I Triestini a Firenze collaboratori a La Voce

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rofizal
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I Triestini a Firenze collaboratori a La Voce

Messaggio da rofizal »

Dal vecio forum de Trieste Mia.
Mi meto qua (sul vecio iera soto "Epoca Asburgica"). Se no va ben spostelo pur.

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Da babatriestina on Wed, 12 Jan 2005 13:30

dedicato in particolare a Jo.
Un riassuntino iniziale, che ha permesso anche a me di inquadrare i dati, spero comunque di approfondire successivamente.
Anno 1908 Prezzolini a Firenze fonda una rivista culturale , oltre che letteraria, che durò nella sua prima versione fino al 1913. Molti furono i letterati che vi collaborarono: Croce, Gentile, Papini, Lombardo Radice , Amendola, Salvemini, Einaudi, Soffici,.. fece conoscere in Italia autori stranieri come Verlaine, Mallarmé, Apollinaire, Ibsen, Tolstoi...( ma vi confesso che non ho mai avuto sottomano un suo numero per controllare coi miei occhi- mi devo fidare delle antologie di critica letteraria).
Nel 1913 Croce e Gentile hanno dissensi, chiede e riapre in versione neoidealista la Voce sotto la direzione di Prezzolini e dal 14 al 16 ricompare in versione principalmente letteraria.
E i triestini? Attirati dall'atmosfera culturale fiorentina, si trasferiscono all'epoca a Firenze Giani e Carlo Stuparich, Slataper, Biagio Marin, Virgilio Giotti che frequentò l'ambiente di Solaria, altra rivista,...
NB poco prima della nascita della Voce, anche Saba nel 1905 1906 era vissuto a Firenze e successivamente aveva prestato servizio militare come cittadino italiano nel regio esercito.
Carlo e Giani Stuparich e Scipio Slataper ( anche Marin? non mi ricordo bene devo controllare) durante la guerra si arruolarono volontari nell'esercito italiano e Carlo Stuparich e Slataper vi persero la vita.
Rimangono le parentele toscane: Biagio Marin sposò una Marini toscana, un cui nipote Julia Marini sposò il figlio di Slataper, Scipio Secondo, morto anche lui nella seconda guerra mondiale.
Elody Oblath scrisse ferventi lettere a Slataper, ma poi.. sposò Giani Stuparich.
Julia Marini Slataper, morta una decina di anni fa, fu mia collega al Carli, credo che fu lei a contribuire con libri di famiglia alla sezione di storia patria della biblioteca. Mi raccontava che Biagio Marin aveva un bel caratterino!
Ulteriori contributi saranno graditi.
aggiungo qualche foto, fra i busti del Giardin Pubblico. Inizio con Slataper, che viene indicato come "volontario giuliano" e nemmeno un cenno come scrittore, evidentemente l'autore della base del cippo non amava Il mio Carso.

(continua...)
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Messaggio da rofizal »

(continuazione)

Da tirabaralla on Wed, 12 Jan 2005 19:23
Grazie Baba...ero completamente ignorante in proposito ed apprezzo questa "infarinatura" che mi aiuta ad inquadrare le cose.
Un bacino :-*


le tre amiche dei vociani
by babatriestina on Tue, 18 Jan 2005 08:29

continuo un po' coi vociani, ma mi sembra - per Sergio- che si potrebbe spostare il tutto nella zona Personaggi anche se siamo in epoca asburgica, anche perchè poi la storia va avanti fino alla seconda guerra.
Adesso parliamo un po' delle tre amiche- posto "in lingua", in quanto si tratta di argomento più divulgativo che una chiacchierata dialettale fra amici

Le tre amiche dei vociani triestini

Elody Oblath, Anna Pulitzer alias Gioietta, Luisa Carniel Slataper alias Gigetta.
Le tre amiche triestine, compagne di scuola sono legate da amicizia fra loro e da legami di amicizia e poi matrimoniali coi vociani. Anna si suicidò a 19 anni sparandosi con un pistola nel 1910. Elody scrisse moltissime lettere a Slataper, fidanzato e poi marito di Gigetta, raccontandogli i propri pensieri, i propri sogni, ammirando e commentando Il mio Carso. Slataper nel 1913 sposa Gigetta e nel 1915 Elody li raggiunge a Firenze, nel 1914 aveva conosciuto i due Stuparich.
Slataper e gli Stuparich si arruolano volontari italiani nella prima guerra, Slataper muore il 3 dicembre 1915 e suo figlio Scipio nasce postumo. Carlo Stuparich muore il 30 maggio 1916 e Giani è fatto prigioniero il giorno dopo. Elody era fidanzata con Giani Stuparich e lo sposò al termine della guerra.
Gigetta allevò il figlio e si occupò della cartoleria Smolars che era azienda di famiglia, morì nel 1969.
Elody e Stuparich ebbero 3 figli, nel 44 vennero entrambi imprigionati in Risiera da cui furono liberati per intervento del vescovo Santin e del prefetto Coceani . Successivamente ci fu una divisione fra i coniugi, Giani morì nel 61 ed Elody nel 71.
ed eccovi Giani Stuparich, sempre in Giardin Pubblico.

*** FINE ***
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Messaggio da babatriestina »

Grazie per avermelo ripescato, in effetti più che storico è letterario, per cui lo sposterei in zona scrittori.
Come lo rileggio, lo trovo abbastanza secco, ma forsi voleva esser solo che un spunto per cominciar a parlar de sti nostri scrittori.
Gavè leto qualcossa de lori? su Trieste, diria , oltre al Mio Carso de Slataper che za parlavimo in un post, gavè leto Trieste nei miei ricordi de Stuparich? Val la pena...
tante robe saria de contar de sto gruppo... la morte de Carlo Stuparich e la lettera che ghe ga scrito Giani Stuparich co i ga avudo el muso roto de proporghe de cambiar cognome... ( son una medaia de oro italiana al valor militare, a mio fradel i ghe ga intitolado una scola e voi me proponè de cambiarlo????)

Anni fa i gaveva fatto una mostra "Intellettuali di frontiera" su sto argomento: el catalogo xe molto ben quotado ( me son trovada a valutarlo per un inventario)


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Messaggio da babatriestina »

co scrivevo sta roba no conossevo, o no iera ancora , wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Elody_Oblath


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Messaggio da macondo »

Saria posibile, copyright permetendo, meter qualche poesia e/o prosa de questi scritori triestini?


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Messaggio da babatriestina »

macondo ha scritto:Saria posibile, copyright permetendo, meter qualche poesia e/o prosa de questi scritori triestini?
Poesia xe roba de Biagio Marin, per Giani Stuparich, oltre alla voce in Wiki
http://it.wikipedia.org/wiki/Giani_Stuparich
te ga questo:
http://it.wikiquote.org/wiki/Giani_Stuparich
ma xe solo un per de frasi dei sui ricordi de guerra.
De Slataper go riportado le frasi famose del Mio Carso

wikiquote porta solo che una
http://it.wikiquote.org/wiki/Scipio_Slataper
che per mi però, messa cussì fora contesto , no me par la sintesi del libro
palpio gaveva dado questo link

http://www.liberliber.it/biblioteca/s/s ... /index.htm
da cui ve copio el famoso incipit:
a Gioietta



Parte prima

Vorrei dirvi: Sono nato in carso, in una casupola col tetto di paglia annerita dalle piove e dal fumo. C'era un cane spelacchiato e rauco, due oche infanghite sotto il ventre, una zappa, una vanga, e dal mucchio di concio quasi senza strame scolavano, dopo la piova, canaletti di succo brunastro.
Vorrei dirvi: Sono nato in Croazia, nella grande foresta di roveri. D'inverno tutto era bianco di neve, la porta non si poteva aprire che a pertugio, e la notte sentivo urlare i lupi. Mamma m'infagottava con cenci le mani gonfie e rosse, e io mi buttavo sul focolaio frignando per il freddo.
Vorrei dirvi: Sono nato nella pianura morava e correvo come una lepre per i lunghi solchi, levando le cornacchie crocidanti. Mi buttavo a pancia a terra, sradicavo una barbabietola e la rosicavo terrosa. Poi son venuto qui, ho tentato di addomesticarmi, ho imparato l'italiano, ho scelto gli amici fra i giovani piú colti; ma presto devo tornare in patria perché qui sto molto male.
Vorrei ingannarvi, ma non mi credereste. Voi siete scaltri e sagaci. Voi capireste subito che sono un povero italiano che cerca d'imbarbarire le sue solitarie preoccupazioni


poco sotto, sempre prime pagine:
allora credevo in Dio e pregavo ogni sera: "Padre nostro che sei nei cieli", e poi stringevo gli occhi, stavo fermo fermo, pensando soltanto quella persona che desideravo Dio amasse. E questo era pregare. E pregavo per la mia bella Italia, che aveva una grande corazzata, la piú forte del mondo, che si chiamava Duilio. La nostra patria era di là, oltre il mare. Invece qui, mamma chiudeva le persiane alla vigilia della festa dell'imperatore, perché noi non s'illuminava le finestre e si temeva qualche sassata.
Ma l'Italia vincerà e ci verrà a liberare. L'Italia è fortissima. Voi non sapete cos'era per me la parola "bersagliere".


e questo xe el altrettanto famoso finale:

E levan l'ancora i grossi piroscafi nostri verso Salonicco e Bombay. E domani le locomotive rintroneranno il ponte di ferro sulla Moldava e si cacceranno con l'Elba dentro la Germania.
E anche noi ubbidiremo alla nostra legge. Viaggeremo incerti e nostalgici, spinti da desiderosi ricordi che non troveremo nostri in nessun posto. Di dove venimmo? Lontana è la patria e il nido disfatto. Ma commossi d'amore torneremo alla patria nostra Trieste, e di qui cominceremo.
Noi vogliamo bene a Trieste per l'anima in tormento che ci ha data. Essa ci strappa dai nostri piccoli dolori, e ci fa suoi, e ci fa fratelli di tutte le patrie combattute. Essa ci ha tirato su per la lotta e il dovere. E se da queste piante d'Africa e Asia che le sue merci seminano fra i magazzini, se dalla sua Borsa dove il telegrafo di Turchia e Portorico batte calmo la nuova base di ricchezza, se dal suo sforzo di vita, dalla sua anima crucciata e rotta s'afferma nel mondo una nuova volontà, Trieste è benedetta d'averci fatto vivere senza pace né gloria. Noi ti vogliamo bene e ti benediciamo, perché siamo contenti di magari morire nel tuo fuoco.
Noi andremo nel mondo soffrendo con te. Perché noi amiamo la vita nuova che ci aspetta. Essa è forte e dolorosa. Dobbiamo patire e tacere. Dobbiamo essere nella solitudine in città straniera, quando s'invidia il carrettiere bestemmiante nella lingua compresa da tutti attorno, e andando sconsolati di sera fra visi sconosciuti che non si sognano della nostra esistenza, s'alza lo sguardo oltre le case impenetrabili, tremando di pianto e di gloria. Noi dobbiamo spasimare sotto la nostra piccola possibilità umana, incapaci di chetare il singhiozzo d'una sorella e di rimettere in via il compagno che s'è buttato in disparte e chiede: "Perché?".
Ah, fratelli come sarebbe bello poter esser sicuri e superbi, e godere della propria intelligenza, saccheggiare i grandi campi rigogliosi con la giovane forza, e sapere e comandare e possedere! Ma noi, tesi di orgoglio, con il cuore che ci scotta di vergogna, vi tendiamo la mano, e vi preghiamo d'esser giusti con noi, come noi cerchiamo di esser giusti con voi. Perché noi vi amiamo, fratelli, e speriamo che ci amerete. Noi vogliamo amare e lavorare.


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Messaggio da babatriestina »

Per le poesie de Biagio Marin, che go scoperto abastanza tardi, andando a Grado, el ghe ne ga scritte tantissime, e forsi le più bele no xe le prime, ma le più tarde. Anche se el scriveva un ottimo italian, e el ga lavorado a Trieste, e el ga lassado molte prose, le sue poesie xe in un suo particolar dialetto gradese, che una volta abituai sona dolcissimo.
Fra tante poesie, ve copio una che me piasi tanto, la xe del 1967, raccolta El mar de l'eterno:

Signor,

fame murî d'istae
longo disteso sul sabion d'un dosso
soto del baso del maestral comosso
che, sora 'l dosso, el passa a refolae;

fama murî d'istae
magari in leto cô fa za matin
e fora dei barconi va 'l burin
distuando le stele 'ndormensae;

fame murî d'istae
vardando a note el rîe del firmamento,
le stele inamorae
che cage zo col vento;

che posso arde e pùo brusâ con ele
e pêrde la gno vita in tanta luse
che sensa dî parola, la conduse
al de là de le stele.


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