All'indirizzo
http://www.politicaonline.net/forum/sho ... hp?t=93356 (si tratta di un forum) ho trovato questo scritto che sembra preso dal Devoto:
Secondo il Devoto (G. Devoto, Gli antichi italici , Vallecchi, Firenze) e seguito in questo anche da Renato del Ponte in Dei e miti italici , si distinguono in Italia agli albori della storia tre componenti fondamentali: una preindoeuropea, una protolatina (o protoindoeuropea) e una propriamente italica (o neoindoeuropea).
Alla componente preindoeuropea (o prearia) apparterebbero gli Etruschi, i Liguri (esclusa forse la componente leponzia e ambronica che risentirebbero invece di un influsso indoeuropeo), gli Euganei-Reti (che lasciarono testimonianze scritte in alfabeto etrusco) ed una parte almeno degli enigmatici popoli alpini, i proto-Umbri, i Piceni (chiamati Asili e Liburni dalle fonti storiche), gli Elimi (forse di origine anatolica) ed i Sicani (di cui rimangono pochissime testimonianze archeologiche di probabile origine iberica) della Sicilia Occidentale, oltre naturalmente ai Sardi e ai Corsi.
Della componente protolatina o protoindeuropea sarebbero derivati i populi Albens (che diventeranno i latini), i Siculi della Sicilia centro-orientale (ma molti rimandano a componenti prearie per via della loro parentela coi Liguri), gli Itali nel sud della Calabria, oltre agli Ausoni-Aurunci del basso Lazio, gli Opici della Campania e agli Enotri della Lucania.
Del gruppo propriamente indoeuropeo fanno parte, oltre alle varie popolazioni celtiche, i Sabini (da cui deriverebbero i Picenti), Sanniti, Osci, Lucani, Bruzi e alcune popolazioni del versante tirrenico (Ernici, Equi, Volsci), oltre a minoranze illiriche stanziate in Puglia e verso la Basilicata (Messapi, Japigi, Dauni).
I Veneti (che si sovrapposero agli Euganei e ai Reti) oggi vengono considerati estranei al gruppo illirico ed aventi caratteri molto simili a quelli dei protolatini (il venetico era la lingua antica più simile al latino).
Dei Camuni della Valcamonica si è discusso se siano un popolo dai caratteri italici isolato a causa di successive invasioni della Valpadana da parte di Etruschi e Celti oppure se siano un popolo che abbia risentito di influenze celtizzanti la qual cosa appare oggi abbastanza probabile.
Tutto da verificare, ma è interessante che troviamo ulteriore conferma dell'influenza illirica in Puglia e Basilicata, celtica nel nord e centro Italia, sospetti e non conferme sugli antichi veneti. Un panorama all'apparenza molto complesso, ma che deve avere una sua logica nascosta molto più elementare (le migrazioni di popoli, per essere significative, dovevano essere massicce o sarebbero state subito arrestate dalla popolazioni trovate lungo il percorso).
Per ora resta l'ipotesi di alcuni grandi gruppi di popolazioni nel periodo pre-romano: a parte i Greci ben noti e i Celti, gli Illiri fanno la loro parte. Gli Etruschi non sappiamo ancora con certezza con chi metterli, come i Veneti antichi, gli Histri, forse i Liburni (qui gli storici hanno idee discordanti). Non dimentichiamo che nel Mediterraneo c'erano stati i Fenici e gli Egizi e, sia pur precocemente (per la nostra storia) scomparsi, gli Ittiti. Poi i famosi "popoli del mare" che però poteva essere un termine generico per indicare una alleanza (più o meno cosciente) tra popoli diversi. Delle cartine delle varie epoche potrebbero aiutare, ma tenendo presente che i confini dell'epoca sono puramente teorici, sia perché non esistevano "cartine dell'Istituto Geografico Militare" (non esisteva nemmeno la carta!), sia perché abbracciano periodi lunghissimi che avranno visto vraiazioni continue di confini e spostamenti di popolazioni.
E poi, alla fine, ha veramente senso parlare di confini? Possiamo immaginarci un valico di frontiera? Oppure una sorveglianza di territorio fatta da milizie regolari? O non piuttosto di centri abitati sparsi un po' ovunque, con qualche strada, spesso non controllata e frequentata da predoni. Quindi difficoltà di spostamento per il viaggiatore non protetto e non organizzato. Tutta la vita doveva pricipalmente svolgersi intorno e dentro ai centri abitati, nella speranza che non venisse qualcuno più forte o meglio armato con la volontà di impadronirsi delle terre e dei beni delle popolazioni preesistenti. Teniamo però anche presente che la densità di popolazione era molto più bassa, anche se problemi demografici del periodo postglaciale erano stati probabilmente la causa dell'abbandono dell'economia di caccia e raccolta cibo verso una agricola e di allevamento (la fase dell'agricoltura e dell'allevamento e cominciata nel Neolitico fra l'VIII e il VI millennio a.C.). Agricoltura ed allevamento hanno richiesto una dimora stabile e l'eliminazione o l'attenuazione del nomadismo. Hanno anche apportato dei beni che potevano diventare desiderio di preda per più o meno affamati vicini.
Infine secondo Ammerman e Cavalli Sforza (La transizione neolitica e la genetica di popolazioni in Europa) il processo di diffusione dell'agricoltura in Europa è di circa 1 km all'anno. Mi domando se questa velocità possa essere applicata anche ad altre forme di cultura in epoche diverse (fatte le debite proporzioni).
Tornando alla popolazione, si calcola che al sorgere dell'agricoltura la popolazione mondiale ammontasse in tutto a 5-10 milioni di abitanti, con una vita media di 20-25 anni. Nel 3000 a.C. si calcola fosse salita a 100 milioni di abitanti, per salire a circa 250 milioni al tempo della nascita di Cristo. Confrontiamo con i circa 60 milioni di abitanti attuali della sola Italia, i quasi 800 milioni dell'Europa (459 milioni di abitanti nell'Unione Europea) o i 300 milioni di abitanti degli USA.