Nostalgie per l'Impero Austro-ungarico

Austria-Ungheria, K&K, "vecchie province" e ...
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AdlerTS
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Messaggio da AdlerTS »

De meter soto vetro :-)


ffdt
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Messaggio da ffdt »

meio de no ... ciapa luce e se rovina ... la meio roba fusi de serarlo in archivio e de lasar for una copia, pero` no i lo considera de grando valor storico ma solo carta vecia e cusi` i lo serera` de novo in archivio e nisun ghe ne fara` una copia ... peca`


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McFriend
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Messaggio da McFriend »

Ho letto tutto il forum e ho visto diverse analogie con il Südtirol. Logicamente da noi il fascismo ha fatto diverse porcherie (cambiamento dei nomi sulle tombe, vietato parlare il tedesco in pubblico, sole scuole in lingua italiana, chi insegnava di nascosto veniva certe volte mandato sulle isole dove diversi sono tornati malati. Invogliato a cambiare cognome (da Rabensteiner in Pietrocorvo) ci sono proprio dei elenchi in ordine alfabetico per il cambiamento del cognome, con aiuti finanziari o di lavori, case solo per italiani, insegnanti locali mandati al sud o licenziati, lo stesso per i ferrovieri. Si puo capire che la vecchia generazione sudtirolese non aveva un gran amore per i nuovi conquistatori.
Ho fatto il militare con gli alpini a Cuneo, nel treno che mi portava sentivo gli altri viaggiatori "Ci sono gli altoatesini, mi sono sentito un unno o visigoto". Da noi con l'automia ora si sta bene, ma anche qui non tutto oro quello che lucica ma diciamo che qui mangiano di meno e fanno di più.
La gente è molto legata al territorio, bastare pensare alle varie organizzazioni: vigili del fuoco volontario in ogni paesino, bande musicali, gruppo di danze tirolesi /Schuhplatter ecc.
Anche la fortuna di poter di parlare 2 lingue (anche un po di inglese ) + due dialetti (quello trentino veneto e quello tirolese) di approfittare di questo situazione. Più una persona conosce le lingue più a la possibilità di comunicare con il resto del mondo.
Servus


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Messaggio da AdlerTS »

McFriend ha scritto:cambiamento dei nomi sulle tombe

:shock: :shock: :shock: :shock: :shock: :shock:

Dalle nostre parti non sono arrivati a tanto ! Hanno cambiato i cognomi solo i vivi :?


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Messaggio da AdlerTS »

Gaverè letto che el nome Asburgo deriva dal castel de Habichtsburg (Rocca del nibbio), edificado nel 1028 sul fiume Aare, pochi chilometri a ovest de Zurigo.

Eco el castel in un dipinto del tardo '600

Immagine


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1382-1918
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Messaggio da 1382-1918 »

AdlerTS ha scritto:
McFriend ha scritto:cambiamento dei nomi sulle tombe

:shock: :shock: :shock: :shock: :shock: :shock:

Dalle nostre parti non sono arrivati a tanto ! Hanno cambiato i cognomi solo i vivi :?
Ghe xe stadi dei casi anche de noi, purtroppo, sul Carso, ma dove che i se ga sfogado tanto xe stado nell'Istria centrale, dove i cambiava i nomi e cognomi croati anche sule tombe.


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babatriestina
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articolo del Piccolo su Trieste asburgica

Messaggio da babatriestina »

Domenica sul Piccolo è comparso un articolo sulla Trieste asburgica, che a partire dalla stazione di Rozzol si amplia a considerazioni, anche commentate da autori locali, sulle memorie asburgiche triestine.
Sintetizzare è difficile, io riassumerei i commenti dicendo che a Trieste ci sono due eredità asburgiche, la buona con la pacifica convivenza di tutti i gruppi, e la cattiva, con gli odi fra i gruppi che caratterizzarono gli ultimi anni asburgici triestini e che peggiorarono poi.


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Messaggio da AdlerTS »

Proverò a cercarlo :-)


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Messaggio da cenerentola82 »

Nella stazione ferroviaria di Rozzol-Montebello resiste il mito dell'impero asburgico
il Piccolo — 12 aprile 2009 pagina 18 sezione: TRIESTE

“ ” “ ” di PIETRO SPIRITO Il cartello bilingue in bianco e nero che annuncia l’ufficio della direzione è ancora lì: ”K.K. Bahnstationsamt - I.R. Ufficio della stazione ferroviaria”. Fuori, sotto la pensilina, la tabella che indica l’uscita dice ”Ausgang - Uscita”. Più avanti i servizi igienici sono segnalati in italiano, alla vecchia ed elegante maniera: ”Ritirate”. All’interno dell’edificio una stufa di maiolica, un telefono a manovella, un’arruginita leva di scambio ricordano a loro volta che qui, nella vecchia stazione ferroviaria di Rozzol - Montebello, ai bordi dell'immediata periferia cittadina, poco o nulla è cambiato da quando passavano i treni passeggeri della Transalpina. A differenza della piccola stazione di Miramare, che ha subito in anni lontani un sostanziale restauro, alla fermata di Rozzol - Montebelllo il tempo sembra essersi fermato ai giorni in cui i sudditi dell’impero austro-ungarico viaggiavano sulle vaporiere che partivano da Campo Marzio per spingersi fino a Jesenice, dove incrociavano la ferrovia rudolfiana Tarvisio-Lubiana e la linea delle Caravanche per Rosenbach. Assieme al primo collegamento Trieste-Vienna allora i binari erano le nervature di un mondo globale e affratellato, erano il cordone ombelicale che univa la città al centro dell’Europa, davano la sensazione di appartenere a un territorio vasto e variegato, in equilibrio sui suoi stessi contrasti. I treni della Staatsbahn viaggiavano attraverso le catene delle Alpi orientali scavalcando pendenze del 25 per mille, imboccando ponti sospesi su fiumi e voragini, infilandosi fischiando in gallerie a binario unico che sembravano inghiottire i convogli, e con i loro sbuffi di vapore disegnavano i circuiti di un sentire comune che presto i cannoni della Grande guerra avrebbero mandato per sempre in frantumi. Oggi la stazione ferroviaria di Rozzol - Montebello, forse l’unica rimasta dove i cartelli e gli arredi parlano ancora la voce dell’antico impero, non è più una stazione. Le Ferrovie l’hanno venduta a una cooperativa privata del Veneto che ha già sfrattato le cinque famiglie che la abitano e sta già prendendo le misure per fare di questo luogo un albergo o un complesso residenziale. In attesa di lasciare la sua casa, ogni mattina Loredana Stefanucci, 73 anni, si alza e si prende cura della ”sua” stazione. Lei abita qui da quando, nel 1968, suo marito ferroviere fu travolto e ucciso da un convoglio in manovra a Opicina. Le Ferrovie dello Stato le assegnarono un appartamento della stazione di Rozzol e da allora, ogni giorno, Loredana si occupa del piccolo scalo ferroviario: spazza la pensilina, innaffia le piante, lucida i cartelli, lava i pavimenti della sala d’aspetto e della biglietteria tutto come se il convoglio della Wocheinerbahn dovesse davvero ancora fermarsi qui, fra poco, scaricando e caricando i passeggeri diretti a Plave, Anhovo, Bohinjska Bistrica, Nomenj, Bohinjska Bela e ancora più avanti, fin nel cuore dell’impero. Invece non viene nessuno, treni passeggeri non ne passano più, e Loredana Stefanucci, uno sfratto esecutivo in mano, aspetta solo di essere mandata via lasciando gli ultimi rimasugli di una cultura, di una mentalità, di una visione delle cose che sopravvive nel mito più che nella memoria, e costituisce uno di quei nodi in parte irrisolti con cui Trieste continua a fare i conti. La stazione di Rozzol - Montebello assieme ad altri luoghi-simbolo poco o nulla frequentati come il cimitero militare austroungarico di Prosecco, rimanda alla questione di che cosa è rimasto, e come, e se può ancora servire il retaggio culturale dell’impero. «Ma attenzione - dice lo storico Almerigo Apollonio - quando parliamo di Austria-Ungheria e di cultura asburgica dobbiamo ricordarci che questa, a Trieste, era una cultura d’élite che non apparteneva al popolo». I tedeschi di Trieste, continua Apollonio, erano «la punta di diamante nel commercio e nelle professioni, ma tranne forse proprio il settore delle ferrovie il tessuto popolare non aveva assorbito la cultura tedesca». Apollonio cita l’esempio di Federico Maurizio von Burger, alias Friedrich Moritz Von Burger, membro di una delle famiglie più vicine alla Casa imperiale d’Austria, Ispettore della Borsa di Trieste, poi Governatore della Stiria, quindi governatore del Litorale Adriatico Küstenland, governatore di Trieste e molto altro ancora, un uomo austriaco fino al midollo che quando il governo volle imporre la lingua tedesca nelle transazioni di Borsa a Trieste si rifiutò fermamente. Insomma una razza a parte i tedeschi di Trieste, una colonia «di cui non rimane praticamente traccia, se non l’esempio che dovremmo seguire oggi, e cioè instaurare nuove colonie culturali in grado di triangolare di nuovo fra cultura slava, italiana e tedesca come facevano loro». «La verità - interviene lo scrittore e giornalista Alessandro Marzo Magno - è che dello spirito asburgico è scomparso il meglio ed è rimasto il peggio». «Trieste - continua Marzo Magno - non è più immersa nell'atmosfera multiculturale del tempo degli Asburgo, ma resta l'odio che da metà Ottocento è stato asperso a piene mani ed è poi stato concimato dalle tragedie del Novecento. Questa è la città dei nazionalismi, delle contrapposizioni, dell'odio covato, coltivato e coscienziosamente nutrito, e anche questo è molto asburgico. Trieste, secondo lo scrittore, «non è mai stata una città “italianissima”, era una città multi tutto: multietnica, multilingue, multiculturale. Fino a pochissimo tempo fa non c'era alcun segno tangibile, per occhi profani, del passato asburgico della città: ora sono stati ricollocati i monumenti a Sissi (che, tra l'altro, non sopportava gli italiani) e a Massimiliano. Ma nel tempo che è trascorso tra la ricollocazione della prima e della seconda statua è stata rasa al suolo buona parte del cimitero militare di Trieste, il luogo dove concretamente di poteva constatare quanto contasse la componente non italiana della città». Marina Cattaruzza, aggiunge Marzo Magno, nel suo libro ”L'Italia e il confine orientale: 1866-2006”, «un libro che dovrebbe essere reso obbligatorio nelle scuole triestine, ce lo insegna: fino a metà Ottocento Trieste era considerata una città tedesca, poi la lotta degli italiani contro gli sloveni la trasforma in un baluardo, un antemurale. Per tutti, ovviamente: per gli italiani contro gli sloveni e i croati e di conseguenza per gli sloveni i croati contro gli italiani. Tutto questo è molto asburgico, infatti la Cattaruzza afferma che la destra triestina non è italiana, ma austroungarica, perché i suoi argomenti politici sono tipici del dibattito politico del tempo degli Asburgo». Eppure, dice sempre Marzo Magno, Trieste è stata la prima città in assoluto a dedicare un monumento a Giuseppe Verdi, simbolo del Risorgimento italiano: il musicista è morto nel 1901, il monumento di Piazza San Giovanni è del 1906: «Ecco, questa è la Trieste che non esiste più. È rimasta, invece, pervicace, l'atmosfera che traspare da quelle righe d'inchiostro cariche d'odio». «Quando vado in giro dico sempre che l’allargamento dell’Ue è un complotto dell’Austria, che così cerca di ricostituire il vecchio impero», scherza lo scrittore Veit Heinechen . «La verità - continua Heinechen - è che così come è morto l’impero romano così è morto anche l’impero asburgico, e nessuno lo può resuscitare, per questo i nostalgici mi fanno pena». Tuttavia secondo lo scrittore tedesco che vive da anni a Trieste, «è chiaro che Trieste per duecento anni ha dimostrato che è possibile una convivenza costruttiva in una società composta di oltre novanta etnie diverse, dove non aveva importanza l’origine o la provenienza o la religione». «Ecco - dice ancora Heinechen - se vogliamo trarre una lezione da un passato che non può tornare ma più che mai utile per noi, qui e oggi, è proprio questa idea di città-prototipo, un modello possibile per l’intera Europa, e questo senza nostalgie né revanscismi. Guardare e capire quell’esempio, questo dovrebbe essere il nostro compito oggi per una Trieste migliore». «È un fatto- interviene lo scrittore Hans Kitzmüller , del quale è in uscita per l’Editrice Goriziana il libro ”E in lontananza Gorizia” - : se per ‘anima asburgica’ si intende un riconosciuto buon esempio di efficiente amministrazione e di rispetto delle varietà etnico-linguistiche nell’unità alla quale l’ex Litorale austriaco contribuiva in maniera fortemente caratterizzante, allora si sottintende anche il riconoscimento che il mondo austroungarico esprimeva agli inizi del Novecento una società sotto quegli aspetti molto più avanzata di quella dell’Italia sabauda». Ora, continua lo scrittore, per osservare in che misura questa memoria sia viva o ridotta se non addirittura cancellata sia a Trieste che nel resto della Venezia Giulia può essere utile «a mio parere confrontare certi fenomeni culturali che contraddistinguono Trieste con quelli che caratterizzano invece Gorizia: quando penso al modo in cui i Triestini vivono il proprio rapporto con il passato austriaco provo come un senso di invidia buona, fra la simpatia e l’ammirazione, perché lo raffronto con quello della maggioranza dei goriziani». Rispetto a Gorizia infatti, osserva Kitzmüller, «mi sembra che Trieste valorizzi tutti i periodi della propria storia nella consapevolezza che questo accresca il suo fascino. Pensiamo soltanto ai monumenti riapparsi in città o a Miramare uno dei musei nazionali con più visitatori all’anno! Il passato asburgico rimane inoltre nel suo paesaggio e nel suo ambiente urbano. E invece a Gorizia per quel che ne so a non è mai stato fatto qualcosa per promuovere la conoscenza del suo passato dal punto di vista austriaco». «Io sono convinto - conclude Kitzmüller - che rivisitare la storia con onestà intellettuale potrebbe contribuire a superare alcune situazioni culturali bloccate purtroppo nella Venezia Giulia. Questo riguarda tutta la prima metà del Novecento a partire dalla lettura della Grande Guerra, che a ben vedere ufficialmente è ancora quella data negli anni Venti dall’Italia mussoliniana».


[img]http://www.bandieredeipopoli.com/images/friuli_vg/animate/b_trieste120an.gif[/img][img]http://www.bandieredeipopoli.com/images/altripopoli/animate/b_austriaimp.120an.gif[/img]
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babatriestina
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Messaggio da babatriestina »

Grazie!!!! :-D :-D :-D


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Messaggio da potter »

Bon giorno ! Go leto de poco tuto questo topic ! Premeto che go' un'eta' che i miii genitori xe nati suditi Austriaci e i ga riva' far le elementari, mio nono jera nel Esercito Au e mio bisnono ga partecipa' ala ocupazin dela Bosnia Ezegovina.Quel che me meraviglia sempre xe che i Regnicoli 'ssai ghe piaxi saver coss' che pensa i Triestini e sopratuto critica quel che xe el pensier comune dei Triestini e qualchevolta i volessi che noi dovessimo pensar come lori, de fondo ghe da fastidio la Triestinita'. La mia famiglia xe qua dal 1576 da l'Ungheria che se ga missia' con le etnie locali ga "sposa' " el lato cultural Italian e se ga' dichiara' sempre " Italiani d'Austria" ,mio nono ga combatu' per l'Austria sul fronte Italian a Motta di Livenza; finida la guera come tuti ga'opta' per l'Italia .Quando che el ga visto come che se comportava el governo Italian el ga dito " prima podevo parlar tre lingue e 'desso posso parlar solo una" el el xe diventa'
Indipendentista e el se ga messo con i Zanelliani de Fiume e po' i lo ga messo anche in buso perche' per strada nei cortei el zigava un slogan un poco triviale contro el Regno dei Slavi e el Regno d'Italia. Fato si e' che in famiglia semo diventai tuti Indipendentisti, forse meritasi un topic el TlT o l'idipendentismo. Saluti, John Paul Potter


...guera jera ,poco se magnava, Francesco Giuseppe Imperator e dopo de lu solo pajazi !
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Messaggio da serlilian »

Trieste xe tuto un missiòt. Un mio zio, nato nel 1900, iera fio de stiriani de lingua slovena, el ga fato le scole superiori in tedesco, nela prima guera mondial el xe andà volontario nel Seebaon e, nela seconda guera mondial, el xe andà nella Milizia (volontario anche là) e el se proclamava italian. El xe morto prima de veder come che xe andade le robe. Forsi dopo el sarìa diventà indipendentista anche lui.
El bisnonno napoletan de un mio amico xe rivà qua ai tempi del Regno de Napoli, suo fio iera capitano del Lloyd Austriaco e dopo indipendentista. El papà del mio amico iera ufficial prima sui somergibili italiani e dopo nela Republica de Salò. El mio amico, de liceale el se pestava coi inglesi, ai tempi del G.M.A., per l'italianità de Trieste, e dopo el xe diventà mitteleuropeo, indipendentista.


[i]Liliana[/i]
- . - . -
[size=75][i]"Quando comincia una guerra, la prima vittima è la Verità.
Quando la guerra finisce, le bugie dei vinti sono smascherate,
quelle dei vincitori, diventano Storia."
(A. Petacco - La nostra guerra)[/size][/i]
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Messaggio da potter »

anche mi son 'nda a zigar W l'italia ! Mio papa' me dixeva , voi giovini se fregai da la propaganda! Questa xe l'ultima posibilita' de restar indipendenti e perderemo anche l'ultimo toco de Istria.Purtropo el gaveva ragion e dopo go' capi che come un american no xe inglese,un franco-canadese no xe francese,un latino american no xe spagnolo e un brasilian no xe portoghese cussi mi no me sento piu' Italian e co' i me domanda coss' che son rispondo Triestino Italofono. Semo stadi o almeno mi , son sta frega' dala ambiguita' dela comunanza linguistico-culturale. I altri xe stadi piu' furbi basta veder i tedescofoni che tien ben divise le loro identita' svizzero-germanico-austriache ,per no'parlar dei nostri vizini de casa che se ga ben separado anche nele particolarita' linguistiche croate-serbo-bosniaco-montenegrine dove la lingua comune ogi xe xa rivada al 75%. Ben bon xe anda' cussi'.Ciao.John Paul Potter


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Messaggio da Elisa »

McFriend ha scritto:Ho letto tutto il forum e ho visto diverse analogie con il Südtirol. Logicamente da noi il fascismo ha fatto diverse porcherie (cambiamento dei nomi sulle tombe, vietato parlare il tedesco in pubblico, sole scuole in lingua italiana, chi insegnava di nascosto veniva certe volte mandato sulle isole....
mi sembra che ne hai dimenticate almeno due o tre:

le facciate delle case imbrattate (muss per forza) con l`effigie della faccia di benito dipinta in nero con uno speciale stampo....

i cartelli (che ironia) con la scritta: "Chi bestemmia (o la bestemmia) oltraggia Dio e la patria"....

e quelli con "il Lei è abolito!"

:shock: :'-( :shock:


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Messaggio da Zigolo »

AdlerTS ha scritto:Gaverè letto che el nome Asburgo deriva dal castel de Habichtsburg (Rocca del nibbio)
Habicht sarìa l’astòre e, per estensione, i rapaci del genere Accipiter.

Astore (Accipiter gentilis): Habicht o anche Hühnerhabicht;
Sparviere (Accipiter nisus): Sperber o anche Finkenhabicht.

El nibbio in tedesco inveze xe Milan.


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Messaggio da LELA »

Bon zorno a tute/i, gò leto 'sai volentieri tuti i post de sto sito, ma gavendo zà espreso la mia opinion, la ribadiso anca par quei che no'i la gà vista in altri siti del "forum": mi, zà de picia, son sempre stada filo-austrugarica - anca se solo su base storica e no' par conosenza direta, me limito a dir che condivido quasi tuto quel che xe scrito, ma se no' sbajo un T.L.T. el ghe xe stado, ma no'l gaveva gnente de T.L.T.


Ciau ciau, sempre con simpatia, Lela.


Il vero "giusto" è colui che si sente sempre per metà colpevole dei misfatti altrui!
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TLT

Messaggio da potter »

per Lela ! Si xe vero quel che go visto anche mi no jera el TLT che jera stado messo sula carta , la provvisoria amministrazion Anglo-Americana dela Zona A e la amministrazion Miltare Jugoslava dela Zona B che "de jure" xe diventata "de facto" Jugoslavia ,le jera in attesa dela nomina del Governator da parte del' ONU. Dopo el 1954 l'aministrazion da Anglo-Americana xe diventada Italiana e l'Italia ga mantiniu' la sovranita' sul teritorio dela Zona B(che vol dir Italia a tuti gli efeti) che xe finida col Tratato de Osimo quando ga' riconosu' che la Zona B xe teritorio Jugoslavo; questo xe sta el Grande Tradimento del Italia verso i Triestini e i Istriani.Per i piu' giovani el confin che pasava a Rabuiese se ciamava Linea di Demarcazione e el confin del TLT vero jera al Quieto(Mirna) che jera el logo che se podeva andar con el Lasciapassare(Proputnica) oltre se la Milica te fermava i podeva anche portarte in buso.Comunque la storia xe 'ssai piu' longa e complicata soto l'aspeto giuridico Internazionale in funzion sia del Memorandum de Londra che del Tratato de Pase del 1947. Come diceva un professore all'universita' "Ragazzi !! I Trattati sono fatti per non essere rispettati"
Ciaooo a tuti,John Paul Potter


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Messaggio da 1382-1918 »

Mi dispiace dover continuare a parlare del TLT, visto che questo thread si incentra sull'Impero asburgico, ma volevo aggiungere delle cose, e prometto che non tornerò sull'argomento in questa pagina.

Ho apprezzato ciò che ha scritto potter nei suoi ultimi post, ma nell'ultimo si sbaglia.
La sovranità dell'Italia sul territorio che passò alla Jugoslavia nel 1947 e sul territorio del neocostituito TLT, è terminata con l'entrata in vigore del Trattato di Pace. Questo è scritto chiaramente nel Trattato. La data di entrata in vigore è il 15 settembre 1947, il giorno dopo fu proclamato il TLT e si estese la sovranità della Jugoslavia sui territori a questa assegnati. L'Italia potè rientrare a Gorizia e nei territori a lei lasciati, continuando quindi ininterrottamente la sua sovranità su territori giuridicamente ancora suoi, ma che di fatto non amministrava più dal settembre del 1943.

Tramite il Memorandum di Londra dell'ottobre 1954 tra USA, GB, Italia e Jugoslavia, alle amministrazioni militari anglo-americana e jugoslava sono subentrate quelle civili italiana e jugoslava, rispettivamente nelle zone A e B del TLT. Il Memorandum fu ratificato in pochi giorni dal Governo Jugoslavo, ma mai dal Governo Italiano.

Le zone A e B sono così comunque diventate "di fatto" Italia e Jugoslavia, ma nessuno di questi due Stati ottenne la sovranità "di diritto" sulle due zone. La soluzione era quindi da considerarsi temporanea.

Non a caso fu necessario stipulare il Trattato di Osimo tra i due Stati amministranti. La sovranità si è poi estesa appena con la ratifica di questo Trattato, avvenuta, se ricordo esattamente, il 3 aprile del 1977, cioè due anni dopo la firma del Trattato. Questa volta la Jugoslavia aspettò la ratifica italiana, prima di ratificare anch'essa, dopo alcuni giorni.

Per cui la Jugoslavia prima del 1977 aveva la sovranità solo sui territori che le furono assegnati nel 1947 direttamente col Trattato di Pace, e solo dal 1977 in poi sulla zona B del TLT.
Mentre l'Italia mantenne ininterrotta la sua sovranità solo sulle zone che il medesimo Trattato di Pace le lasciava, cioè l'attuale provincia di Gorizia.
Ma fu solo nel 1977 che la sovranità italiana si estese sul Territorio di Trieste, dal 1956 organizzato un po' illegalmente in provincia, e amministrato dal Commissariato Generale per il Territorio di Trieste, alla stregua di una colonia estera. Ogni legge italiana doveva venir recepita da un'ordinanaza del Commissario, affinchè avesse efficacia anche a Trieste. Ma le differenze rimanevano comunque, tra le tante ad esempio il monopolio rimase separato, e divenne "Monopolio del Territorio di Trieste", e chi si rifiutò di fare il militare non lo fece e non subì alcunchè, nonostante alcune prime intimidazioni.
Esisteva anche un bollettino delle leggi separato da quello della Repubblica, il "Bollettino ufficiale del Commissariato Generale per il Territorio di Trieste" uscito dal 1954 al 1963.

Con la creazione della Regione Friuli-VG nel 1963, il Commissariato cessa ed il territorio venne agganciato allo Statuto regionale. Nello Statuto vengono citate le provincie di Udine (che all'epoca comprendeva ancora Pordenone) e Gorizia, ma non quella di Trieste, in quanto in realtà inesistente; vengono al suo posto citati i singoli 6 comuni della zona A.

Dallo Statuto regionale, ancora in vigore:
art.2 La Regione comprende i territori delle attuali province di Gorizia e di Udine e dei comuni di Trieste, Duino-Aurisina, Monrupino, Muggia, San Dorlìgo della Valle e Sgonico.

art.70 Fino a quando non sarà diversamente disposto con legge della Repubblica, i poteri di amministrazione del Commissario generale del Governo per il territorio di Trieste – esclusi quelli spettanti al Prefetto e quelli trasferiti alla Regione - saranno esercitati dal Commissario del Governo nella Regione.
Tra il 1963 ed il 1977 quindi il Commissario operò nell'ambito della Regione autonoma Friuli-VG.

Col Trattato di Osimo l'Italia e la Jugoslavia si sono vicendevolmente riconosciute l'estensione della sovranità sulle rispettive zone da loro amministrate temporaneamente fin dal 1954, il tutto sperando che nessuno degli Stati firmatari del Trattato di Pace avesse qualcosa da ridire, cosa che comunque sarebbe potuta accadere molto difficilmente.
Di conseguenza l'Italia non poteva riconoscere la zona B come territorio jugoslavo, in quanto non possedeva nemmeno la zona A, se non per l'amministrazione civile.

La linea a Rabuiese si chiamava "linea di demarcazione" proprio perchè non era il confine tra due Stati sovrani, ma solamente il confine tra due zone del TLT, quest'ultimo ormai in coma irreversibile, amministrate da altri Stati.

Il Trattato di Osimo completò appunto la descrizione del confine italo-jugoslavo, per la parte non descritta nel Trattato di Pace in quanto questo prevedeva la costituzione del TLT.
Vero che l'Italia avrebbe potuto cercare di ottenere una linea di confine a suo favore, ma a tali richieste ce ne sarebbero state di simili anche da parte jugoslava, visto che nessuno dei due Stati era sovrano sull'ex TLT, per cui per chiudere la questione si è decisa la cosa migliore, cioè convalidare la linea di demarcazione delle due amministrazioni di zona ed elevarla a confine di Stato, conveniva ad entrambi e si estingueva la temporaneità delle cose.

In finale si può dire che col Trattato di Osimo l'Italia non cedette nulla, perchè non era in grado di farlo; si è bensì estesa in sovranità sulla Zona A del TLT. Lo stesso dicasi per la Jugoslavia, ma nei confronti della Zona B.

---

Tra l'altro, a proprosito di Impero asburgico e TLT, secondo me il TLT avrebbe potuto essere per Trieste il giusto surrogato del vecchio Impero, Trieste, come città libera, porto franco per Italia e Jugoslavia e per gli Stati dell'entroterra, privi di sbocco al mare. Peccato che la situazione politica non permise ciò.


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Messaggio da babatriestina »

Tutto chiaro, evidente, lineare, in questa esposizione, che ormai è condivisa da molti, non da tutti, però, visto che esisteva la cosiddetta "tesi Cammarata" sostenuta appunto dal rettore dell'università di Trieste, giurista, se non sbaglio, che riteneva che il TLT, previsto sulla carta, in realtà non si era realizzato legalmente, mancando del Governatore, per cui le due zone A e B del "costituendo " TLT rimanevano , solo "formalmente" ovviamente, ancora quello che erano prima, cioè italiane. Solo in teoria , ovviamente.
Io non sono esperta di diritto per cui non sono in grado di giudicare e penso che si tratti di spaccare il capello, visto che al momento del passaggio all'amministrazione jugoslava della zona B e italiana della zona A in pratica la situazione si è stabilizzata.
E penso che anche adesso potremmo deciderci a pensare non più in termini di sovranità statali, ma ad una comune sovranità europea, da far crescere. Purtroppo non vedo, negli ultimi tempi, dopo l'entusiasmo dell'allargamento di Schengen, molti passi in avanti a riguardo, anzi.


"mi credo che i scrivi sta roba per insempiar la gente" ( La Cittadella)
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LELA
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Messaggio da LELA »

Xe proprio vero babaTS xe come te disi ti. Lozicamente no' stago parlando asolutamente al tuo comento de risposta a quel che gà espreso "1382-1918", ma al resto del tuo post: purtropo i confini i ghe xe sempre stadi e sempre i ghe sarà e xe 'na roba che no' condivido par gnente e no' solo par quel riguarda l'Europa!
L'omo el gavesi dirito de zirar par el mondo in tuta libertà, dovesi eser tuto un T.L. - difati, come gò zà gavudo ocasion de dir, i confini i xe stadi mesi dal'omo e no' zertamente da Dio - e xe par quel che resto dela mia opinion, anca se no' la sarà mai realizabile non esistendo più "la Defonta".

Ciau ciau, sempre con simpatia, Lela.


Il vero "giusto" è colui che si sente sempre per metà colpevole dei misfatti altrui!

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