scavatori della Boegan ha ripreso i lavori nel ramo laterale della 420 VG (scavi iniziati alcuni anni or sono da Zanini ed altri della CGEB, ma poi lasciati per mete allora considerate più abbordabili). È stato così che, in venti giornate di lavoro, scavato un pozzo artificiale di una decina di metri cui segue un saltino di pochi metri, si è giunti in una sala concrezionata; da qui uno scivolo, sempre concrezionato, si approfondiva per una quindicina di metri terminando con un'ostruzione priva di evidenti prosecuzioni. In mancanza di movimenti d'aria chiaramente percepibili, gli scavatori hanno impiegato il "Succhiagrotte" - un sistema di indagine ad aria forzata ideato da Zanini e collaboratori - che ha permesso immediatamente di individuare il punto ove scavare. Per avere ragione dell'ostacolo sono state necessarie una quindicina di uscite di duro lavoro al termine delle quali è stato possibile accedere alla parte più profonda della cavità: un'ampia galleria, intervallata da pozzi, che porta la profondità totale della Grotta delle Gallerie sui cento metri e lo sviluppo a superare abbondantemente il mezzo chilometro. Le esplorazioni, che non sono ancora concluse, si potranno dire portate a termine soltanto quando verrà effettuato il probabile collegamento con le gallerie terminali della Grotta Martina. (PG)

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Copiato dal Il Piccolo del 8 gennaio 2004.

Scoperto un altro segreto del Timavo

Speleologi sloveni raggiungono il fiume sotterraneo nelle profondità di Sesana

TRIESTE Un immenso «canyon» sotterraneo, lungo 500 metri e alto 100 dove scorre impetuoso un fiume. Probabilmente il Timavo.
L’hanno scoperto un paio di settimane fa gli speleologi sloveni percorrendo e forzando una cavità già nota da più di un secolo, posta nei pressi della vecchia polveriera di Sesana, a 500 metri dalla strada che va a Lipizza. La grotta che porta al più che probabile corso del Timavo si apre non molto distante dall’Abisso dei Serpenti, in cui sono evidenti le tracce di un remoto e antichissimo passaggio del fiume, ma l’acqua non è mai stata trovata. Una strana analogia con la superficie di Marte.
La scoperta effettuata da esploratori sloveni è estremamente importante: questa la terza «finestra» che si apre sul corso del fiume più studiato della storia. La prima individuazione sotterranea del Timavo risale al 1841, quando il corso del fiume fu raggiunto sul fondo dell’abisso di Trebiciano. Scorreva tra immense dune di sabbia, appena rischiarate dalle torce degli esploratori.
La seconda «finestra» è stata aperta dopo un secolo e mezzo di tentativi andati a vuoto: il 21 novembre del 1999, un esiguo gruppo di speleologi della Commissione grotte dell’Alpina delle Giulie, si bagnò le mani a 290 metri di profondità all’interno della grotta «Lazarus Jerko», posta a qualche centinaio di metri dal laghetto di Percedol. Un tentativo riuscito dopo quasi trent’anni di sforzi e di lavoro con mazze e scalpelli. Quando avevano iniziato a scavare gli esploratori avevano i capelli castani o biondi, Al momento del successo dei loro sforzi erano diventati bianchi o brizzolati.
Per aprire la terza finestra non è stato necessario attendere molto tempo: solo altri quatto anni. Ma anche gli esploratori del Club speleologico di Sesana hanno lavorato duro, seguendo a ritroso il percorso di un poderoso soffio d’aria che raggiungeva la superficie e che in passato aveva già richiamato altri esploratori. Non solo armati di mazze e scalpelli e picconi, ma anche di dinamite. L’esplosivo usato a piene mani aveva determinato alcuni crolli nella cavità e l’accesso al fiume sembrava precluso. Un percorso alternativo attraverso altre gallerie ha portato all’acqua e al Timavo.
La notizia dell’immenso canyon ha iniziato a correre nel ristretto ambiente di chi si immerge sottoterra. Poi Internet ha dato una mano. Ora geologi ed esperti di carsismo sono al lavoro al di qua e al di là del confine. Dovranno essere riviste e aggiornate molte teorie scientifiche che tentano di spiegare il mistero di un fiume che si inabissa nelle grotte di San Canziano e emerge a San Giovanni di Duino. Molti libri e trattati negli ultimi quattro anni sono diventati all’improvviso lacunosi o per lo meno incompleti. Il punto in cui il fiume si inabissa è certo, com’è certo dove emerge. Del suo corso sotterraneo ora si conoscono tre punti oltre alla partenza e all’arrivo e si può abbozzarne una descrizione del corso: San Canziano, canyon nei pressi della vecchia polveriera di Sesana, grotta di Trebiciano, grotta Lazzaro Jerko, San Giovanni di Duino. Un affluente, il corso principale, spandimenti laterali, acqua di fondo, grotte che soffiano aria grazie alle diversità di pressione e temperatura ma anche di livello del fiume. Piene improvvise e devastanti, laghi, rapide, ma anche lunghi periodi di secca. Specie animali rare o del tutto sconosciute.
L’altra faccia della Luna o di Marte a poche centinaia di metri dalle case e dalla strade del Carso. Per scoprirne alcuni dettagli sono stati necessari più di 150 anni di esplorazioni, ma molto, moltissimo resta ancora da fare.
Claudio Ern


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rofizal
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Messaggio da rofizal »

Qui finiva il topic, ma in cuor mio spero ancora di scriverne alcune pagine.... :wink: :-D


Donau
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Messaggio da Donau »

Te do na man:

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Fame saver se xe de to gadimento.


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AdlerTS
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Messaggio da AdlerTS »

In questo periodo Rofizal si sta dedicando ad altre attività e non interviene molto. Magari ti ringrazierà tra qualche mese :wink:


Mal no far, paura no gaver.

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