La Dedizione di Trieste all'Austria

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rofizal
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La Dedizione di Trieste all'Austria

Messaggio da rofizal »

Riporto dal vecio sito de Trieste Mia.

La Dedizione di Trieste all'Austria
Atto Ufficiale tradotto da Pietro Kandler



Atto di Accettazione della Donazione di Trieste
30 settembre 1382



Nel nome del Signore, Amen. Noi Leopoldo per la grazia di Dio Duca d'Austria, Stiria, Carintia e Carniola, Signore della Marca, e di Pordenone, Conte di Absburgo, del Tirolo, di Ferrete e di Kiburgo, Marchese di Burgovia e di Treviso, Landgravio di Alsazia.
Riconosciamo e confessiamo per Noi, pei nostri eredi, e pei nostri successori presenti e futuri, che i nobilli, sapienti e fedeli a noi dilettissimi, il Comune, il Consiglio ed i Cittadini della città di Trieste, considerando i carichi grandi ed insopportabili della città e le oppressioni che ebbe a soffrire finora per il frequente cangiamento di dominio siccome è notorio; considerando che i patti e le convenzioni coi quali diedero al patriarca di Aquileja, il Reverendissimo Padre in Cristo Marquardo or defunto, ed alla sua chiesa, la città ed ill distretto di Trieste, sieno stati manifestamente violati ed infranti; considerando inoltre che confinando alcune terre e distretti e domini nostri col loro territorio possiamo difenderli più validamente che qualunque altro principe e potentato; considerando precipuamente che alcuni progenitori nostri di buona memoria godevano nella città di Trieste buoni diritti e li esercitarono, i quali non immeritamente si rinnovano in noi per successione ereditaria, hanno inviato gli onesti e sapienti Adelmo dei Petazzi, Antonio de Domenico, e Nicolò de Picha Procuratori della città e del distretto di Trieste, Sindici, Nuncii ed Ambasciatori a ciò legittimamente ed insolidariamente costituiti con pienezza di poteri chiamando Noi in loro vero e naturale Signore e Principe e coll'aiuto di Dio in precipuo difensore della detta città, dei castelli di lei e del distretto, degli abitanti e dei distrettuali, siccome appare da pubblico stromento del comune e della città di Trieste sigillato col sigillo della Comunità, e consegnatoci dai sopradetti Procuratori e Sindici.

Noi Duca Leopoldo riconoscendo come benefizio grazioso la placida loro obbedienza abbiamo accettato ed ammesso gli infrascritti articoli, modi ed osservanze con essi loro e con tutti gli abitanti della città e del distretto, siccome qui sotto si contiene.

Noi Duca gli eredi e successori nostri dovremo governare, mantenere e difendere la città ed il distretto di Trieste, ed i castelli, tutti i cittadini e gli abitanti, i loro beni e possessioni in qualunque parte si trovino contro qualunque persona, siccome faciamo degli altri nostri fedeli e sudditi, e siccome abbiamo consuetudine di fare; Noi non venderemo la predetta città di Trieste, i di lei diritti e pertinenze a nessuna persona fisica o morale, né li obbligheremo, affitteremo, daremo in enfiteusi o feudo in qualsiasi modo; Noi anzi non alieneremo dalle nsotre mani e potere la città, i castelli, il distretto dovendo rimanere in perpetuo inviolabilmente attaccata al Principato e titolo dei Duchi d'Austria.

Noi Duca, i nostri eredi e successori avremo ed abbiamo il diritto di preporre alla città di Trieste il Capitano a nostro beneplacito, quantunque per le usanze il Capitano della città si potesse cangiare ogni anno; volendo riservato a Noi, ai nostri eredi e successori, di tenere in carica il Capitano fino che piace a Noi, a meno che non sia meritevole di venire cangiato per cause ragionevoli.

Il Capitano da Noi deputato dovrà tenere presso di sè due Vicari idonei periti dei sacri canoni e delle leggi civili siccome sompagni, e tenere famulizi, come è disposto dagli statuti e consuetudini di Trieste. Il quale Capitano percepirà dal Comune e dal Consiglio di Trieste quattro mila lire di piccoli per onorario suo e dei suoi. Sarà dovere del Capitano di reggere, governare e mantenere fedelmente la città ed il distretto, i cittadini e gli abitanti secondo li statuti e le consuetudini di Trieste; i quali statuti e riforme dovranno essere valide e ferme anche pei posteri senza dolo e frode.

Per le sentenze del Capitano, dalle quali si vorrà appellare, il Consiglio di Trieste dovrà due volte l'anno, cioè alla fine di ogni sei mesi, deputare Sindici ed Officiali idonei, i quali abbiano a pronunciare secondo gli statuti e le consuetudini, se la querimonia sia giusta.

Di ogni condanna pecuniaria, delitti, eccessi, multe, in qualunque modo avvenute in Trieste, la metà integra spetterà a Noi siccome a naturale Signore. Le condanne suddette, il vino di cui più abbasso, i dazi, le gabelle, le dogane ed altre esazioni che spettano al dominio di Trieste, si esigeranno da quelli che Noi, i nostri eredi e successori troveranno di deputare ed esigerli; però la metà delle condanne dovrà passare al comune di Trieste affinché possa pagare l'onorario di 4.000 lire al Capitano, e dare a Noi ed ai nostri eredi e successori l'annuo tributo del vino di cui si dirà più abbasso; e possa pagare i salari dei medici e degli ufficianti di detta città, riparare le mura, le porte. le strade e provvedere ad altre necessità.

Noi, i nostri eredi e successori avremo la potestà di imporre alla predetta città dazi, mude, gabelle, dogane e di esigerli a nostro piacimento entro o fuori delle porte d'essa città, però colle seguenti condizioni: di tutte le merci che verranno esportate dalla città di Trieste per la via di mare, si pagheranno li dazi, le mude, le gabelle, le dogane al nostro dominio, eccettuato il vino di Ribolla, pel quale non si pagherà cosa alcuna.

Similmente di ogni mercanzia che verrà a Trieste per la via di mare si pagheranno le imposte, eccettuato ciò che si introduce in Trieste per la via di mare per servire all'uso e consumo dei cittadini e degli abitanti, come frumento, sale, vino, uve, ed altri commestibili, i quali generi devono essere totalmente esenti. Qualunque animale sortirà dalla città di Trieste e dal distretto per portarsi in altre regioni per la via di terra, sarà soggetto al dazio, muda, dogana. Gli animali, somieri ed altri che entrano per la via di terra nella città di Trieste e nel distretto per uso degli uomini, purché non si trasportino in altre parti, devono essere totalmente esenti da imposta.

La città, il comune, ed i cittadini di Trieste dovranno e devono scegliere il Consiglio, gli Officiali, ed Officianti secondo gli statuti e consuetudini della città di Trieste.

I cittadini di Trieste, i loro eredi e successori dovranno ogni anno nel giorno di San Giusto martire, il quale cade nel dì 2 di novembre, dare a Noi, ai nostri eredi e successori nella città di Trieste a titolo di censo annuo cento orne di vino Ribolla della migliore qualità che si potrà avere in quell'anno.

Fino a che i due castelli di Montecavo e Moncolano verranno custoditi a spese di Trieste, il Capitano nostro si farà dare giuramento corporale dai custodi che ogni mese verranno mandati dai cittadini, che dessi coi castelli saranno fedeli ed obbedienti alla nostra magnificenza, ai nostri eredi ed ai nostri successori, e ciò si osserverà fino a che prenderemo in consegna detti castelli, e vi destineremo alla custodia altre persone.

Per ultimo la detta città ed i di lei abitanti non verranno minimamente impediti nei loro introiti e redditi, nè aggravati più di quello che sopra fu detto, se pur ciò non avvenga a domanda nostra o dei nostri successori, e di beneplacito dei cittadini e distrettuali.

Noi Duca Leopoldo tutte e singole le cose soprascritte abbiamo approvato ed approviamo, di certa nostra scienza per noi, pei nostri eredi e successori ricercando l'onesto notaro ed i nobili infrascritti a voler sottoscrivere le presenti in testimonianza di verità.

Dato e fatto nel nsotro castello di Gratz, nella sala ducale l'anno del Signore mille trecento ottantadue, indizione quinta, il dì ultimo di settembre all'ora dei vesperi o quasi, in presenza del Notaro pubblico infrascritto, del Reverendissimo Padre in Gesù Cristo Federico vescovo di Bressanone, Cancelliere della nostra Curia ducale; degli egregi e valorosi Goffredo Mulner, ed Enrico Gessler vassalli della nostra Curia ducale, e Magistrati della camera, di Giovanni Rischach e Flach vassallo e nostro Consigliere, dei provvidi e discreti Conrado Impiber, ed Andrea pievani nel detto Vico, nella Marca presso Sittich delle diocesi di Seckau e di Aquileja, e di molti altri testimoni chiamati e pregati specialmente per quest'atto.

Ed io Paolo del fu Ulmano da Castelrut, chierico della diocesi di Bressanone Notaro pubblico per autorità imperiale, a motivo che Burkardo de Stain della diocesi di Costanza per la stessa autorità pubblico Notaro è impedito da altri gravi negozi, pregato da lui con grande diligenza e insistenza di assiterlo nella scrittura di questo stromento lo scrissi tutto di proprio pugno, lo ho redatto in questa pubblica forma, e vi apposi il segno del mio Tabellionato in testimonio della verità, così rogato da ambedue le parti.

Io Burkardo di Stain al Reno, diocesi di Costanza, Notaro giurato per pubblica autorità, fui presente a tutte le singole sopra esposte, mentre si trattavano ed a richiesta d'ambedue le parti lo ho redatto nella presente forma pubblica, ma impedito da altri ardui affari feci scrivere il presente instromento da altra persona, la di cui scrittura io approvo come fosse mia propria, e riconosco che il suggello del suddetto illustrissimo Principe fu appeso al presente stromento in certezza e migliore evidenza delle cose premesse.


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Messaggio da rofizal »

La Dedizione di Trieste all'Austria
Atto Ufficiale - Versione Latina Originale



Atto di Accettazione della Donazione di Trieste
30 settembre 1382
(conservato nell'Archivio comunale di Trieste)



In Nomine Domini. Amen. Nos LEOPOLDUS Dei gratia Dux Austriae, Styriae, Karinthiae, et Carnioliae, Dominus Marchiae et Portus Naonis, Comes de Habspurg, Tyrolis, Ferretis, et in Kyburg, Marchio Burgoviae, et Trevisii, ac Lantgrafius Alsatiae.
Recognoscimus et fatemur pro Nobis et Nostris Haeredibus, et Successoribus praesentibus et futuris. Quod cum Nobiles, et Sapientes, Fidelesque nostri dilectissimi, Comune, Consilium et Cives Civitatis Tergestinae, praetendentes magna et importabilia ipsius Civitatis gravamina et pressuras, quae et quas ex multiplici mutatione dominii passa fuit hactenus, quibusque notorie subjacebat, Quodque pacta, et conventiones per quae, et quas vivente Reverendissimo in X.to Patre Dño Marquardo bonae memoriae tunc Patriarcha Aquilejensi se ad manus suas, et praefatae suae Ecclesiae dederant, apud Civitatem ipsam, et districtum Tergestinum violata, et refracta fuerunt manifeste, illud quoque considerationis studio revolventes, quod quibusdam terris, districtibus et dominiis nostris cum eorum Territorio confinantibus, ipsos exinde contra suos inimicos potentius adjuvare prae cunctis aliis Principibus, et Dominis valeamus. Hoc etiam maxime, et precipue perpendentes, quod nonnulli progenitores nostri bonae memoriae olim in ipsa Civitate Tergesti bona jura tenuerent, et habuerunt, quae circa Nos haereditaria quodam modo successione non immerito renovantur, Honestos, et Sapientes Viros Adelmum de Petachiis, Antonium de Dominico, et Nicolaum de Picha suos, et Civitatis ac Districtus de Tergesto Procuratores, Sindicos, Nuntios, et Ambaxiatores ad hoc constitutos legitime, et in solidum ad Nostram miserunt Praesentiam cum plenitudine potestatis, vocando, recipiendo, et recognoscendo Nos in eorum, et dictae Civitatis, Castrorum ipsius et districtus, terricolarumque, et districtualium ipsorum naturalem, et verum Dominum, atque in praecipuum, et validum auxiliante Dño defensorem, prout haec in Istrumento publico Comunis, et Civitatis nostrae Tergesti, ipsius Sigillis sigillato, Nobisque per supradictos Procuratores, et Sindicos tradito et dimisso, plenius continentur.

Nos Dux praefatus virtutis ipsorum placidam obedientiam recognoscentes per beneficia gratiosa, infrascriptos modos articulos et observatias cum eis et omnibus ipsius Civitatis, et districtus incolis acceptamus assumpsimus, et admisimus prout inferius specietenus continetur.

Et primo quod Nos Dux praefatus haeredesque et Successores nostri Civitatem, et Districtum Tergesti ac Fortalitia praedicta omnesque Cives et Incolas eorundem, singulaque bona et possessiones ipsorum ubicumque consistant contra quamcumque Personam tenebimus, et debebimus gubernare, manutenere, et defendere prout de aliis nostris fidelibus, et subdistis facimus, et habemus consuetudinem faciendi. Quodque praedictam Civitatem Tergesti, ejusque jura, et pertinentias nulli Personae, vel Universitati, vendemus, obligabimus, dabimus, seu in Emphyteosim, vel in feudum, et quomodolibet conferemus, sed quod praedictam Civitatem Tergestinam, Castraque, Districtum, nullatenus alienemus extra nostrarum manuum potestatem, cum in perpetuum apud Principatum, et Titulum Ducatus Austriae debeant inviolabiliter pemanere.

Item Nos Dux praefatus, Haeredesque, et Successores Nostri potestatem habemus, et habebimus dictae Civitati Capitaneum pro nostro beneplacito tradere, conferre, et proferre, licet quod dictae Civitatis Capitanei alias potuerint singulis annis ex consuetudine immutari, hoc tamen est amplius Nobis, haeredibus, et successoribus Nostris reservatum, quod in dicta Civitate Capitaneum donec voluerimus teneamus, nisi talis forte esset, qui ob rationabilem causam foret merito immutandus. Capitaneus etiam ibidem per Nos constitutus apud se habere tenebitur duos Vicarios idoneo Sacrorum Canonum, et Legum peritos, in Socios, et aliam pro domo sua familiam juxta Statuta et Consuetudines Tergestinas. Qui quidem Capitaneus a Comuni, et Consilio Tergesti singulis annis habere tenebitur quatuor millia librarum parvulorum pro suis laboribus et suorum. Debebitque idem Capitaneus sepedictam Civitatem, et districtum, Cives quoque, et quoslibet habitatores Tergesti fideliter regere, et manutenere, ac gubernare secundum formam Statutorum, et Consuetudines dictae Civitatis, quae Statua et Reformationes debeant esse firma prout hucusque traductum est ad Posteros, doli, et fraudis omni materia procul mota.

Item pro quacunque sententia fuerit a praefato nostro Capitaneo appellatum ad haec tenebitur Comune, et Consilium Tergesti bis in anno, idest in fine quorumlibet sex mensium, Sindicos, et Offitiales idoneos deputare qui juxta Statuta, et consuetudines dictae Civitatis cognoscant, et diffiniant, utrum querela propter quam appellatum extitit, justa fuerit, vel injusta.

Item quidquid de condemnationibus pecuniariis, frevelis, excessibus, et emendis quomodocumque occurrentibus obvenerit in Tergesto, hujus tota medietas ad Nos tamquam naturalem ipsorum Dominum pertinebit. Et sic expresse quod easdem condemnationes, vina infrascipta, datia, mutae, et theolonia, et alia quaelibet, quae ad dictum dominium Tergesti pertinent, exigantur et recipiantur per eos, quos Nostra, vel haeredum, et Successorum Nostrorum Dominatio ad eas vel ea colligenda duxerit deputandos. Sed altera medietas earundem condemnationum debet remanere praefatis Nostris Civibus et Comuni de Tergesto, ut inde possint Capitaneum ibidem de sua provisione quatuor millium librarum parvulorum satisfacere, et Nos ipsorum Dominum, haeredesque et Successores Nostros de vino infrascripto, quod pro censu annuatim nobis dabitur, ac etiam Medicos, et Offitiales Civitatis praedictae de suis salariis expedire, muros, portas, pontes, et stratas reparare, et alia facere, quae necessitas dictae Civitatis postulat, et requirit.

Item Nos Dux saepedictus, haeredesque, et Successores Nostri potestatem obtinemus imponendi apud Civitatem praedictam, Datia, Mutas, Gabellas et Theolonia, eaque, et eas intra Portas vel extra pro nostro libitu recipiendi, tamen cum condictionibus infrascriptis videlicet: quaecumque mercimonia extra Civitatem Tergesti extrahuntur super mare de eisdem datia, mutae, gabellae, et theolonia erunt nostro Dominio exolvenda, excepto solo Vino Rivolii, de quo nihil poenitus persolvetur.

Simili quoque modo quaecumque mercimonia in Tergestum veniunt super mari, de his datia, mutae, et theolonia prout fuerint imposita persolventur. Exceptis eis, quae in Civitate Tergesti traducuntur per mare, et quae ad usum et esum civium, et incolarum ibidem pertinent, ut Frumentum, Sal, Vinum, Uvae, et alia Esculenta. Haec a datiis, mutis, et theoloniis esse debent penitus libera praeter fraudem. Quaecunque etiam animalia per Civitatem Tergestinam et districtum ad alias partes veniunt super terram, de his Nobis, et nostro Dominio datia, mutae, et theolonia prout fueriunt imposita debebunt. Animalia vero, et Jumenta, et alia quaelibet ad usum hominum per terram in Civitate Tergestina, et ipsius districtu venientia, dum tamen ad loca alia non ducantur, debent esse a datiis, mutis, et theoloniis libera simpliciter, et de plano.

Item dicta Civitas, Comune, et Cives Tergesti tenebuntur, et tenentur statuere Consilium, Offitiales, et Officiarios secundum Statuta et Consuetudines Civitatis Tergesti.

Item ipsa Civitas Tergesti, Cives, Haeredes, et Successores eorum tenentur, er debent annis singulis ad diem Sancti Justi Martyris, quae cadit in diem secundam Mensis Novembris Nobis praefato Duci, Haeredibus et Successoribus nostris in dicta Civitate Tergesti pro censu annuo dare, et solvere centum Urnas Vini Rivolii e meliori quod haberi poterit ipso anno.

Item quamdiu illa duo Castra, seu Fortalitia Mocho, et Mocholan sub expensis, et sumptibus Tergesti contingerit custodiri, Capitaneus ibidem Tergesti debet a Custodibus per dictos Cives singulis mensibus deputandos, corporalia recipere juramenta, quod ipsi cum eisdem Castris nostre Magnificentiae Haeredibusque, et Successoribus Nostris fideles, et obedientes existant, donec eadem Castra ad manus nostras resumere voluerimus, et alios ad earum custodiam deputare.

Item et ultimo quod dicta Civitas, et habitatores Tergesti in redditibus, et introitibus suis non debeant impediri in aliquo, vel ultra contenta superius agravari, nisi id fiat ad preces nostras vel nostrorum, et de beneplacito Civium et Districtualium praemissorum.

Nos igitur Leopoldus Dux praefatus omnia, et singula supradicta pro Nobis ipsis, Nostris haeredibus, et successoribus approbavimus, et de certa scientia approbamus. Rogantes honestum Notarium, et Nobiles infrascriptos quatenus in testimonium veritatis praesentium praemissorum subscribere se velint praesentibus Litteris cum Notario corumdem.

Datum, et actum super Castro nostro in Graecz in Stuba Ducali, anno a Nativitate Domini Millesimo trecentesimo, octuagesimo secundo, Indictione quinta, die ultimo mensis Septembris hora vesperarum, vel quasi; praesentibus me Notario publico infrascripto, et Reverendissimo in X.to Padre, et Dño Friderico Episcopo Brixinensi, et nostrae Ducalis Curiae Cancellario, Egregiisque et Strenuis Gotfrido Mulner, et Henrico Gessler militibus Ducalis nostrae Curiae, et Camerae Magistris, et Johanne de Rischach et Flach etiam milite, et nostro Consiliario, providisque, et discretis Chunrado Impiber, et Andrea in dicto Vico in Marchia prope Sitich plebanis, Sekoviensis, et Aquilegensis dyoecesum. Et alia copiosa multitudine testium rogatorum et vocatorum specialiter ad premissa.

Et Ego Paulus quondam Ulmani de Castelrut, Clericus Brixinensis dyoeces., publicus Imperiali authoritate Notarius, quare Burkardus de Stain Constant. dyoec. eadem auctoritate publicus Notarius infrascriptus aliis arduis negotiis impeditus, me cum diligentia, et magna rogavit instantia ut eum juvarem per scripturam praesentis publici Instrumenti, de mann propria ipsum conscripsi, et in hanc publicam formam redegi signumque meum solitum apposui, rogatus ab ambabus Partibus pro testimonio veritatis.

Ego Burkardus de Stain apud Renum, Constant. Dioc., publicus Imperiali authoritate Notarius juratus, omnibus, et singulis superius enarratis, durn sic agerentur et fierent, presens interfui eaque ad preces utriusque partis in hanc publicam formam redegi, meaque subscriptione, et signo solito consignavi. Sed arduis perpeditus negotiis praesens Instrumentum per alium scribi feci, cuius scripturam approbo tamquam meam, recognoscens sigillum praefati Illustrissimi Principis appensum fore presenti Instrumento in certitudinem et clariorem evidentiam omnium praemissorum.


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Messaggio da babatriestina »

Note del Kandler a questo atto:
Il diploma originale per la spedizione del quale il Comune pagò una tassa di cinquantatrè zecchini, andò irreparabilmente perduto nei tumulti del 1468, nè altra spedizione originale, forse possibile allora, fu data, ed è a dubitarsi che fosse chiesta. Il Cancelliere di palazzo Giov Daniele Mercatelli lo registrava nei suoi atti che hanno valore di pubblici. Sì ebbero copie autenticate, fu riconosciuto da Carlo V e da altri imperatori fino a Carlo VI, fu citato da Giuseppe II; ripetuto in atti pubblici- conosciuto a Storici che ne ripeterono l'intero tenore- governo e letterati tutti concordemente. Fu stampato ripetute volte in tempi recenti.
Questo atto che rechiamo, non è veramente l'atto di dedizione, sibbene l'accettazione dell'atto di dedizione, rilasciata in forma di diploma principesco; la dedizione erasi fatta il dì 9 di Agosto. sembra dalle Note dei Camerari che gli Ambasciatori si fossero recati con la Dedizione on Austria (Hostericco): il diploma veniva segnato in Gratz il dì 29 settembre.

( la copia del Kandler proviene de un Apografo dell'Archivio diplomatico di Trieste)


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Una cocola vignetta de i Kollmann con Carpinteri

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Messaggio da AdlerTS »

Pensavo de aver za messo la foto, ma forse me confondo ...

Leopoldo nel parco de Miramar
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CIMG2306.JPG


Mal no far, paura no gaver.
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... e la colonna
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Messaggio da babatriestina »

Ve la conto come che la go letta:
stago leggendo la storia de Trieste del Tamaro: contestada de molti, perchè essendo del 1924 e essendo l'autor sul nazionalista italian, abitualmente el xe accusado de fascismo, però dopo che una de sinistra come la Cattaruzza ga dito che el xe una miniera de dati e che no ghe ne xe una successiva meo, me go deciso: do volumi de centinaia de pagine l'un!
ben bon, Tamaro sostien che no se trova el atto de dedizion ma solo quel de accettazion, perchè el atto de dedizion no xe mai esistido!!! :shock:
le sue argomentazioni xe queste: ghe iera un atto precedente de dedizion ( vedi el mio post quante dedizioni?), po xe stado mis mas, Trieste ga provado a zercarse tuti i protettori, e intanto sto Leopoldo cioleva un poco de qua, un poco de là verso l'Italia per assicurarse i passi delle Alpi, assumeva patronaggi, po el li vendeva per bori ( Trieste, ma par qualcossa de simile con Treviso), insomma al momento giusto el ga fatto assalir la città dei Walsee signori de Duin, approfitando che cola pase de Torin le potenze italiane se gaveva impegnado al statu quo ma lu no gaveva firmado la pase de Torin! e una volta ciolta la città, el gaveva za pronto el atto de accettazion!!! :-D redatto più o meno sulla base dela precedente dedizion, un poco più generosa cole libertà comunali..
e po el cita delle lettere del Patriarca de Aquileia che se lamenta che la città ghe xe stada portada via..
ovviamente Tamaro disi anche che Kandler che disi che el iera ma el xe andado perso no xe de fidarse perchè el iera austriacante, e che tuto el discorso dela spontanea dedizion xe propaganda austriacante del 1882 , e ciol in giro , senza nominarlo, Vivante , che sostegniva che za nel 1382 Trieste gaveva la preveggenza de prepararse el mercato col proprio hinterland mitteleuropeo.. :roll:


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Re: La Dedizione di Trieste all'Austria

Messaggio da babatriestina »

per conoscere un po' l'ambiente in cui accadde, vi riporto un passo del mio amico Pierluigi Romeo di Colloredo Mels, archeologo, storico e studioso di questioni locali , ma friulane. Siamo in quegli anni e il patriarca Filippo d'Alençon di cui si parla è quello di c ui abbiamo una lapide al Castello di san Giusto
Guerra civile friulana (1381-1388)
La nomina a patriarca di Aquileia di Filippo II di Alençon (1381) provocò gravi discordie, la cui ragione principale fu il dissidio tra Udine e Cividale per questioni di interesse commerciale, legate a motivi di prestigio cittadino e familiare. Il Patriarca si schierò apertamente con Cividale, suscitando la furiosa reazione degli udinesi che lo costrinsero a fuggire dallo Stato Patriarcale.
Si formarono due fazioni: quella filoimperiale, che sosteneva Filippo II ed era costituita da Cividale in rappresentanza del patriarcato, dai Carraresi con Francesco “Il Vecchio” da Carrara, dal regno d'Ungheria e dalle famiglie locali dei di Prata, di Porcia, di Ragogna, gli Spilimbergo e i Prodolone, e la fazione filoveneziana, chiamata La felice unione, che contestava la nomina a patriarca di Filippo II, cui aderirono gli Scaligeri con Antonio della Scala, le famiglie dei Duino, gli Zoppola, i da Cusano, i di San Vito e i di Valvasone, i Colloredo, i 'da Maniago, Federico Savorgnan (che fu ascritto al patriziato veneziano e provvisionato il 3 aprile 1385), Venceslao da Spilimbergo, Nicoletto da Castello e le città di Sacile e Marano.
Il 7 ottobre 1382 il comune di Udine nominò Simone di Colloredo capitano generale della Lega:
Nobilis Miles D. Simon de Coloreto, Capitaneus generalis totius exercitus cum potestate mixti et meri imperii ad puniendum quoscumque.
Venezia inviò 24 galee ad occupare Trieste (25 gennaio 1381) costringendola ad aderire alla Felice Unione; Leopoldo III d’Asburgo duca d'Austria ne approfittò e penetrò a Trieste (7 agosto 1382), che fece atto di dedizione a Leopoldo (Graz, 30 settembre 1382); la città restò agli Asburgo fino al 1918.
I cividalesi presero la roccaforte di Gemona dopo 7 giorni d’assedio, il 14 ottobre 1383; la città cadde di nuovo (nel 1385) nelle mani degli udinesi, guidati da Giovanni di Colloredo, che poi assaltarono anche il castello di Villalta ed investirono Cividale per 8 giorni con 4 bombarde, respingendo una sortita (23 gennaio 1386) e saccheggiando i dintorni.
Nel frattempo, il conflitto aveva assunto nel 1385 grandi proporzioni con l'intervento militare dei Carraresi; il signore di Padova Francesco I da Carrara, che da tempo aveva l'ambizione di espandere ad est i propri domini, prese le parti del patriarca esiliato, già suo alleato nella guerra di Chioggia, sedò la rivolta udinese nel febbraio 1385 e reinsediò al potere il cardinale francese.
In quegli anni erano frequenti le guerre tra padovani e veneziani; questi ultimi, non potendo permettere l'espansione in Friuli del tradizionale nemico, tra il marzo ed il maggio del 1385 si allearono con gli udinesi e con gli Scaligeri di Verona, che ambivano ad espandere il proprio territorio conquistando Padova. I Carraresi avevano perso il supporto del Regno d'Ungheria, in preda a lotte interne per la successione, e risposero alleandosi in funzione anti-veronese con i Visconti, signori di Milano. Quello stesso anno, le truppe di Padova tentarono invano di conquistare importanti comuni friulani.
Dopo un periodo di stallo, l'anno successivo la guerra fu ripresa dagli Scaligeri, il cui attacco fu arginato dai padovani alle porte della città in zona Brentelle. L'incertezza iniziale di questa battaglia si risolse in favore dei Carraresi, le cui truppe costrinsero i veronesi alla ritirata il 25 giugno 1386. La vittoria delle Brentelle mise in evidenza le debolezze degli Scaligeri, e l'anno seguente furono i padovani ad attaccare la signoria veronese. La battaglia di Castagnaro ebbe luogo il 1º marzo 1387 nella cittadina che si trova pochi chilometri a sud del capoluogo scaligero. Le truppe di Verona erano condotte dai capitani di ventura Giovanni Ordelaffi di Forlì e Ostasio da Polenta di Ravenna, mentre i padovani erano comandati dal condottiero inglese Giovanni Acuto e da Francesco Novello da Carrara, figlio del signore di Padova. La battaglia è considerata la più grande vittoria di Giovanni Acuto, che attirò in una trappola e sgominò i veronesi dopo aver finto di ritirarsi.
Nel fronte orientale passarono alla controffensiva i cividalesi, che respinero gli udinesi a Savorgnan (30 luglio 1387), bombardando e costringendo alla resa Sacile (6 agosto 1387), ma furono sconfitti dagli udinesi agli ordini di Colloredo al passo del Torre (1º ottobre 1387). Il castello di Artegna venne distrutto.
La sconfitta di Castagnaro segnò la fine della lunga egemonia degli Scaligeri, che dopo qualche mese sarebbero stati cacciati da Verona dalle truppe viscontee. Il signore di Verona Antonio della Scala trovò rifugio presso il suocero Guido III da Polenta, signore di Ravenna, mentre il resto della famiglia si sparse in Italia e in Germania. Il grande successo ottenuto si rivelò una vittoria di Pirro per i Carraresi, che concordarono la spartizione dei territori scaligeri con Gian Galeazzo Visconti. Quest'ultimo non mantenne le promesse e dopo la cacciata degli Scaligeri, oltre a conquistare Verona, tenne per sé anche Vicenza, che a quel tempo faceva parte della signoria veronese e che era stata promessa a Francesco I da Carrara.
Con le finanze ridotte allo stremo dalle molte guerre sostenute, nel 1387 la signoria padovana perse l'alleato Filippo d'Alençon, richiamato in Francia, e rimase definitivamente isolata dopo che i tradizionali alleati fiorentini si dichiararono neutrali sulla guerra. Il 29 maggio 1388, i Visconti strinsero alleanza con i veneziani con l'obiettivo di cacciare i Carraresi e spartirsi i loro domini. Francesco I si vide costretto a rinunciare alla signoria in favore del figlio Francesco Novello, che nel novembre successivo si arrese ai milanesi. Quello stesso anno Filippo d'Alençon rinunciò all’investitura di patriarca, ponendo formalmente fine al conflitto.


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Re: La Dedizione di Trieste all'Austria

Messaggio da babatriestina »

Ho trovato una bellissima descrizione di come andò:
Il duca d'Austria chiese la fedeltà ai triestini.
loro risposero "Volentieri"
E lui in risposta scrisse l'atto di accettazione
:lol: :lol: :lol:


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