Lettere a casa (e da casa)

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mandi_
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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da mandi_ »

Ho avuto occasione tempo fa di trovare alcune lettere triestine in un Archivio.

C’era, durante la prigionia in Russia, molta difficoltà nel riuscire a comunicare tra i membri di una famiglia, per via della lontananza, della censura, e anche del fatto che scrivere indirizzi russi non era una cosa da tutti i giorni, guai sbagliare una piccola cosa nell’indirizzo.
Inoltre i prigionieri venivano spostati di continuo, oppure , verso il 1916, si muovevano autonomamente per cercare lavoro come contadini o minatori, sostituendo gli uomini russi che erano al fronte. Anche molte donne dovettero spostarsi di abitazione, per cercare luoghi più sicuri o perché profughe. Moltissime istriane si spostarono a Trieste, o a Milano, o a Torino.Ma anche donne Triestine si recarono in Istria, o a Firenze, o a Graz…
Così gli uomini scrivevano molto, ma spesso le loro lettere non arrivavano. Le loro mogli o le loro madri ricevevano lettere dopo anni, talvolta. Le donne avevano occasione, quando andava bene, di vedere il nome del proprio caro su un giornale, con accanto il nome della località russa e potevano almeno sapere che il marito o figlio stava bene. Le liste di uomini prigionieri sui giornali si allungavano sempre più e immagino l’ansia di queste donne nello scorrere i nomi , cercando quello a loro caro.
Ho visto parecchie di queste lettere e ho letto che c’era una nave postale inglese che le trasportava ogni due mesi, poi dovevano passare la censura …ma la Russia era vastissima.
Comunque i prigionieri riuscivano a inviare in qualche modo notizie, foto e richieste di aiuto. Ho visto che si potevano inviare carta, pacchi, denaro . Una marchesa trentina, la marchesa Gemma Guerrieri Gonzaga, che aveva abitazione anche a Roma e Torino, si attivò in prima persona per far giungere queste lettere e per ricercare i prigionieri; inoltre si impegnò molto per favorire il rientro dei prigionieri. Diverse Associazioni nacquero inoltre per favorire l’inoltro della Posta o aiutare i reduci.
Mio nonno riuscì ad inviare solo una foto, che ho trovato recentemente.

Ora riporto le due lettere Triestine:

Questa lettera è scritta per ricevere aiuto nell’inoltrare la posta, ma anche per cercare di ottenere un posto sulle navi che sarebbero partite da Archangelsk; il prigioniero si era “annunciato”, cioè aveva optato per l’Italia e quindi dichiarava di voler essere inserito nelle liste dei passeggeri per il ritorno a casa sua. Ricordo che nei vari luoghi di concentrazione c’erano degli emissari che cercavano di “tirare” i prigionieri dalla propria parte : Italiani, Austroungarici, Slavi ecc


“Omsk, li 14- 9-1915.


Questo che le rivolge questa preghiera è un povero prigioniero che ben 11 volte scrisse ai suoi genitori e ai suoi fratelli senza ricevere risposta, così che non basta il dolore della lontananza e della prigionia, ma anche quello più grave e straziante di tutti, cioè quello di non sapere se ho ancora una “mamma” e un padre o dei fratelli e sorelle ancora vivi.
Io sono Triestino , parlo solamente la mia madrelingua, l’Italiano.
Io qui ad Omsk è già quattro mesi che mi viene fatta la domanda chi di voi vuole andare a combattere contro gli Austriaci e al primo momento mi annunciai.
Io ho un fratello a Milano, io gli scrissi tanto senza mai ricevere una risposta.
Mia madre vive a Trieste ed abita in via Massimo D’Azeglio.Se potete informare mia madre e mio fratello vi sarò grato fino alla morte.
Marcello….,,

Questa lettera è di una moglie e sorella Triestina , rifugiata ad Alessandria, con il marito prigioniero in Austria e il fratello in Russia..Immagino la pena di questa povera donna…

Alessandria, 3 novembre 1916

La sottoscritta prega S.V. di essere tanto gentile , essendo io nata a Trieste ed unita in matrimonio con un suddito italiano, il quale dal principio della guerra si trova prigioniero in Austria ed io insieme a 5 bambini tutti in tenera età mi hanno rimpatriata ed ora mi trovo già da sedici mesi in Alessandria .
Disgraziatamente ho un fratello prigioniero in Russia di nazionalità italiana, ed avendo inteso che S.V si occupa di aiutare noi povere sofferenti, così ricerco la di Lei cortesia al sapermi indicare se in questi scaglioni di prigionieri che arriveranno si troverà esso, oppure nei precedenti. Esso si chiama Ruggero M. di Trieste e fu fatto prigioniero ai primi di giugno del corr. anno
Con Stima

Vittoria


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Re: Lettere a casa (e da casa)

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Ci ho pensato sopra un pò nell'inserire questa cartolina, scritta dopo il 1918 evidentemente. Non desideravo urtare la suscettibilità di nessuno. Ma un documento può essere sempre interessante. Se non si legge bene, trascrivo la frase scritta : " Un riconoscente saluto dalla mia Trieste redenta, felice di ritrovarmi tra i miei cari."


Immagine


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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da mandi_ »

Inserisco una foto, che penso appartenga al periodo della prigionia in Russia.Non so il nome del marinaio, molto giovane.
marinaio sconosciuto.jpg
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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da babatriestina »

le lettere sono commoventi. Chissà se ce n'erano anche nella mia famiglia, ma sono fra quelle che sono state bruciate.
Un altro tipo di lettere, che ho visto da parenti ma non ho mai posseduto, erano quelle della cosiddette "madrine di guerra", una sorta di "pen friend" a cui si rivolgevano soldati che non avevano famiglia a cui scrivere. Mi ricordo solo il "quando verrò ha Trieste per conoscerti".. Allora le trovavo comiche.


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Re: Lettere a casa (e da casa)

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Peccato veramente che abbiate gettato le lettere. Le lettere ormai fanno parte della storia e permettono di scoprire aspetti di un periodo che ormai sta scomparendo. Esistono ancora gli anziani figli di quei soldati, e qualcuno ricorda ancora qualcosa...Forse allora si pensava che la guerra fosse un fatto normale nella vita delle persone e perciò non si badava più di tanto a conservare gli scritti, nè a chiedere informazioni. Era già tanto che un uomo fosse tornato da quell'inferno.
Anch'io a volte ho sorriso vedendo gli errori strampalati o le strane combinazioni di parole in dialetto italiano , mescolate a ordini in tedesco o a oggetti militari il cui nome era italianizzato, o meglio "dialettizzato". Le lettere e i diari (se stampati)che mi piacciono sono quelli riscritti in modo fedele, con gli errori . Sono gli stessi errori che commettono i bambini delle elementari (a con l'acca- le doppie ecc).
Ho recentemente letto il libro di Camillo Medeot "Friulani in Russia e Siberia 1914- 1919" . E' stata una lettura molto interessante,perchè il libro contiene molti diari e mi ha permesso di comprendere gli aspetti della guerra visti da Friulani e anche Triestini, che spesso vengono citati. Peccato che i diari siano scritti in modo corretto : o i Friulani erano super bravi nell'esprimersi, o Medeot ha corretto le esposizioni. Insomma , dagli strafalcioni e dalle parole in dialetto si può capire la lingua autentica, quella " de core".
Le donne attendevano i loro uomini: mariti, figli, fidanzati. Ma spesso erano anche loro sfollate e certe non so proprio come abbiano fatto ad allevare figli in quelle condizioni.
Veramente dev'esser stato triste non aver nessuno a cui scrivere e capisco il ruolo importante delle madrine di guerra. Molte tra l'altro si occupavano di inviare pacchi, con i mutandoni, le sigarette...C'era anche il modo di inviare soldi, quei magri soldi tolti dal magro bilancio familiare. Ci furono madrine sia di fede Italiana sia di Fede Austriaca e a loro va il merito di aver consolato un pò i nostri nonni.
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Re: Lettere a casa (e da casa)

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Riporto qui alcune note sul lavoro effettuato in Russia dai nostri "ragazzi" prigionieri. Ricordo che era stata data loro la possibilità di lavorare presso famiglie contadine o imprese varie.Tra il 1915 e il 1916 70.000 di essi furono occupati nella costruzione della ferrovia, di canali, in lavori di sterratura. Moltissimi morirono, il 40 % riportò gravi danni alla salute.
Molti altri uomini furono occupati nelle campagne in lavori agricoli o nelle miniere. Tanti, a causa del calore degli altiforni, si ammalarono agli occhi.L'orario era di 12 ore al giorno.

Varie sono le testimonianze...

Scrivo il testo di una cartolina scritta alla famiglia tramite la Croce Rossa dal triestino Michele Rocco.

<<Qui si trovano miliaia di morti di nostri, si mangia pure pane ed acqua, cure ai malati non ce ne sono, midicine non sono; quei uomini che ritornano, ritornano per miracolo, dormire sule tavole, sempre lavori di condana, sul sole che è furente dovere andare a morire nelle carceri.>>

Taskent, 1915


Silvio Viezzoli scrive invece, da Kirsanov:


<<Fuori neve che copriva tutto : noi sempre rinchiusi ammucchiati nelle nostre stamberghe su tavolati, a uno, due, tre ripiani, simili a enormi scaffali. >>

E Adriano Oliva , nel 1915:

Tambov, 1915

<<La stagione invernale stava per finire e già si sentiva la primavera. Perciò venivano i grandi proprietari terrieri, che ci prendevano a gruppi di due e tre, secondo la necessità. Ci portavano in campagna a fare dei lavori pesanti, trattandoci sempre con una cordialità e un rispetto che auguro a tutti. Io aravo, spalavo, facevo i soliti lavori da soma.>>

Più morbida la situazione di vita e la descrizione (però scritta dopo il ritorno a casa dalla prigionia, quando i ricordi si attenuano...) del lavoro di trentini e triestini che allego .

Immagine



La città dove si trovavano è Novy Zavod , nell'attuale Ucraina.Qui il lavoro consisteva nella costruzione di tetti, di lavori di falegnameria e carpenteria. L'ex prigioniero parla di triestini "professionisti"nei lavori di carpenteria, provenienti dai cantieri di Monfalcone.Anche i Trentini sanno lavorare il legno, abituati al lavoro nei boschi.
La voglia di vivere e l'ingegnosità emerge viva nella costruzione di strumenti musicali, da vendere o da usare nei rari momenti liberi serali. Da parte dei trentini ho spesso sentito narrare di triestini amanti della musica e del canto.

Se non si legge, posso copiare il testo...

Mandi


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Re: Lettere a casa (e da casa)

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Nel 1915 era diffusa a Trieste una canzone : " <<Sì,xe bele le biondine/de bon sangue triestin/ma le more xe più fine/le gà sempre più morbìn>>


E i ragazzi /soldati lontani sognavano e ripensavano alle loro fidanzate lontane. Essi le speravano fedeli e ne ricordavano l'aspetto e l' abbigliamento, ricordando i particolari più vividi, in particolare nelle lunghe sere in trincea , immersi nel fango.
I ragazzi soffrivano di vivere nel sudiciume e pieni di pidocchi,ed affrontavano ogni giorno l'orrore e la nostalgia di casa e degli affetti. . Nel frattempo, si stava affermando una qual forma di indipendenza femminile, di libertà di movimento e di lavoro, prima della guerra improbabili. E i soldati lontani faticavano ad accettarlo.


Fronte dell'Isonzo

27 novembre 1915

Mi sono messo a scriverti una lettera e l'ho stracciata, perchè non so cosa scriverti. Gli orrori delle ultime giornate m'hanno asciugato il cervello e e rovinati i nervi. Non vedo l'ora di uscire da questo inferno; non ne posso più.

F.

28 novembre 1915

Nei combattimenti ho avuto fortuna, perchè sono vivo, e disdetta, perchè sono illeso.

F.

17 giugno 1916

Sei davvero molto brava ed io non merito la tua bontà. Con le Tue idee riguardo l'indipendenza, non sono affatto d'accordo. E' inevitabile che causa la guerra una gran parte delle cariche prima coperte dai maschi, vengano ora occupate dalle donne. Ma ce ne sono tante di femmine che proprio non è necessario che pure tu diventi impiegata. Se sapessi che suono brutto ha la parola "impiegata" per noi giovanotti.! Io non l'approverei, ma che tu v'andasti pure!
A casa troverai abbastanza d'occuparti e se non sai cosa fare, suona.

F.

23 settembre 1916 , Innsbruck, K.uK. Reservespital

So che mi vuoi bene lo stesso, vero? Come stai? Ho inteso che Trieste è rimasta senza acqua. E che gli aereoplani vengono a farvi visita spesso. Non potresti parlare con tuo padre per andare via di lì?

F.

26 gennaio 1917

Sono di nuovo in trincea.
Mi scrivi d'averti fatto un nuovo abito. Non potresti descriverlo? Se sapessi che desiderio ho di vederti, di tenerti tra le braccia e darti tanti baci finchè chiederai grazia.
Ah, se potessi trasformarmi in una lettera e vederti con la Tua veste bianca a righe rosse!

F.
1 maggio 1917

Se io fin'ora non scrissi che cartoline, era per mancanza di carta; ma a Trieste credo che ve ne sia abbastanza. Non m'arrabbio, perchè so che non fai apposta.
Dimmi un pò: perchè mi mandi cartoline così sentimentali? Cosa significa quella (ragazza) abbandonata sulla sponda dell'acqua? Sovrappiù è bionda e sai che le bionde non mi piacciono. L'unica mia simpatia è una brunetta birichina, qualche volta con idee sentimentali. Ha tre riccioli sulla fronte; porta al collo una catenella con medaglione, ha una blusetta bianca con collare di pizzo. La conosci tu? Io le voglio tanto bene. Dì alla brunetta che scriva più a lungo.

Tanti tanti tanti baci F.



Alla fine dell'estate 1917 F scioglierà il fidanzamento e al ritorno a Trieste , a fine guerra, i due corrispondenti non si sposeranno, purtroppo.


Da " Lettere d'amore e di guerra".


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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da mandi_ »

Il 20 maggio 1915 il triestino Emilio Stanta fu inviato a combattere nelle file dell'esercito austroungarico , sul fronte russo. Egli venne arruolato nel 97° Reggimento di fanteria, aveva 18 anni , il tempo degli innamoramenti e degli sguardi furtivi di quei tempi.Il tempo delle stupidaggini con gli amici. Cercate di ricordavi i vostri 18 anni...
E un ragazzotto venne invece mandato alla guerra...
Egli scrisse in un diario i suoi sentimenti, al battesimo del fuoco...
" Correndo incontro alla trincea nemica non vedo più nulla che le gambe del mio compagno Marussic, nel moto della corsa. Mi meraviglio di vedere sempre, in quegli attimi, quelle gambe correre, pensando ora si fermano, ora si piegano e cadono, poi mi fermerò e cadrò anch'io.
La tensione dei nervi fa sì che siamo diventati degli automi e qualunque comando, qualunque ordine viene eseguito senza pensare minimamente di fuggire da quell'inferno, senza ribellarsi.
L'orribile scena di morte che si presenta ai miei occhi , non mi procura alcun senso di dolore, passo oltre insensibile come se il mio cervello non funzionasse più, avvertendo solo che il fischio dei proiettili sembra lontano da me.
In tale stato di subcoscienza resto finchè giungo lontano, dove la terra è coperta solo da radi steli di frumento e da erbe aromatiche.
Molti ne sono caduti dei nostri. Degli Italiani mancano Sassich, Lantieri – che così ha finito il suo tormento- e Gomisel. "


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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da babatriestina »

questa è una cartolina del febbraio credo 1917 e non avevo badato al retro, pensando che fosse una delle tante della collezione di fiori di montagna che raccoglieva papà e teneva in un cassetto della scrivania
Immagine
poi ho letto il retro, che ho ingrandito e che vi riporto, è papà che scrive da Voitsberg, Stiria, alla nonna. la cartolina è aperta e quindi leggibile dalla censura:

Cara mamma. Ti mando questa cartolina colla preghiera che me la salvi perchè mi piacciono tanto quei fiori. Approfitto per

darti alcune notizie culinarie che forse t'interesseranno. Ieri hanno ammazzato il porco nel nostro locale ed ho mangiato,

figurati del fegato alla veneziana che non mi piaceva una volta, dovevi vedere che nettata di piatto! Così oggi polenta e

trippe, ma ahimè quando il pranzo è così, povera cena, capucci cotti nell'acqua senza condimento e basta. Se invece il

pranzo è più misero, allesso, arenga, allora la cena è potente: caffè però senza zucchero ma 3/4 di litro! Addio mamma.


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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da mandi_ »

Mi commuove sempre molto leggere queste lettere, perchè penso a quel che dev'esser stato scrivere, comunicare con la propria madre e non poter dire troppo quel che pensiamo, perchè vien letto dalla censura. E allora si parla di cibo, così almeno la mamma capisce che mangi qualcosa e che sei vivo.
Quell" addio, mamma" è molto triste...e rassegnato, dati i tempi.
Bellissimi i fiori. Sono fiori che si trovano anche nel Carso?


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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da babatriestina »

mandi_ ha scritto: Bellissimi i fiori. Sono fiori che si trovano anche nel Carso?
sono le orchidee dette scarpette della Madonna ( Cypripedium) le ha pure postate Sum in forum, ma non crescono in Carso, ma in montagna a quote più alte. Forse se dalle tue parti sali un poco, le trovi. papà amava i fiori di montagna. io le ho fotografate in gita un paio di volte.
Se è del 17, papà aveva 18 anni, se è il 18, allora ne aveva 19..


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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da mandi_ »

Dalle mie parti le scarpette della madonna le trovo ovunque, sono molto diffuse, ma più piccole, soprattutto le foglie. Questo tipo della foto appartiene a specie di alta montagna, che ho meno occasione di osservare e penso che ora siano protette.

Con questa cartolina postale penso che tuo padre abbia voluto ripensare ai momenti felici, in cui poteva dedicarsi ai suoi interessi, come ad esempio l'osservazione dei fiori.

18 anni...

Approfitto per segnalarvi questo sito : http://www.fsfi.it/collezioni/astolfi_01f.htm

Io l'ho trovato molto interessante , perchè pur essendo un sito dedicato solo a francobolli, dà spiegazioni e soprattutto contiene post card delle vostre parti, riguardanti la prigionia in Russia e Siberia e il ritorno a casa...


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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da mandi_ »

Vi mostro questa post card. Quando la guardo, penso davvero al Ponte Trento Trieste. Ma nel senso più vero, per me.
Cioè i nostri nonni e padri giovanissimi erano là,a Kirsanow, lontanissimi da casa. Futuri nonni e padri di Trieste, Friuli, Istria, Trentino.Erano tutti assieme. Molti rimasero lì, nelle terre gelide o sui campi di battaglia.

Questi uomini, i Kirsanower, avrebbero fatto qualsiasi cosa per tornare a casa: anche tornare a combattere, e in questo senso va interpretato il "in attesa di compiere il nostro dovere". Ma tornati, nel 1916- 1917 molti non lo fecero. Trovarono un lavoro tra Genova, Milano e Torino finchè la guerra finì. La maggior parte di loro potè tornare a casa sua agli inizi del 1919.
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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da mandi_ »

Inserisco una parte di un diario letto recentemente. La parte che cito è stata scritta da un soldato dei Battaglioni neri in Siberia.
10 febbraio 1920, Tientsin
Noi siamo ancora qui, ma presto, ci hanno detto, partiremo anche noi , fra 10 giorni al massimo. Ma che sia vero che noi dobbiamo andare via da queste...terre esotiche? Rimpatriare noi? E' possibile? Si può credere, ci si può illudere ancora dopo tante disillusioni provate? Non succederanno altri contrattempi? Vedremo noi il mare? Sbarcheremo in Italia? Rivedrò la mia città natale che non vedo da cinque anni? Città ora italiana e non più austriaca? Vedrò la mia famiglia? Sembra impossibile, eppure dovrà avverarsi un giorno...
Chissà con quale ansia la famiglia mi aspetta: ma forse si sono abituati alla mia lunga assenza e ormai non ci fanno caso, forse non ci pensano più al mio arrivo...e sarò forse un intruso...Spero di no e poi fa lo stesso, basta che io possa vedere ancora una volta la famiglia e possa riabbracciare la mia cara mamma.
Ho già riportato ampiamente in altro topic la storia dei Battaglioni neri in Siberia, e non ripeto.
Mi ha fatto piacere finalmente leggere un diario integrale scritto da un Triestino.
Si chiamava BASILIO WAIZ, figlio di Giuseppe, nato a Trieste nel 1897; nel 1915 risiedeva a Capodistria per frequentare le Scuole Magistrali, abitando presso una famiglia del luogo.

Il diario( scritto dopo il ritorno dalla Siberia nell'aprile 1920) inizia con l'attentato di Sarajevo, la chiamata alla Leva nel maggio 1915,l'abbandono degli studi, il raduno nel piazzale della Caserma Grande per il giuramento, la sosta a Radkersburg per la visita di leva, la frequenza alla scuola per Ufficiali, l'arruolamento nel Rg. 97,la partenza, la vita di guerra al fronte, con l'offensiva Brusilov nel giugno 1916.
Continua con la prigionia in Russia in vari campi ed in particolare a Darnitsa e Juzofka, nel Governatorato di Jekaterinoslaw a nord del mar Nero.
Il nostro Basilio entrò in contatto con la Missione italiana, desiderava tornare da Kirsanow, Archangelsk...giunse a Kirsanow ed arrivò nel febbraio 1917 a Volodga nel tratto ferroviario Mosca- Archangelsk ma, come affermò nel suo diario:
A Volodga ci avvicinò il tenente Baccich, volontario fiumano, che aveva il compito di organizzare il nostro rimpatrio in Italia. Ci parlò della ritirata di Caporetto , fece un discorso per darci coraggio. Noi, addolorati, per dimostrar il nostro amor patrio ci volemmo arruolare per l'Italia. Ma Baccich continuò : "Dobbiamo arrivare a tutti i costi in Italia, però, spiacente, devo dirvi che non possiamo partire da Archangelsk poichè il viaggio viene a costare molto, il prezzo per ogni persona è favoloso.Perciò dobbiamo partire subito per la Siberia e fare il possibile per arrivare a Wladivostok...
Cosicchè Basilio percorse come altri migliaia di poveri prigionieri la transiberiana fino a giungere a Pechino, dove si arruolò nei Battaglioni neri il 1 agosto 1918,si diresse a Tientsin, da dove partì per andare a combattere a Krasnojarsk contro i bolscevichi, fino a tornare verso il 7 agosto 1919 a Tientsin in attesa della partenza. Vide partire la nave Nippon e rimpatriò con il piroscafo France Maru giungendo a Napoli e tornando in ferrovia a Trieste nell'aprile 1920.
Questa fu la sorte comune di migliaia dei nostri ragazzi.

Il diario è preciso e molto descrittivo nei riguardi dei luoghi dove Basilio si trovò a passare, compreso il viaggio di ritorno.
Tenendo conto che lui alla partenza era un aspirante ufficiale AU, da prigioniero ebbe un trattamento diverso dalle persone non graduate. Ricevette una paga e non subì la fame atroce degli altri prigionieri comuni, ma ricordava le staffilate subite.

Certo dovette soffrire tanto, anche perchè da quel che si intuisce nella lettura del diario, l'unico suo grande desiderio era quello di tornare a casa sua.

Quando scrisse le parole che ho riportate all'inizio, si avverte profondamente la sua disperazione e la sua incertezza.

Temeva che a casa si fossero scordati di lui, dopo 5 anni di lontananza. Pensiero comune a molti.

Nel suo diario ho trovato interessante anche questo: egli si chiamava Basilio Waiz e in questo modo firmò le sue prime lettere a casa. Durante la sua permanenza in Siberia chiese il cambiamento del cognome, volendo italianizzarlo. Gli fu negato, e gli fu detto che avrebbe potuto eventualmente farlo in seguito, in Italia. Nelle liste dei Battaglioni neri (quelle che vedo vennero scritte nel 1919) il suo cognome fu riportato come "Vais". In Italia chiese il cambiamento del cognome in "Bianchi". Perciò egli firmò il suo diario con il nome di "Sergente Basilio Bianchi".


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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da mandi_ »

Dal diario di Basilio voglio riportare anche questo, che mi sembra interessante. Prima però vorrei riportare un post de la Baba trovato sul Forum...
da babatriestina » 11/11/2009, 16:29
Me ricordo qualcossa del orso dela cartiera, povera bestia serado in cheba, ma no so nè come che el iera rivado nè che fine che el gabi fatto.
De quel dele Girandole no me ricordo., no credo de gaver visto.
Mama me contava che fra le do guerre ghe iera due orsi, forsi al Orto Botanico o me son insognada mi el logo, associandolo ale do scimiette dei anni 50, e i se ciamava Marco e Siberio.
In questo post si parla di animali, in particolare orsi, tenuti anni fa in chebe a Trieste.

Baba ricorda due orsi, Marco e Siberio.

Vi racconto la storia dei due orsi...come l'ho trovata sul diario di Basilio, su altri diari e sul Piccolo. Il luogo dove si trovava Basilio era Krasnojarsk, dintorni...e si era nel giugno 1919.
Al ritorno dal combattimento, durante una sosta nel bosco, io e alcuni soldati del mio plotone, scorgemmo un'apertura in una grotta nel terreno collinare e davanti degli orsi bruni. Erano tre, due piccoli e uno grande, tozzo. Immaginammo subito che l'orso grande fosse la madre. Aspettammo un pò e l'orsa si allontanò Noi allora ci avvicinammo ai due orsacchiotti piccoli, li accalappiammo e li portammo legati con noi in caserma a Krasnojarsk e da lì furono poi portati con noi a Tiensin al ritorno, prima della partenza per l'Italia.
Gli orsi furono trasportati a Trieste con la nave Nippon giunta il 2 febbraio 1920. Basilio partì invece da Wladivostok in febbraio arrivando in aprile.

Riporta il Piccolo del 10 febbraio 1920
"I volontari hanno portato con loro nella lunga navigazione il portafortuna dei Battaglioni, la coppia di orsi bruni Marco e Siberia, catturati circa un anno fa nella taiga siberiana ancora bambini di latte ed ora già grandicelli e vispi."

Continua Basilio :
Arrivati a Trieste noi volontari offrimmo le due magnifiche bestie alla città, che li alloggiò in una gabbia al Giardino pubblico, vicino ai caprioli, ai cervi e agli scoiattoli, che io vidi arrivato a Trieste.
Dopo alcuni anni il Comune, eliminando tutte le gabbie donò i due orsacchiotti Marco e Siberia al giardino zoologico di Roma. Quando mi recai qualche anno dopo a Roma, visitai il giardino zoologico e volli vedere i due orsi: in una gabbia però c'era soltanto Marco, Siberia non c'era più.
Qualcuno ha mai sentito parlare di orsi o altri animali in glaba al Giardin Pubblico? Che significa "vicino ai caprioli, ai cervi e agli scoiattoli"? E perchè il Comune eliminò le gabbie?

Io devo avere una foto degli orsi sulla nave. Avranno sofferto dal passaggio da un clima della taiga a quello di Trieste?


"E’ il tempo che hai perduto per la tua rosa, che ha fatto la tua rosa così importante"

Antoine de Saint-Exupéry
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sono piccolo ma crescero
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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da sono piccolo ma crescero »

Sto rileggendo il libro di Eric Hobsbawm, Il secolo breve. E' un libro di 700 pagine che fa una panoramica dal 1914 alla caduta del muro di Berlino. Per informazione corretta dirò che l'autore è uno storico di origini ebraiche, marxista, di origine austriaca e trasferitosi in Gran Bretagna nel 1933.

Leggo un'interessante analisi dei resoconti della censura austriaca (che spero sia vera e non indotta dalla sua posizione ideologica) sul cambiamento statistico delle frasi censurate:
Non c’è da stupirsi se i censori austroungarici che controllavano la corrispondenza dei soldati cominciarono a notare un cambiamento di tono. «Se solo il buon Dio ci portasse la pace» si mutò in: «Ne abbiamo abbastanza» o perfino in: «Si dice che i socialisti faranno la pace».

Non ci si deve stupire pertanto se, di nuovo secondo i censori absburgici, la rivoluzione russa fu il primo avvenimento politico dopo lo scoppio della guerra che trovò un’eco perfino nelle lettere delle mogli dei contadini e degli operai. E non c’è neppure da sorprendersi se, soprattutto dopo che la Rivoluzione d’Ottobre aveva portato al potere i bolscevichi di Lenin, i desideri di pace e di rivoluzione sociale si congiunsero: in un terzo del campione di lettere censurate fra il novembre 1917 e il marzo 1918 ci si aspetta la pace dalla Russia, in un altro terzo la si aspetta dalla rivoluzione e un altro 20 % si augura che la pace arrivi come conseguenza di entrambi i fattori.
Per la nostra comune amica Mandi, poi, che tanto ha studiato quello che successe alla fine della guerra, in Russia, aggiungo anche questa notizia (nuova per me), ma che non c'entra con le lettere:
un ammutinamento nella flotta francese sul Mar Nero ebbe l’effetto di bloccare l’intervento armato francese contro i bolscevichi nella guerra civile russa del 1918-1920.


Allora s’accorse che le parole fanno un effetto in bocca, e un altro negli orecchi; e prese un po’ più d’abitudine d’ascoltar di dentro le sue, prima di proferirle. (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. XXXVIII)
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babatriestina
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Re: Lettere a casa (e da casa)

Messaggio da babatriestina »

Riprendo l'argomento, perché ho trovato altro materiale a di roba familiare.
Stavolta è una fotografia mandata come cartolina a casa dal mio bisnonno materno:
per i suoi sentimenti irredentistici e mazziniani, venne internato nella prima guerra, e di là invia una foto alla moglie, rimasta a casa a Trieste, in via Carintia ( sic), nel giugno 1916
è una foto di gruppo in cui c'è lui e sul retro elenca soprattutto i nomi delle persone, alcuni triestini, altri goriziani, altri istriani...Immagine

sembra una foto cartolina normale, non fosse che c'è il timbro del confino, in rosso
Immagine


"mi credo che i scrivi sta roba per insempiar la gente" ( La Cittadella)

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