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( ma.. iera lu quel che i contava che el ingrumava i fiori cascai dei funerai ( allora in via Pietà) per meterseli sula scrivania?)
Silvio Maranzana, 20 novembre 2010Per rifarsi agli ultimi vent’anni, è già curioso ricordare come il 24 marzo 1990 venga nominato al vertice dell’allora Ente porto, forse perché lo scalo era già ammalato, nientemeno un anatomopatologo: il professor Paolo Fusaroli. Certo, in quel momento non è ancora in vigore la legge 84 del 1994 che prevede per il vertice dell’Authority «esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale». Due anni e mezzo più tardi Fusaroli viene ”d eclassato” a commissario e Sergio Santoro è nominato commissario aggiunto. Il decreto di commissariamento fa decadere presidente, consiglieri di amministrazione e comitato direttivo. Luigi Rovelli (oggi presidente di Trieste porto servizi, la multiutility del porto) che era stato nominato direttore generale il 15 gennaio 1985 sotto la presidenza di Michele Zanetti viene licenziato in tronco dal commissario Fusaroli con effetto dal 6 novembre 1992. Con sentenza del giudice del lavoro del 26 settembre 1997, il licenziamento viene ritenuto ingiustificato e l’Ente porto deve sborsare a Rovelli un sacco di soldi: 12 mensilità per il mancato preavviso, più l’indennità supplementare nella misura massima prevista e cioé 27 mensilità, più interessi e rivalutazione e la metà delle spese di giudizio: fa la bellezza di un miliardo e 160 milioni di allora, cioé del 1997.
Il 30 marzo 1993 viene nominato un altro commissario: Achille Vinci Giacchi e Carmelo Lovecchio è commissario aggiunto. È Vinci Giacchi che decide l’assunzione di Marina Monassi (di cui a parte illustriamo la parabola tutta particolare) che il 3 gennaio 1994 entra come direttore generale. Altro anno, altro commissario: il 31 marzo 1994 viene nominato Giuseppe Romanò.
28 febbraio 1990 — pagina 9
TRIESTE La vedova allegra gorgheggia sul palcoscenico del Teatro Verdi. Lehar inebria palchi, platea e loggione. Tutto può apparire immutabile in questa città che, nella decadenza (120 mila pensionati su 240 mila abitanti), quasi sempre si avvita attorno alle melanconie asburgiche e agli orgogli del tempo che fu. Ma valzer e melodie hanno oggi un suono diverso. Sembrano quasi un inno di riscossa, non il solito bagno di rimpianti, il rituale ripiegamento nelle nostalgie. Trieste, seppure troppo bastonata per accendersi d' entusiasmo e troppo fatalista per sbandierare ottimismo, vive i giorni della grande speranza innescata dal crollo di quel che restava ideologicamente in piedi dell' antica cortina di ferro, dai terremoti politici all' Est, dall' ansia autonomistica della confinante Slovenia, tutta tesa verso l' Occidente. Trieste era l' isolata propaggine dell' Europa capitalista. Può diventare la porta di comunicazione, la camera di compensazione fra l' Ovest e l' Est, fra la Cee e l' area danubiana, balcanica. Il rapidissimo, magmatico evolversi della realtà potrebbe restituirle il suo perduto ruolo e trasformarsi in un prodigioso propellente per l' intera Regione Friuli-Venezia Giulia che già da tempo si è buttata a Est attraverso l' iniziativa individuale di alcuni imprenditori (fallimentare quella del calzaturiere Cogolo, ma vincenti quelle della Danieli e di Casagrande che da Pordenone è approdato a Cernobyl per le bonifiche) e l' ostpolitik della Regione con la rete dei rapporti istituzionali dell' Alpe Adria, sorta di alleanza con la Slovenia, la Croazia, la Baviera e tre Land austriaci. I
Anche l' Ente Porto rivendica scelte che, per la regia dell' ex presidente Michele Zanetti (ex perché, poche settimane fa, ha lasciato incarico e scrivania all' andreottiano Paolo Fusaroli, rettore dell' Università, professore di Anatomia patologica del tutto a digiuno di traffici marittimi e di managerialità), hanno anticipato la grande speranza. La nostra società finanziaria sta fornendo a Odessa l' assistenza e le tecnologie per la creazione di un porto franco, dice il direttore Luigi Rovelli, è un' alleanza recentissima. Ma da tempo guardiamo decisamente alla geografia danubiana per spezzare il nostro isolamento. Lo abbiamo fatto con tre accordi: Austria, Ungheria nel 1987 e Cecoslovacchia. Zanetti ha scommesso sulla politica di Gorbaciov. La storia gli ha dato ragione. Ma resta ancora molto da fare. Il porto è ancora al 50 per cento delle sue potenzialità. Viviamo un attimo fuggente. Se non lo ancoriamo a serie realizzazioni prima del 1993, prima del Mercato Unico, perderemo un' occasione irripetibile per Trieste
Vanno a rilento, invece, tre grandi opere portuali, determinanti per offrire prezzi competitivi (quelli di Trieste sono, comunque, i più bassi d' Italia) e servizi efficienti: il raddoppio del Molo Settimo, l' Adria Terminal e il Terminal Ro-Ro. Il bilancio delle infrastrutture è abbastanza consolante. Ma occorre intensificare gli interventi, dice Biasutti, e non vanificarli con una politica miope. Tre anni fa, Strauss ci disse che, se non fosse stato per le nostre tariffe ferroviarie e per gli intoppi doganali, Trieste sarebbe stato il porto fisiologico della Baviera per i commerci verso il Sud, verso il Giappone, l' Oriente. Sono decenni che chiediamo di riequilibrare quelle tariffe. Non è successo nulla. Risultato? La Baviera continua ad appoggiarsi ad Amburgo. Quando parlo di intelligente collaborazione fra Stato e Regione, mi riferisco a queste strozzature.
Ma occorre un progetto globale: una strategia mirata e non sminuzzata dalle spinte corporative. Non si comincia bene. La longa manus di De Michelis ha edulcorato la legge per le aree di confine che doveva corroborare la nostra specificità. L' ha estesa al Veneto, togliendo peso alla nostra Regione. Il non si comincia bene è di molti e alti sono i mugugni per quel confine che la legge sposta a suo piacere, prevedendo incentivi e sgravi fiscali (saranno riconosciuti alle società nel cui fatturato ci sia almeno il 20 per cento di export all' Est) anche in zone lontane dall' Isonzo e dal Carso.
utto il Paese deve crederci, dice Renzulli, ma soprattutto deve crederci Trieste che si è abituata a quel confine chiuso come alibi per vittimismi e assistenzialismo. Non sono più consentiti provincialismi, municipalismi e visioni limitate. Rispetto alla componente friulana della regione, Trieste è rimasta indietro nella voglia di guardare all' Est, di misurarsi in quelle realtà. La città è stata frenata dal contenzioso italo-jugoslavo, dice Roberto Viezzi, segretario regionale del partito comunista, mentre Udine, Pordenone, l' intero Friuli si aprivano a Oriente, Trieste si chiudeva nelle contrapposizioni etniche. E' vero che la Lista, il vecchio Melone ha perso metà dei suoi voti. Ma ha ancora un grosso peso e non siamo fuori dal tunnel. La classe politica e imprenditoriale non è all' altezza delle nuove possibilità. La città fatica a esprimere potenzialità. E' assai meno pessimista Franco Tabacco: Certo, c' è ancora la città delle nostalgie, dei malintesi nazionalismi, dell' assistenzialismo. Ma viene fuori una nuova Trieste consapevole che la sua prosperità nacque e può rinascere solo dalla cultura di frontiera, intesa come strumento di confronto, di comprensione fra le diversità, di apertura.
Quest' anno è in programma l' ingresso dei privati nella gestione del porto. Sono già molte le domande. E' il segno del risveglio dopo un lungo sonno. Trieste potrebbe competere con Vienna come piazza d' intermediazione verso l' Est. Ma occorre una classe imprenditoriale che catturi traffico con joint venture e partecipazioni. Adesso, aspettiamo che la sferzata acceleri il progetto Polis che, proposto dalla Fiat e dalle Generali, sta cuocendo nel bagnomaria delle diatribe politiche. Si tratta di un traguardo fondamentale per la modernizzazione del porto franco: borsa merci, servizi finanziari, bancari e assicurativi off shore.
No, penso che iera quel altro (no lo nomino anche perché el xe morto), che i ghe gaveva trovà anche un capoto de una morta nel studio e po' el gaveva avudo anche longhi giudiziari.babatriestina ha scritto:Oggi parte seconda, ghe ne xe soprattutto per Fusaroli![]()
( ma.. iera lu quel che i contava che el ingrumava i fiori cascai dei funerai ( allora in via Pietà) per meterseli sula scrivania?)
ben, no xe propio quel che volevo dir mi: co i ga fato el trattato de pase che conservava i punti franchi a Trieste no se gaveva assai ben le idee su cossa che saria deventada, el TLT iera za diviso in do parti e no i xe mai rivadi a riunirle- per cui ala fin i le ga divise per bon; l'Europa iera divisa in do del a cortina de ferro e dela guerra fredda, la comunità Europea iera una roba apena de insognarse. mi digo che adesso nel mondo atual, meterse a ragionar come se vivessimo nel 1947 xe anacronistico: quel che podeva valer allora, e che prevedeva Trieste come punto de snodo e servizio per stati che se vardava in cagnesco allora adesso no ga più senso, allora iera barriere doganali ovunque e adesso nela CE no le xe più.. anzi se dovessi al contrario armonizzar a livello europeo tante robe. insoma, 60 anni fa gaveva senso, adesso inveze serarse dentro in porto ( no i triestini, che del punto franco vivi fora, ma le ditte che ghe lavora dentro) xe serarse in muri medievali . Se xe fermo, per mi xe perchè o no i ga ancora capido se i pol far qualcossa dentro o perchè coi tempi che cori chi che no apartien a un'entità più grande ( nel nostro caso la CE che xe un colosso economico- e un nano politico) no ga speranze. ieri ghe iera l'assemblea dele generali. Grazie ale bocc eferme in Piorto Vecio, gavemo lassado che inveze del progetto Polis là i se traferissi e i fazessi tuto a Mogliano Veneto. Perchè gnanca le Generali in porto no ghe andava..Piereto ha scritto:Baba ga dito : "...el punto franco no solo xe in regime doganal speciale, ma no xe gnanche Italia e gnanca Comunità Europea: chi te vol che ghe paghi alora le linee de colegamento? per favorir un porto che ghe portassi via lavor ai porti italiani e europei?" Eco ,xe per questo che de sesanta ani xe tuto fermo,e i politici locali lo sa,e meno la gente ne parla meio xe per lori. .
quindi ti te disi che i se ga slargado solo perchè i iera pieni cioè i lo gaveva progettado tropo picio? mi gavevo come l'impression de gaver letto che iera qualcossa che no andava ben e che i pensava propio de spostar tuto in porto novo, ma no ricordo el motivo.Piereto ha scritto: El porto vecio ne la sua strutura con 4 moli za nel 900 el iera insuficente a tenir tute le merci ,e con l'avento de l'austroamericana se ga comincià a importar un saco de merci de l'america e semo ,go leto me par quasi un milion de tonelate, prima del 12.Xe per questo che se ga fato el porto novo e xe sta creada una nova società quela dei magazini generali.
questa me la ricordo,c he qualchedun diseva che rente de l'acqua no i podessi gnanca dar la multa , se te parcheggi, No go fato el esperimento. Però proprietà del porto, ma no xe puntofranco!Piereto ha scritto: Xe anche per questo che anche le rive,dove che noi caminemo e postegemo le machine,per i primi do o tre metri le xe proprietà del porto e no del comun..
eco, questa la gavevo sentida anche mi e me spiegava come che, in barba ale leggi italiane, i gavessi podudo privatizzarse comodamente el bagno Excelsior. Però no xe istesso per i moletti che le ville in costiera se gaveva fatto, che inveze là xe demanial e obbligo de lassar libero. Come xe che a seconda della zona cambia el trattamento? Dove e perchè sussisti ancora el ordinamento asburgico?Piereto ha scritto:E soto l'austria chi che iera paron de un teren che tocava el mar,o un lago ,el iera anche paron de la spiagia,o del lago. Per esempio el lago de Braies xe una proprietà privata. Le case del bagno ex -excelsior a barcola,le xe parone anche dele rive.No xe demanio maritimo. Mentre nel resto d' italia le spiagie xe proprietà del demanio.
co iero picia mi però de navi se ghe ne vedeva, e anche i cantieri lavorava ancora..Piereto ha scritto: Dopo la seconda guera el porto de trieste no gaveva nè le navi,nè le linee ,nè i trafici.Iera tuto blocà da la guera freda e dalla suddivisione tra due sistemi de vita e economici ,e la linea pasava a pochi chilometri via de trieste. E el porto iera franco e internazionale anche se mancava le merci.Me fermo qua per adeso.
Co i ga fato el TLT le idee jera ciare, xe dopo che le robe xe andade diversamente.babatriestina ha scritto:ben, no xe propio quel che volevo dir mi: co i ga fato el trattato de pase che conservava i punti franchi a Trieste no se gaveva assai ben le idee su cossa che saria deventada, el TLT iera za diviso in do parti e no i xe mai rivadi a riunirle- per cui ala fin i le ga divise per bon; l'Europa iera divisa in do del a cortina de ferro e dela guerra fredda, la comunità Europea iera una roba apena de insognarse. mi digo che adesso nel mondo atual, meterse a ragionar come se vivessimo nel 1947 xe anacronistico: quel che podeva valer allora, e che prevedeva Trieste come punto de snodo e servizio per stati che se vardava in cagnesco allora adesso no ga più senso, allora iera barriere doganali ovunque e adesso nela CE no le xe più.. anzi se dovessi al contrario armonizzar a livello europeo tante robe. insoma, 60 anni fa gaveva senso, adesso inveze serarse dentro in porto ( no i triestini, che del punto franco vivi fora, ma le ditte che ghe lavora dentro) xe serarse in muri medievali.
Piereto ga za spiegado in parte, ma volevo zontar che del Porto Novo l'Austria gaveva za progetado anche el molo settimo, e che el al 1914 la zona se ciamava Punto Franco Francesco Giuseppe.babatriestina ha scritto:Me piaseria anche che qualchedun me spiegassi ben per file per segno perchè za al principio del Novecento za l'Austria ga cominciando a pensar al Porto Novo e lo stava za cominciando.. cossa no andava ben nel vecio?
El tratamento diverso no dipendi dala zona, ma dala situazion giuridica iscritta al tavolare. Se un teren in riva al mar el jera za registrado al tavolare prima del 1923 (anno in cui le proprietà demaniali ex-asburgiche xe passade al demanio italian), alora quel pol esser restado privato fin a oggi, inveze quei tereni che jera za de proprietà pubblica o no registradi al tavolare, xe diventadi demaniali. E tanti de questi ancora oggi no esisti tavolarmente.babatriestina ha scritto:eco, questa la gavevo sentida anche mi e me spiegava come che, in barba ale leggi italiane, i gavessi podudo privatizzarse comodamente el bagno Excelsior. Però no xe istesso per i moletti che le ville in costiera se gaveva fatto, che inveze là xe demanial e obbligo de lassar libero. Come xe che a seconda della zona cambia el trattamento? Dove e perchè sussisti ancora el ordinamento asburgico?
iera lavorazioni in zona del attual porto Vecio? penso alla ferriera che i la ga fatta za in Porto Novo.Piereto ha scritto: I prodoti grezi po se ga comincià a lavorarli a Trieste,e posibilmente in porto per via del dazio.