via del Castello

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via del Castello

Messaggio da AM »

Salve a tutti,passando per via della cattedrale per fare delle riprese x il mio documentario,all'inizo della salita dopo poco sulla sinistra sul muro in alto ho notato una lapide,con delle scritte che narrano che molti anni fa in quel punto fù ucciso un vigile urbano per essere derubato se non sbaglio,ho cercato in rete ma non trovo nulla in proposito :roll: qualcuno sà cosa è successo ?

Adesso non ricordo il nome della vittima e neanche l'anno in cui successe il fatto,ma vedrò di fare una foto al piu presto e postarla,grazie.


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Re: via della Cattedrale

Messaggio da babatriestina »

Credo che sia in via del castello e non in Via della cattedrale, comunque le cartoline dei Maestri cattolici ci danno l'immagine e qualche informazione, sono vecchie cartoline in bianconero anni 1960-70:
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e la spiegazione sul retro della cartolina:
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Chissà se i vigili urbani lo ricordano ancora..


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Re: via del castello

Messaggio da AM »

Esatto proprio quello che cercavo,unico errore ho davvero sbagliato la via,non via della Cattedrale ma via del Castello appunto :doh_143:
grazie della info. :clapping_213:

Ma non si sa chi fu l'assassino ? fu preso ? ci sono foto sia della vittima che dell'assassino ?


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Re: via del Castello

Messaggio da AM »

Chiedo ai mod se possono correggere il titolo del topic con via del castello e non via della cattedrale,grazie ;--D


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Re: via del Castello

Messaggio da babatriestina »

alcune immagini della via. Non è bella, è in salita ripida, ci passano comunque anche le macchine, da un lato l'antico vescovado, dall'altra un ricreatorio
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l'antico vescovado ( stemmi di Vescovi in facciata) è stato vescovado, ospedale, distretto militare ed ora credo che non ospiti nulla di tutto ciò, ma lo stato è scadente
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e conserva ancora tutti i divieti di quando era distretto militare

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Re: via del Castello

Messaggio da babatriestina »

non visitabile per motivi strategici, avrebbe un bel cortile, dicono, qua una foto bianconera anni 60 di quando era distretto ( cartolina collezione Spizzamiglio)
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che ne racconta pure la storia

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Come ospedale acquistò un fondo vicino che era unito a questo da un corridoio, e difatti più sotto c'è una via dell'Ospitale.

Però... soprattutto d'estate, di sera, è bellissima da percorrere al tramonto, il panorama verso il mare e i colori meritano una passeggiatina serale

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l'edificio in basso col frontone triangolare è san Cipriano, a sinistra c'è una piazzetta triangolare e a destra si stacca la via delle monache


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Re: via del Castello

Messaggio da babatriestina »

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Re: via del Castello

Messaggio da babatriestina »

Sulla parete del Vescovado c'è questa lapide
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relativa a l Vescovo Coret, nel Cinquecento..
e questa?
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completa

non sono uguali..
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pensavo fossero copie una dell'altra.
Questa invece è al Lapidrio tergestino, perchè sul retro c'è un'epigrafe romana ( meglio: Coret se l'è fatta fare sul retro di una lapide romana). Io credevo che la lapide romana fosse sul retro di quella del Vescovado..
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dicevano che questa rimase fino al 1930 al vescovado in via del Castello


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Re: via del Castello

Messaggio da babatriestina »

Ve mostro el stato de oggi della lapide al vigile urbano Angelo Cattaruzza. la sporcatura xe recente, le ultime volte no la go vista
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Re: via del Castello

Messaggio da babatriestina »

Bella notizia: passo oggi.. e ci trovo i pompieri volontari che hanno ripulito ( finalmente) la lapide

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Re: via del Castello

Messaggio da sono piccolo ma crescero »

Curiosità: chi xe i pompieri volontari? Mi li gavevo visti in montagna, ma no savevo che i ghe fusi anche a Trieste.


Allora s’accorse che le parole fanno un effetto in bocca, e un altro negli orecchi; e prese un po’ più d’abitudine d’ascoltar di dentro le sue, prima di proferirle. (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. XXXVIII)
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Re: via del Castello

Messaggio da babatriestina »

sono piccolo ma crescero ha scritto:Curiosità: chi xe i pompieri volontari? Mi li gavevo visti in montagna, ma no savevo che i ghe fusi anche a Trieste.
me domandavo anche mi


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Re: via del Castello

Messaggio da babatriestina »

Contrada del Castello.

A sinistra del convento dì s. Cipriano, un’erta via conduce al
piazzale della cattedrale ed al castello, ed ò —- forse impropriamente
— detta: Via del Castèllo.

Diffatti l’unico oggetto rimarcabile al quale conduce questa via
é la vetusta sede vescovile della città nostra, fabbricata dopo le disa
strose guerre dei Veneti degli anni 1368-69.

Era il giorno io Novembre 1369 che i Triestini stavano consu
mando gli ultimi alimenti in attesa dei soccorsi che dovevano liberarladallo stretto e rigoroso assedio dei Veneziani. Leopoldo, duca
d'Austria, venuto eoa grande esercito e 10,000 cavalli in soccorso
della cadente città, si spinge arditamente fino agli steccati ed ai ba¬
stioni veneziani ; lo sgomento delle venete milizie è al colmo e gri¬

dano soccorso all' armata navale. Taddeo Giustiniano, comandante
delle venete galere, sbarca tosto le sue genti, che improvvisamente
attaccano da fianco c da tergo l’esercito del duca. La battaglia dura
aspra e tenace dallo spuntar del sole fino a notte inoltrata ; la di¬
sfatta dell’esercito tedesco fu completa. ‘Rotte erano le mura e le
case dei Triestini c morte assai persone ed alcune di fame,. Cosi il
Sanudo. M Triestini, astretti dal lungo assedio, avevano mangiato
cavalli, cani, gatti e sorci,. Così il Navagero. In tale guisa stando

le cose, altro non restava che di trattare la resa della città; di ciò

si offerse col cuore straziato, l’eminente cittadino e patrizio Francesco
de Bonomo. Li 18 Novembre 1369 Paolo Loredano, comandante delle
venete milizie, entrava a Trieste alla testa di 1,000 balestrieri e 400
cavalli. Fu preposto al reggimento della città, in qualità di capitano,
Guido Trevisan, ed in qualità di podestà Pietro Fontana.

Uno dei primi provvedimenti della repubblica si fu quello di
levare le armi ai cittadini, dei quali 80 furono esiliati, e di statuire
l’erezione di due forti, uno al mare e l’altro sul colle di s. Giusto,
al quale ultimo fu dato mano all'istante, demolendo l’antico mona¬
stero della Cella e la torre che serviva da remotissimo tempo quale
residenza dei vescovi, conti e signori di Trieste. Furono nominati
soprastanti a detta fabbrica i fratelli Lorenzo e Giacomo de Medonia,
con lire t6 al mese per loro spese, e fu fatto venire da Veroua, per
piantare il castello — la rotonda — V ingegnere Allegrino.

Trovavasi in quel tempo ancora vescovo di Trieste quel tale
Antonio de Negri, veneziano, che tanti litigi accampò e contro il
Comune c contro il Capitolo cattedrale stesso, clic quasi venivasi
alle armi. Trasferito altrove nel Gennaio 1370, al vescovato di Trieste
venne eletto Angelo de Ciugia, il quale, arrivato che fu alla sua sede,
dovette prendere a pigione due case per lire 30 all 1 anno ; come ap¬
pare dall’istromento stipulato li 18 Marzo 1371 da Pietro Ballardo;
'Essendo stato il vescovato di Trieste dal Comune dei Veneti di¬
roccato e devastato, ed essendo state tolte le pietre delle case del
vescovato per l'edificazione d'un castello, il reverendo monsignor
Angelo, vescovo triestino, nel tempo che approdò a Trieste al suo
vescovato, lo trovò talmente diroccato, che appena si poteva cono¬
scere e vedere dove era, e fu necessario che esso avesse rifabbricato altrove un vescovato per abitazione sua e della sua famiglia. Per la
qual cosa ricevè dal Capitolo dite cast, coll’ obbligo di pagare annual¬
mente lire 30.—

Al sito dell'antico vescovato erano quindi in origine due case
con larga estensione di orti, addattate ad abitazione del vescovo
e sua famiglia; primo vescovo che vi abitasse: Angelo de Clugia.
Morto questi li 12 Agosto 1383, vi subentrò Enrico de Wùdeit-
stein, boemo, del quale sta scritto in alcune memorie. — ‘Questi per
l'inetta economia e dilapidazione dei beni vescovili, fu deposto dallo
stesso vescovato triestino, e trasferito a quello di Pedena nel 1396,
(Mainati pag. 156.) ed in suo luogo nominato da papa Bonifacio IX,
Fra Situane Saltarelli, fiorentino, vescovo di Comacchio, insigne teo¬
logo. Mal veduto però dai Triestini, che avrebbero preferito un pre¬
lato deila patria, ci principiò il suo vescovato con molte contese.
Mori nel 1408, ed ebbe a successore Giovanni IV, abate del mona¬
stero di s. Maria di Pratclla, nel Padovano, promosso l’anno seguente
al vescovato di Tripoli, lasciando questo di Trieste a Fra Nicolò de
Carturis, triestino, minore conventuale, custode del convento di
s. Francesco, soggetto di singolari talenti. Morto li 13 Gennaio 1416,
il Consiglio di Città commise alti giudici, in unione ad altri dodici
consiglieri, di proporre persona nativa della città, che per talenti e
virtù meritasse di essere promossa al vacante vescovato. Furono in-
nto nominati tre consiglieri acciocché accudissero al buon governo

I ci beni vescovili, ed un professore e dottore dei sacri canoni per

'ario spirituale. Ma nel Concilio di Costanza, celebratosi nell' an-
1417, a vescovo di Trieste veniva eletto Fra Giacomo de Bellardis
- ovvero Arrigonis — da Lodi, domenicano. Trovò discordie colle
autorità civili per competenza di procedura, e venne dal Consiglio
ricusato. Promosso nel 1424 al vescovato di Urbino, i canonici eles¬
sero per loro vescovo Nicolò de Aldegardis, triestino. Il Pontefice non
confermò quest’ elezione, e nominava di moto proprio certo Marino
de Cemotis, nativo dell’ isola d'Arbe e vescovo di Travi, in Dalmazia.

II clero ed i cittadini di Trieste si opposero a tale nomina e gli ri¬
fiutarono il possesso, per lo chè il Cemotis si trattenne in Arbc, da
dove, con licenza pontificia, sospese il clero triestino, scomunicò i
cittadini e scacciò in esilio i’Aldegardis ; poi si riconciliò con lui e lo
ricevette in grazia. (Fram. di Andrea Rapicelo.) Si riconciliò pure
colla città nella quale fece il suo ingresso il I* ottobre 1426. Nei
primi anni del suo ministero, il vescovo Cernotis intraprese la fab¬
brica del vescovato, 1 ) continuata ed ultimata da Nicolò de Aldegardis
promosso e confermato a vescovo di Trieste li 29 Novembre 1441» ed in late dignità morto li 4 Aprile 1447. Ad onta Jcl divieto
del Pontefice e deli' imperatore Federico III, il Capìtolo cattedrale
elesse a vescovo il suo canonico decano Antonio Coppo, mentre
l'imperatore a tale dignità prescelse il suo segretario Enea Silvio
Pìccolornim. senese, e passato questi al vescovato di Siena nell'an¬
no 1451, riuscì elettri alla vacante sede il canonico d’Aquileja Lodo-
vico della Tom , 1 ) tosto però passalo ad Olmitz in Moravia, Trieste
ebbe confermato a suo vescovo il predetto canonico Antonio Coppo,
Avuti dispareri col Capitolo, trasferì la sua abitazione presso Dolina,
nella qual viila oggidì ancora alcune casette sono chiamate in idioma
Gragnolino ‘Skoffie,, che nell'italiano significa * Vescovato,. Stette
colà sino la fine del 1459, acquietato, fe'ritorno alia sua residenza
in Trieste, ove l'anno seguente celebrò il sinodo in cui si stabilirono
44 costituzione (Vedi Mainati, anno 1460, pag. 287.) Acasio de Sobri ac h,
cadmiano, eletta a vescovo di Trieste nel 1488, dopo la morte del
Goppo, morì nel 1499 scnza lasciare memoria di qualche rilievo, ed
al vacante vescovato comparve quel Pietro de Bonomo, di antica fa¬
miglia patrizia triestina, di cui tanto ebbe ad occuparsi la storia di
quei tempi. Questi restaurò la residenza vescovile, ma visse lungi
dalla città sino all'anno 1523. Desideroso di terminare tranquillamente
in patria gli ultimi anni della sua vita, chiese all' arciduca Ferdi
nando — dopo la morte dcH’imperatore Massimiliano, seguita It 12 Mag¬
gio t;i9 — licenza di ritornare alla sua sede vescovile. Fu allora
che sulla porta maggiore del Vescovato venne posta la seguente de¬
corazione : ANNO ’ M ‘ D XXIII.
Morto il Bonomo li is Giugno 1546, a lui successe Francesco
Rizzano, da Segna, ma sospetto d f eresia, fu caccialo in esilio, ove
oppresso da malinconia, morì In sua vece c nominato nell anno 1549
Antonio Feregiits Gtisti/egio, spaglinolo, che sembra nell anno 1553,
altrove trasferito, l'atto è che la diocesi, trovandosi già da tre anni
priva di vescovo, nel 1556 fu deliberato in Consiglio di pregare
l'imperatore a provvedervi; e nell’anno 1560 veniva destinato, ab-
benchè cagionevole di salute. Giovanni Betta . trentino, abate di
s. Gottardo; mori li 24 Aprile 1565. A questi succede 1‘eminente
giureconsulto triestino Andrea Rapicelo, morto avvelenato nel 1573.
Il conte Giacinto Frangipane, cessò di vivere prima di prendere pos¬
sesso della diocesi tergestina, e nell'anno 1575 abbiamo qual vescovo
Nicolò Cord, trentino, che molto ebbe a fare cogli eretici c colla
clausura delle monache deila Cella Restaurò ed ampliò la residenza
vescovile, come consta dalla lapide seguente, posta sulla facciata
esterna nella parte superiore innalzata a due piani:



NICOLA VS • A • COR ET • TRIDENT

li • EPIS TRIMJE8T 1 PUA HI* * SC SER * PK1XC
I) 1 CAROLO * ARCUO • A VOTE . \ CONS ECCLA 33
ET ' ClVIT TERGEST * ORNAMENTO

•SVCCKSS ' COMODO * ET KXKMPUO ' A 1 EVN 1 ) ' EREXIT
ANNO • OKI M • I> • L * XXXVIII

Altra lapide iti memòria del vescovo Cord, fu posta all’interno,
sul ballatoio al primo piano :

NICOLA • CORO* • TRIDKNT

KPS * TKttO.

HPISC* - AKDKS ’ 11KFECIT * HO&TOS
PARAVI * BONA * AVXT
RVCCESSOIt * GRATO ' ANIMO * .FU V IT OR
M * D 1 LXXX * VUI

Ed i successori suoi, Gumanm Rognriìio. goriziano (1595-9#);
Urano de Hertis, goriziano (1598-1620) ; Rannido Sentii echio (1621-301,
Rompa» bar Coronino, goriziano, (1631-461. fruirono in pace e con
comodità i locali della restaurata residenza vescovile, nella quale
anzi nell'anno 1631. li 27 Marzo, prese stanza l’infante Donna Maria
di Spagna, eletta sposa a Ferdinando re di Boemia e d Ungheria,
approdata a Trieste ad un’ora circa di notte, ricevuta dal Magistrato
della città e nobilissimo corteggio di cavalieri e di dame, con più di
cento torcie accese.

Vescovo Antonio do Maratzì, trasferì la cappella domestica dal
pianoterra al primo piano nella parte restaurata dal Cord, e vi pose
memoria sull’ architrave della sala, fregiata del suo stemma :



KKC • BVC.OERAS * NEC IHMITTAs ' MOCI,
(Ni cambiare nò dimettere } Così ampliato, restaurato ed abbellito, il nostro Vescovato ebbe
l’onore di ospitare nell'anno 1660 l'imperatore Leopoldo I, e nel
1728 Carlo VI. Di ciò è memoria in due lapidettc di marmo nero,
poste ai lati del meschinissimo altare di legno, che troviamo nclia
cappella.

Succeduto nel vescovato di Trieste nel 1663 Francesco Mass.
Vaccano, vescovo di Pcdcna, questi acquistò una statua ritrovata nelle
macerie d'Aquileja, e la fece porre nel giardino del Vescovato. In
tale occasione — a quanto c detto nelle ‘Memorie, dello Scussa —
si scoperse sepoltura del vescovo Taurino (eletto nel 909] con l’i*
scrizione :

TAVRINVS • AHCmPRRSBmtR * HIC BEQYIRfiCFF . IN * PACE.

Mancato li 15 Agosto 1672 il Vaccano, risultò eletto a vescovo
di Trieste, Giacomo Ferdinando de Gori&utti, morto d'apoplessia li

22 Settembre 1691. lasciando la dignità vescovile a Giovanni Fran¬
cesco Miiiler. nato in Gorizia, fu preposito d’Alba Reale c cappellano
della regina Eleonora di Polonia. Cessato di vivere a 83 anni, li

23 Aprile 1720, suo successore fu Giuseppe Antonio bar Delmestri,
che soli 3 mesi e 22 giorni diresse il vescovato, e mancò di vita li
19 Febbraio 1721. Allora per quattro anni il Vescovato rimase vacante,
c nell’ anno 1725 la dignità vescovile venne coperta da Luca Striano
Bar. Delmestri, fratello del precedente. Malfermo di salute, si portò a
Cormons, sua patria, ove morì li 6 Novembre 1739. Nell'anno susse¬
guente abbiamo per vescovo Giuseppe l^opoldo Anibaldo conte Pelassi,
canonico decano della cattedrale di Lubiana, sua patria, alla quale
passò poi come vescovo nell'anno 1760. Antouio Ferdinando conte de
Hcrberstein, fu il primo prelato che abbandonò quest' abitazione ve¬
scovile, durata per 400 anni. Mori l'Herberstein li 2 Dicembre 1774,
nella casa N. 1011. contrada Cavana.

Nella sala maggiore di quest' antico episcopio cranvi i ritratti di
tutti i prelati, dal vescovo Gaudenzio (anno 6S0} al vescovo Antonio
de Marenti. La preziosa raccolta venne distrutta nell’anno 1785,
allorché questo edifizio fu convcrtito in ospedale. (Vedi Archeog:
Triestino, voi. I, pag. 239.) Quando nell' anno 1841 gli ammalati
passarono nel nuovo spedale, l'antica residenza dei vescovi divenne
ospizio dei pazzi, c più nulla ricorda di quei tempi in cui ebbe rino¬
manza cotanta. Le magnifiche sale che servivano ad ospitare augusti
monarchi cd a ricevere gli ambasciatori della serenissima Repubblica,
or son ridotte a dormitoi dei meno pazzi, mentre i più irrequieti son
collocati in apposite celle; le vaghe pitture coperte dalla calce; i marmi dispersi; in alto, sulla facciata che guarda alla Via delle Mo¬
nache, una croce cd una data -

e per di più::

Visitiamo il Manicomio.

Il cortese lettore che ni' accompagna in questa visita, ponga Li
inano sul suo cuore, e se la vista di questi infelici lo rattrista, abbia
meco il conforto che i benefìzi dell umanità, che sono il vanto e l’o¬
nore delT epoca nostra, hanno pensato a mitigare la sorte e la con¬
dizione anche di questi disgraziati. Al princìpio del secolo presente
essi stavano confusi coi delinquenti, rinchiusi nel fondo di un car¬
cere o confinati in qualche remota cella d’ un convento, in completo
abbandono; oggi al contrario, mercè gli sforzi di valenti medici e la
sollecitudine attenta delle autorità, la loro reclusione ed il loro iso¬
lamento sono subordinati a certe condizioni, imposte al duplice scopo
umanitario, di renderli, cioè, iilOcui a sé cd altrui, e di favorire il ri*
pristìnamento delle smarrite loro facoltà mentali.

Purtroppo il casamento destinato nella citta nostra a ricoverare
quest' infelici — c che dovrebbe essere Manicomio provinciale —
non corrisponde a quelle esigenze richieste dall’ esercizio della psichia
tria ed a quelle nuove teorie che vogliono i manicomi tante case
di salute, di educazione e di lavoro. Egli è provato clic nella sola
amenità del locale, nel lavoro tranquillo ed in utili divertimenti, gli
alienati trovano quello straviamento alle loro tristi abitudini ed alle
loro false idee, e serve a preparare la via alla guarigione. Tuttavia
mercè le premurose cure, l' abilità ed il saggio procedere degli egregi
preposti a questo stabilimento — direttore signor Giuseppe Dr. Su su
triestino, nominato nel Luglio 1872 quale medico chirurgo alienista,
e nel Marzo 1873 a direttore — dopo la morte di quel benemerito
Dr. Ureo-, che tanto si prestò al miglioramento di questo civico Ospizio,
nonché dell'ispettore signor Alberto Hribar , che dal 1859 con tanta
abnegazione e lode provvede alla parte amministrativa, la civica Rap¬
presentanza potè, per quanto le fu possibile, introdurre dei migliora¬
menti atti a dar più comodo ricetto agli sventurati, continuando nello
studio per l’erezione di un nuovo Manicomio che in tutto corrisponda
alle esigenze dei tempi cd al decoro di una città che vanta tante belle
istituzioni di beneficenza.
Frattanto il Consiglio municipale, limitandosi ai miglioramenti
più urgenti, deliberava nel Gennaio 1869 l'innalzamento di due piani
sopra il corpo dell'edilizio situato nel secondo cortile interno, e di
rendere eziandio più chiare c salubri le 9 celle mal ventilate che esi¬
stevano al pian terreno, placidando all'uopo la somma di f. 10,000.
E con questo alzamento si guadagnarono 17 camerini conveniente¬
mente spaziosi, ben ventilati e salubri.

Il nuovo direttore, Dr. Suso, tosto nominato, veniva incaricato
di studiare ed accuratamente valutare la opportunità di acquistare
tutto il terreno presso l'attuale giardino pegli uomini, in modo da
formare un'Isola, e ciò allo scopo di aggiungere al Manicomio una
specie di casa di ricovero per quelli che sono affetti da pneopafeì
croniche ed altre malattie analoghe da considerarsi ormai come incu
rabili. Prontissimo fu il suo impegno; esaurientissimo il suo rapporto
ed in perfetta consonanza circa ai difetti rimarcati dal Dr. Erltmnayer
di Bèndorf, presso Cobienza ; osservando che quello non era un luogo
di cura, ma un luogo soltanto per conservare malamente dei inatti.

Difatti, ad eccezione del bel colpo d'occhio sulla città e sul porto,
questa posizione elevata in mezzo alla città non presenta alcun van-
taggio. e come Manicomio, in vicinanza della cattedrale e di altre
chiese, e propriamente sotto il castello, non può che sinistraincnt in¬
fluire sui ricoverati, che vengono spesso eccitati dai colpi di cannone
c dallo scampanio delle vicine chiese. 1 )

Dalla strada si entra direttamente nello stabilimento, il quale è
di forma quadrata, con un piccolo cortile mediano, cd in questo con¬
siste tutto il riparto degli uomini, troppo angusto per permettere
una razionale occupazione ai ricoverati. Al riparto degli uomini si
unisce ad angolo retto quello delle donne, e Io spazio risultante fra
questi due fabbricati serve di giardino per le donne. I corridoi in
tutto lo stabilimento sono strettissimi, le porte munite di finestrelle
affine di poter osservare i malati e passarvi gli alimenti. Non vi è
cucina, non vi è lavanderia; quegli infelici devono attendere clic il
cibo venga loro portato dal Nosocomio, discretamente distante L’ac¬
ccttazione degli alienati nel Manicomio esige certe pratiche necessarie
per evitare che con raggiri meno che buoni vengano accettate persone
che non sono pazze. Presentemente vi sono ricoverati 58 uomini e
45 donne, la maggior parte appartenenti all'Istria ed al Goriziano.
l-rC donne sono occupate con qualche piccolo lavoro di rattoppamento
e di calza; gli uomini passano il giorno aggirandosi nei cortili e
nell'attiguo giardino, al quale si accede per un passaggio sotterraneo
praticato di recente, da una cantina dell' edilizio, attraverso la via,
ed è segnato col N. 762. Questo fondo di oltre 618 Klf. Q, passò
nel 1805 »» proprietà del Comune, e venne intavolato su di esso il
capitale di fiorini 10,000 a favore del fondo degli stipendi. Attiguo a
questo, nella parte superiore, vi è altro fabbricato, segnato col N. 1262,
con casa prospettante sul piazzale della cattedrale, ove figura con
un piano a nove finestre ed un apparente pianoterra con diversi fori
murati, mentre la facciata che guarda sul giardino ha due piani che
servono di comoda e lieta abitazione. Li 4 Agosto 1846, in occa¬
sione della regolazione della publica strada, furono da questo escor¬
porati 30° 4' li" Q. Era nel 1803 proprietà di Za netta Mazzarolli,
passò li 30 Maggio 1804 a Giuseppe Messa, li 2 Agosto 1832 a
Stefano Scompanni, li 18 Novembre 1841 a Maria Mayer, li 12 Set¬
tembre 1857 alla ditta Cozzi e Brambilla, c finalmente col 13 Feb¬
braio 1870 proprietà del Comune.


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