Donne che lavoravano
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Re: Donne che lavoravano
Questa mula no xe triestina, ma rende l'idea e la xe del epoca...
Vedo riccioli neri e un pò de durezza. Adesso, forse, nesuno ci farebbe caso...Anzi, basar manina de averghe un lavoro
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Antoine de Saint-Exupéry
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Re: Donne che lavoravano
una curiosità: a Leopoli, in Ucraina, l'anno scorso, la maggior parte dei tram era guidata da donne mentre sugli autobus erano in maggioranza autisti uomini. Almeno così mi è sembrato in un quarto d'ora in cui aspettavamo il nostro bus in un posto con tante fermate di bus e tram. Chissà perchè?
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Re: Donne che lavoravano
Forse non ci ho mai fatto caso più di tanto, ma non credo di aver mai visto una donna che guidi un tram o un autobus. Per quel che me riguarda, ne ho già abbastanza de saper destreggiarmi in giro nel traffico co la me vecia careta, non mi sognerei mai, ma proprio mai di guidare un mezzo pubblico.
Dal punto di vista maschile, credo che i mas'ceti varda storto ancora desso na dona autista.
L'Ucraina, la Russia e la Cina ecc a quei tempi, in era sovietica, penso abbiano cambiato completamente il ruolo della donna e la sua figura , messa a lavorar al par dei mas'ci. Me impressiona ancora pensar a le ragazze cinesi con casacca e pantaloni de foggia maschil. Certo che pensar a le cinesi coi piedi fasciati dalla nascita me impressiona ancor di più.
Guidar tram o autobus: no me intendo: forse guidar e manovrar uno xe pu facile che guidar l'altro?
Dal punto di vista maschile, credo che i mas'ceti varda storto ancora desso na dona autista.
L'Ucraina, la Russia e la Cina ecc a quei tempi, in era sovietica, penso abbiano cambiato completamente il ruolo della donna e la sua figura , messa a lavorar al par dei mas'ci. Me impressiona ancora pensar a le ragazze cinesi con casacca e pantaloni de foggia maschil. Certo che pensar a le cinesi coi piedi fasciati dalla nascita me impressiona ancor di più.
Guidar tram o autobus: no me intendo: forse guidar e manovrar uno xe pu facile che guidar l'altro?
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Re: Donne che lavoravano
Come siano gli autobus in Ucraina adesso non lo so, però sessant'anni fa ti avrei dato la risposta:lo sterzo che, prima dell'introduzione del servosterzo, era molto pesante e richiedeva da parte dell'autista uno sforzo fisico notevole, soprattutto nell'uscita dalle fermate. Potrebbe essere rimasta questa distinzione come tradizione.babatriestina ha scritto:una curiosità: a Leopoli, in Ucraina, l'anno scorso, la maggior parte dei tram era guidata da donne mentre sugli autobus erano in maggioranza autisti uomini. Almeno così mi è sembrato in un quarto d'ora in cui aspettavamo il nostro bus in un posto con tante fermate di bus e tram. Chissà perchè?
Allora s’accorse che le parole fanno un effetto in bocca, e un altro negli orecchi; e prese un po’ più d’abitudine d’ascoltar di dentro le sue, prima di proferirle. (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. XXXVIII)
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Re: Donne che lavoravano
questa è una foto assi poco chiara, per tanti motivi, dalla privacy al riguardo nei confronti delle persone, ma in questa foto che presi in Cina nel 1986 la signora in centro seduta sulla panchina aveva ancora i piedi piccoli, segno che apparteneva in origine (immagino) ad una famiglia agiata che poteva permettersi una donna che non facesse niente in casamandi_ ha scritto:Certo che pensar a le cinesi coi piedi fasciati dalla nascita me impressiona ancor di più.
all'epoca le donne cinesi uscivano dal periodo maoista epotevano permettersi gonne e tacchi alti: ne approfittavano per portare minigonne, gambaletti al ginocchio, tacchi alti e camminare con quelli lungo la Grande Muraglia con le ginocchia piegate come aironi
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Re: Donne che lavoravano
Povere donne quante ne hanno passate...questa dei piedi poi mi sembra un'usanza tra le più crudeli e stupide.Pensare che erano le mamme stesse delle bambine a fare queste cose barbare...
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Re: Donne che lavoravano
Donne che lavoravano alla mensa dei poveri a Trieste. Loro preparavano pasti caldi per le persone più povere, tra cui donne e bambini.
Nel 1914 la Pia Casa dei Poveri assisteva circa 900 triestini poveri per conto della Pubblica Beneficienza.
Nel 1915 la Direzione dell'Assistenza pubblica comunale fu costretta a domandare l'intervento del Commissario Imperiale Strassoldo per sostenere l'aumento del bisogno della Pia Casa, che non riusciva da sola a sostenere il continuo arrivo dei profughi e dei bisognosi , a cui offriva in parte alloggio e un pasto giornaliero.
Lettera del 02/06/1915
"Finora si devono preparare 5.000 razioni di minestra e ed altrettante di pane.In brevissimo tempo però, specialmente in seguito ai nuovi richiami alla Leva ed al fatto che qui affluiscono grandi quantità di profughi, ai quali bisogna pur provvedere, la scrivente sarà costretta a confezionare almeno 10.000 pranzi."
Nel 1914 la Pia Casa dei Poveri assisteva circa 900 triestini poveri per conto della Pubblica Beneficienza.
Nel 1915 la Direzione dell'Assistenza pubblica comunale fu costretta a domandare l'intervento del Commissario Imperiale Strassoldo per sostenere l'aumento del bisogno della Pia Casa, che non riusciva da sola a sostenere il continuo arrivo dei profughi e dei bisognosi , a cui offriva in parte alloggio e un pasto giornaliero.
Lettera del 02/06/1915
"Finora si devono preparare 5.000 razioni di minestra e ed altrettante di pane.In brevissimo tempo però, specialmente in seguito ai nuovi richiami alla Leva ed al fatto che qui affluiscono grandi quantità di profughi, ai quali bisogna pur provvedere, la scrivente sarà costretta a confezionare almeno 10.000 pranzi."
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Re: Donne che lavoravano
La foto della mensa dei poveri è molto interessante per me, perchè offre molti spunti di osservazione : abbigliamento, pettinatura, modo di cucinare, utensili cucina ecc.Non so molto dell'argomento "Pio istituto dei poveri". Qualcuno sa più di me? SPMC aveva accennato in un topic ai "Benefattori di Trieste" ma poi l'argomento è andato a morire. Comunque nella foto vedo donne che lavorano...non so se a pagamento o per beneficienza...Ghe tornerem sora , spero col vostro aiuto...
A volte no se pensa che le persone delle foto hanno avuto figli e nipoti che poderia ricordar...
Mi son na curiosona, e no go pù mama, nona, e la me prozia centenaria xe un pò "persa". No me resta altro che domandar a altre done. Alora ieri ho sfidà la bufera de neve e son stata dalla parrucchiera a far en pò de restauro. Go domandà se la saveva qualcosa de quando ha scominzià a lavorar en zità pettinatrici done. La me parrucchiera mi ha detto di non saperlo, ma sentendo che mi interessavano le robe del passato ha cominciato a raccontarmi ricette de cibo de na volta.Mi però volevo saver la storia del so lavoro...
Ghera na siora tacada a mi, intenta a farse bella( ciò, sta siora xe nata nel 1929, ma xe ancora bella, de na bellezza semplice e vera e va dalla parruchiera a far la permanente per "esser a posto").
Sta siora, sentendo le ciacole, mi ha raccontato che lei a 17 anni andava dalla pettinatrice. Mi ha spiegato il luogo dove si trovava la "bottega del barber"ne la me zità e mi ha raccontato così :
"Era una stanza grande, con piastrelle bianche e pareti di legno scuro.L'ambiente era molto vecchio dall'aspetto, scuro. Da una parte lavorava el barber coi mas'ci, da l'altra lavorava so moglie, co le done.La pettinatrice se ciamava "Mariota", zovina, sui 25 anni.Era bravissima nel fare i boccoli. Ghera tuto un giro de spetegolezi, come deso. Non c'erano poltrone, ma semplici sedie per far accomodare. Per lavare i capelli usavano il catino e la brocca e l'acqua andavano a prenderla in una stanzetta vizina, no se ricordava da dove la prendevano. Per sugar i cavei la usava el casco.No se usava el fohn.Per fare i boccoli usavano un attrezzo cilindrico di ferro con manico di legno. Per scaldare la parte di ferro, l'attrezzo veniva messo sulla stufa.
La pettinatrice aveva imparato il mestier da so marì."
La signora che mi ha spiegato questo, mi ha raccontato che sua mamma non andava mai da una pettinatrice, ma altre donne sì .Da ragazza sua mamma usava al posto dei bigodini i "scarfozi del zaldo" (le foglie del granturco) o pezzi di sacchi della ghiaia arrotolati. Questo perchè sti materiali erano di consistenza dura, rigida. I primi arricciacapelli erano apribili e vi mettevano dentro le braci (come i ferri da stirar).
Taco ancora che en tempi de guera e per molti anni ancora el mester del barber era considerà n lavoro umile, sporco, perchè i/le lavoranti avevano a che fare con capelli sporchi, pidocchi ecc. Quidi disonorevole per le donne.
No esiste n'Albo dei barberi de Trieste?
A volte no se pensa che le persone delle foto hanno avuto figli e nipoti che poderia ricordar...
Mi son na curiosona, e no go pù mama, nona, e la me prozia centenaria xe un pò "persa". No me resta altro che domandar a altre done. Alora ieri ho sfidà la bufera de neve e son stata dalla parrucchiera a far en pò de restauro. Go domandà se la saveva qualcosa de quando ha scominzià a lavorar en zità pettinatrici done. La me parrucchiera mi ha detto di non saperlo, ma sentendo che mi interessavano le robe del passato ha cominciato a raccontarmi ricette de cibo de na volta.Mi però volevo saver la storia del so lavoro...
Ghera na siora tacada a mi, intenta a farse bella( ciò, sta siora xe nata nel 1929, ma xe ancora bella, de na bellezza semplice e vera e va dalla parruchiera a far la permanente per "esser a posto").
Sta siora, sentendo le ciacole, mi ha raccontato che lei a 17 anni andava dalla pettinatrice. Mi ha spiegato il luogo dove si trovava la "bottega del barber"ne la me zità e mi ha raccontato così :
"Era una stanza grande, con piastrelle bianche e pareti di legno scuro.L'ambiente era molto vecchio dall'aspetto, scuro. Da una parte lavorava el barber coi mas'ci, da l'altra lavorava so moglie, co le done.La pettinatrice se ciamava "Mariota", zovina, sui 25 anni.Era bravissima nel fare i boccoli. Ghera tuto un giro de spetegolezi, come deso. Non c'erano poltrone, ma semplici sedie per far accomodare. Per lavare i capelli usavano il catino e la brocca e l'acqua andavano a prenderla in una stanzetta vizina, no se ricordava da dove la prendevano. Per sugar i cavei la usava el casco.No se usava el fohn.Per fare i boccoli usavano un attrezzo cilindrico di ferro con manico di legno. Per scaldare la parte di ferro, l'attrezzo veniva messo sulla stufa.
La pettinatrice aveva imparato il mestier da so marì."
La signora che mi ha spiegato questo, mi ha raccontato che sua mamma non andava mai da una pettinatrice, ma altre donne sì .Da ragazza sua mamma usava al posto dei bigodini i "scarfozi del zaldo" (le foglie del granturco) o pezzi di sacchi della ghiaia arrotolati. Questo perchè sti materiali erano di consistenza dura, rigida. I primi arricciacapelli erano apribili e vi mettevano dentro le braci (come i ferri da stirar).
Taco ancora che en tempi de guera e per molti anni ancora el mester del barber era considerà n lavoro umile, sporco, perchè i/le lavoranti avevano a che fare con capelli sporchi, pidocchi ecc. Quidi disonorevole per le donne.
No esiste n'Albo dei barberi de Trieste?
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Re: Donne che lavoravano
Son de corsa e cercherò de approfondir meio en seguito el me ragionamento...Questo topic è nato come inserimento ne "La guera mondial" ma potrebbe star bene anche in "veci mesteri". Solo che a me interessava parlar de quela linea sotile oltre la quale le done cominziava a lavorar no solo come casalinghe.Per mi la Grande guerra xe stada un spartiacque no da poco.
Per questo ho parlà anca de paruchiere femine.
Volevo far sol notar, intanto, che xe scarsisimi nomi feminil tra i personagi famosi o sulle lapidi - targhe a Trieste.
E volevo accennar a Emilia Manenizza, gestrice de n atelier fotografico e
Wanda Wulz. De la prima se dis che xe moglie di...
Per questo ho parlà anca de paruchiere femine.
Volevo far sol notar, intanto, che xe scarsisimi nomi feminil tra i personagi famosi o sulle lapidi - targhe a Trieste.
E volevo accennar a Emilia Manenizza, gestrice de n atelier fotografico e
Wanda Wulz. De la prima se dis che xe moglie di...
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Re: Donne che lavoravano
però ce ne sono un paio nei busti ( recenti) in Giardin Pubblico. Anche a quelli pensavo di dedicare un topic, magari ordinandoli cronologicamente.
Emilia Manenizza? Carneade, per me..
Emilia Manenizza? Carneade, per me..
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Re: Donne che lavoravano
In effetti di donne a Trieste cui è stata dedicata una lapide ce ne sono ben poche: a parte quelle due o tre benefattrici c'è solo Maria Teresa ed un busto della Pittoni in Giardino pubblico.
La Manenizza era forse la moglie di quel fotografo Penzo o Penco?
La Manenizza era forse la moglie di quel fotografo Penzo o Penco?
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Re: Donne che lavoravano
Letizia Fonda Savio !Nini Naridola ha scritto:In effetti di donne a Trieste cui è stata dedicata una lapide ce ne sono ben poche: a parte quelle due o tre benefattrici c'è solo Maria Teresa ed un busto della Pittoni in Giardino pubblico.
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Re: Donne che lavoravano
No ve parlo da femminista...ve prego, no ste giudicarme così...
Giudicheme solo na dona curiosa e ve prego, perchè questo me basta.
Son figlia de na sartina che desiderava eser na sartina, perchè giudicava bel sto lavoro. Me mama no ha podù eser na sartina dopo sposada perchè me papà no ghe l'ha permesso, volendo mantener la propria moglie a casa sua.
Me nona materna ga dovù lavorar, con en marì malado e ha dovù meter due fioi in orfanatrofio per poderlo far.Me nona ga lavorà in ospedal ex astroungarico, dai 25 anni in poi.
L'altra nona, moglie del nono de la Rusia, xe sempre stada casalinga e faseva ottime minestre che ricordo ancora.
Mi lavoro, ho sempre lavorà perchè i tempi xe cambiadi : oggi a le done de medio reddito ghe toca lavorar, a meno che no le se sposa qualchedun con tanti bori, roba che no me pias.Go do brazi anca mi.
Go parlà tant co le me done de famiglia, mama, nona, prozie, da dona a dona...ma sempre troppo poco.
Ma a voi penso ve interessa de Trieste...
Ve cito sto articolo:
http://guide.supereva.it/fotografare/in ... -a-trieste
Dove vien riportà che
In questo articolo si parla di una donna, Emilia Manesizza, come de na persona (le done xe anca persone) che gaveva un atelier de fotografia. Dopo se specifica el nome del marì, per no sbagliar. No so altro de sta dona, di questa Emilia così brava nel suo mestiere a quanto pare. Non so quando è nata, nè dove, nè se era viva durante la Guerra, nè che scelte fece. So solo che lavorò a Trieste come fotografa.
Stessa cosa de Wanda Wulz, nata nel 1903 a Trieste , di cui si trova parecchio in internet, ma de la stessa no so giudicar el lavoro...Dal 1928 alla morte del padre lei e la sorella Marion diventano titolari dello studio fotografico.
Speravo in voi...per maggiori spiegazion....
Giudicheme solo na dona curiosa e ve prego, perchè questo me basta.
Son figlia de na sartina che desiderava eser na sartina, perchè giudicava bel sto lavoro. Me mama no ha podù eser na sartina dopo sposada perchè me papà no ghe l'ha permesso, volendo mantener la propria moglie a casa sua.
Me nona materna ga dovù lavorar, con en marì malado e ha dovù meter due fioi in orfanatrofio per poderlo far.Me nona ga lavorà in ospedal ex astroungarico, dai 25 anni in poi.
L'altra nona, moglie del nono de la Rusia, xe sempre stada casalinga e faseva ottime minestre che ricordo ancora.
Mi lavoro, ho sempre lavorà perchè i tempi xe cambiadi : oggi a le done de medio reddito ghe toca lavorar, a meno che no le se sposa qualchedun con tanti bori, roba che no me pias.Go do brazi anca mi.
Go parlà tant co le me done de famiglia, mama, nona, prozie, da dona a dona...ma sempre troppo poco.
Ma a voi penso ve interessa de Trieste...
Ve cito sto articolo:
http://guide.supereva.it/fotografare/in ... -a-trieste
Dove vien riportà che
Il primo studio a utilizzare a Trieste la luce elettrica fu quello di Emilia Manenizza, moglie di Francesco Penco, anch’egli fotografo di vaglia e reporter di straordinari eventi storici. “Assunzioni artistiche, si eseguisce lavori con qualsiasi tempo - piazza della Borsa 7” si legge sulla pubblicità del loro studio.
In questo articolo si parla di una donna, Emilia Manesizza, come de na persona (le done xe anca persone) che gaveva un atelier de fotografia. Dopo se specifica el nome del marì, per no sbagliar. No so altro de sta dona, di questa Emilia così brava nel suo mestiere a quanto pare. Non so quando è nata, nè dove, nè se era viva durante la Guerra, nè che scelte fece. So solo che lavorò a Trieste come fotografa.
Stessa cosa de Wanda Wulz, nata nel 1903 a Trieste , di cui si trova parecchio in internet, ma de la stessa no so giudicar el lavoro...Dal 1928 alla morte del padre lei e la sorella Marion diventano titolari dello studio fotografico.
Speravo in voi...per maggiori spiegazion....
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- Iscritto il: dom 10 giu 2012, 17:32
Re: Donne che lavoravano
Ho trovato questo link del SIRPAC (Servizio Informatico Regionale del Patrimonio Artistico Culturale) con la scheda professionale di Emilia Manenizza
http://46.137.91.31/web/catalogazione/s ... D=1261&g=5
http://46.137.91.31/web/catalogazione/s ... D=1261&g=5
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Re: Donne che lavoravano
Guardando le date di nascita, matrimonio e morte c'è da chiedersi se furono nozze di "convenienza" con Francesco Penzo nato nel 1870.
Re: Donne che lavoravano
Te ringrazio infinitamente, sopratuto per no averme considerada come non vorrei esser considerada.La mia xe solo ricerca...
Trascrivo alcuni dati interessanti, affinchè non vadano perduti.
No son brava co numeri : corezeme...
Chissà chi era sto Marco Manesizza a cui era intestato lo Studio fino al 1895: padre o primo marito?
Xe sposada a circa 50 anni, ahem con en marì de 34 anni fotografo anca lu.
Xe morta (giovane) l'anno dopo che se xe sposada...
Questi xe pettegolezi de bassa lega...dai...
Ciò non toglie che abbia lavorato come proprietaria de atelier fotografico almeno dal 1895 fino alla morte e che la iera anca brava, a quanto par...
Trascrivo alcuni dati interessanti, affinchè non vadano perduti.
Manenizza, Emilia
Indicazione dell'attività lavorativa : E. Manenizza/ Atelier fotografico/ TRIESTE,/ Piazza della Borsa N.° 7
Luogo di nascita: Venezia, 31.01.1853
Nazionalità : Austriaca
Cambiamento di cognome in seguito al matrimonio con Francesco Penco: 30.07.1904
Data di nascita del marito : 1870
Luogo e/o periodo di attività:Trieste, piazza della Borsa, 11 III p. (30.12.1889/12.06.1902 )
Morte: Trieste, 27.11.1905
[lo studio è pubblicizzato a nome di Marco Manenizza fino al 1895]; piazza della Borsa, 7 (1902.06/ 1905.09.02); Corso, 9 (1905.09.02/ 1905.11.27) il decreto di cessazione è del 1905.12.07
Descrizione: Primo Stabilimento fotografico/ A LUCE ELETTRICA PER/ ASSUNZIONI ARTISTICHE/ E. Manenizza/ Atelier fotografico/ TRIESTE,/ Piazza della Borsa N.° 7/ Si eseguisce lavori con qualunque tempo/
Primo Studio a utilizzare a Trieste la luce elettrica
No son brava co numeri : corezeme...
Chissà chi era sto Marco Manesizza a cui era intestato lo Studio fino al 1895: padre o primo marito?
Xe sposada a circa 50 anni, ahem con en marì de 34 anni fotografo anca lu.
Xe morta (giovane) l'anno dopo che se xe sposada...
Questi xe pettegolezi de bassa lega...dai...
Ciò non toglie che abbia lavorato come proprietaria de atelier fotografico almeno dal 1895 fino alla morte e che la iera anca brava, a quanto par...
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Re: Donne che lavoravano
Marco Manenizza, fotografo di corte, Trieste 1847-1912-13
Ho trovato sul link dell'archivio del comune (anche molte foto di Emilia)
Molto probabilmente era il fratello e non il marito anche perchè, nella scheda meticolosa, avrebbero messo il cognome di nascita ...
Il giornalista Claudio Ernè dovrebbe saper molto sui fotografi di TS.
Adesso ti cerco il link dell'archivio
Ho trovato sul link dell'archivio del comune (anche molte foto di Emilia)
Molto probabilmente era il fratello e non il marito anche perchè, nella scheda meticolosa, avrebbero messo il cognome di nascita ...
Il giornalista Claudio Ernè dovrebbe saper molto sui fotografi di TS.
Adesso ti cerco il link dell'archivio
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Re: Donne che lavoravano
Ecco il link
http://biblioteche.comune.trieste.it/Li ... =manenizza
Ne ho dato una sbirciatina: sulla foto di sir Richard Burton "Atelier Rottmayer M.Manenizza fotografo di corte Trieste via SS. Martiri - sir Richard Burton in memoriam.
Quindi lo studio fotografico, nel 1890 (morte di Burton) non era ancora in piazza della Borsa. Presumo che la corrente elettrica sia stata adottata in quegli anni.
Penco è nato nel 1871 (e non 1870) ... sempre più diversità d'età fra gli sposi.
Una nota per Babatriestina che penso legga tutto: vi sono anche due foto delle scolaresche del Dante (ancora in piazza evangelica) del 1902.
http://biblioteche.comune.trieste.it/Li ... =manenizza
Ne ho dato una sbirciatina: sulla foto di sir Richard Burton "Atelier Rottmayer M.Manenizza fotografo di corte Trieste via SS. Martiri - sir Richard Burton in memoriam.
Quindi lo studio fotografico, nel 1890 (morte di Burton) non era ancora in piazza della Borsa. Presumo che la corrente elettrica sia stata adottata in quegli anni.
Penco è nato nel 1871 (e non 1870) ... sempre più diversità d'età fra gli sposi.
Una nota per Babatriestina che penso legga tutto: vi sono anche due foto delle scolaresche del Dante (ancora in piazza evangelica) del 1902.
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Re: Donne che lavoravano
Ma te sà che mi sto inveze pensando ala morte de ela, un anno dopo el matrimonio? Che la sia stada in stato "imbarazzante" come se diseva na volta? Pol darse, perchè le morti de parto iera frequenti. E non vedo improbabili anche restar incinta a 50 anni...Forse xe sposada per regolarizar na situazion e "meter en regola" el marì...e magari lasarghe l'atelier...ne le so intenzion...
Adesso vado a veder el link
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