Cambia l'ora legale. Confesso che non ho molta simpatia per questi cambi che mi danno fastidio. Quindi posso essere prevenuto. Comunque ...
Leggo sul
comunicato dell'ANSA che l'ora legale, secondo Terna, ci ha fatto risparmiare circa 613 milioni di kilowattora. Lo stesso numero (e lo stesso comunicato
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) si trova anche sul
sito web di Terna. (Per chi non lo ricordasse in Italia una volta la produzione e distribuzione della corrente elettrica era tutta in mano all'Enel. Poi ad un certo punto all'Enel è rimasta la produzione e a Terna la distribuzione dell'energia. Quindi Terna sa quante corrente elettrica si consuma in Italia.)
Torniamo, però, all'ora legale.
D'accordo, 613 milioni di kilowattora sono un numero grande, ma su quanto? Che risparmio ci porta in percentuale? Quanto consuma in generale l'Italia? Il risparmio è una briciolina o è qualcosa di rilevante?
Secondo wikipedia il consumo di corrente in Italia nel 2011 è stato di 348.302 Gwh, che sarebbero miliardi di watt ora. Se preferite la fonte diretta, i dati di Terna, interessanti perché molto analitici, li trovate qua
http://www.terna.it/LinkClick.aspx?file ... 8&mid=2501.
Ho però un problema: Terna dà i dati totali in Gigawattora, che sarebbero miliardi di wattora. Quando si parla di risparmi di energia i dati sono in milioni di kilowattora. Cerchiamo allora di rendere i dati omogenei: 613 milioni di Kwh sono 613 Gwh. Ed, in percentuale, sono lo 0,1759967% dei consumi, meno dell'1,8 per mille, ammesso che i dati sul risparmio siano veri.
E in termini di soldi. Quanto risparmio? Sull'articolo di wikipedia si dice che il costo di un Mwh al netto delle tasse è 165,8 € (165.800 € per Gwh). Insomma, quanti soldi risparmio? 165.800 x 613 = 101.635.400 €. Mah, se le cose stanno così, forse può valere la pena...
Però... se abolissimo l'ora legale, aumenteremmo i consumi di corrente ed aumenteremmo il PIL
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Allora s’accorse che le parole fanno un effetto in bocca, e un altro negli orecchi; e prese un po’ più d’abitudine d’ascoltar di dentro le sue, prima di proferirle. (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. XXXVIII)