triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

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Rawa Ruska
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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da Rawa Ruska »

Purtroppo non sono riuscita a trovare le liste degli ex prigionieri , tornati da Arcangelo(Russia) a Genova tra il 1916 e il 1917. So solo di aver visto migliaia di nomi, scritti su singole schede, con persone arrivate da Kirsanov domiciliate a Torino e Milano per molto tempo
Mandi, il 21 agosto 2010 scrivevi quanto sopra. Parli di liste viste, cortesemente potresti indicarmi dove?

Grazie, Rawa Ruska


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

Caro Rawa , che piacere! Da quando mi sono appassionata a questo argomento, sono diciamo due e più anni che mi sto dedicando alla ricerca dei nominativi delle persone che si trovavano a bordo di tutte le navi che hanno trasportato gli ex prigionieri. E' un lavoro capillare, che ha richiesto la visione degli Archivi di Stato di Trento, Trieste, Milano. Ovviamente nel Trentino ho più occasione di visitare Archivi anche di piccoli paesi ed ho trovato maggiore quantità di nominativi, rispetto a quelli di Trieste e Friuli.
Sto dedicandomi anche alla ricerca di diari inediti e oggetti e foto di quel periodo.
In conclusione, i nominativi per me più difficili da trovare sono quelli delle liste dei Kirsanover tornati da Archangelsk, perchè questi prigionieri sono tornati tra il 1916 e il 1917 e non hanno potuto tornare tornare a casa loro per un certo tempo, come certo saprai.
Le liste dei nominativi delle persone rifugiate a Genova, Milano e Torino fino al 1918 , non esistono o per lo meno io finora di integrali non ne ho trovate,anche se so che sono esistite

Ciao Mandi.


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

Mi sono sempre chiesta come può essere stato quel che è stato fotografato in bianco e nero o color seppia.
A volte può risultare difficile, quando son trascorsi tanti anni. Nelle foto che osservo e a volte ho inserito nel Forum, ci sono spesso delle Chiese e qualcuna mi ha dato la possibilità di collocare con sicurezza un fatto in un determinato luogo.

Questa è la Church of Intersession Virgin Mary di Vladivostok , oggi . La potete confrontare con quella in bianco e nero del post precedente . Le cupole sembrano risplendere, malgrado i grattacieli circostanti sempre più invasivi.

Immagine

Si intravede appena il mare...Quello tanto guardato dai nostri ragazzi di allora...
Mandi


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da sono piccolo ma crescero »

Ma sei sicura che sia la stessa? Perché io la vedo molto diversa anche comne struttura. Se è la stessa l'hanno rifatta in maniera piuttosto pesante.


Allora s’accorse che le parole fanno un effetto in bocca, e un altro negli orecchi; e prese un po’ più d’abitudine d’ascoltar di dentro le sue, prima di proferirle. (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. XXXVIII)
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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

In effetti hai proprio ragione. Di quella in bianco e nero sono certa, ed anche del nome di allora. Cercherò di capire meglio dove sta l'errore .
Ciao Mandi


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

Questa mi sembra proprio la Chiesa giusta . Ho rimediato, spero, ma eventualmente correggetemi. Per la precisione forse il nome della Chiesa non era stato citato in modo esatto dai testi che ho letto.
Devo dire che le chiese Russe sono splendide.Con questo post concludo il mio racconto e spero di non avervi annoiato troppo.

Ciao Mandi
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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

Mi son come Pinocchio e a volte digo picie busie tipo no intervenir più nel topic, ma anca me pias meterghe el nas e il puntino sulla i. Non è che per caso la foto della chiesa in bianco e nero corrisponde alla chiesa piccola, che non deve essere tanto piccola,e vista in diversa prospettiva, nella foto " dove avevo sbagliato" in cui si vede la chiesa enorme al centro della foto ? Provè a da uno sguardo alla chiesa più piccola, insomma...

Mi date un parere ?


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

DEFINITIVO (grazie ad un aiuto...) :

La Chiesa fotografata durante il funerale è la Cattedrale dell'Assunzione, a Vladivostok.

Cattedrale dell’Assunzione

La costruzione iniziò nel 1886 sotto la responsabilità di un comitato di lavoro.
Il 6 dicembre 1889 il vescovo di Kamchatka Guryci consacrò la Cattedrale di Vladivostok in memoria dell’Assunzione della Beata Vergine.
Il costo, escluse campane e icone, fu di 142.989 rubli.
Sotto il dominio sovietico, su decisione del Comitato esecutivo del Comune di Vladivostok il 28 agosto 1932 la Cattedrale dell'Assunta è stata prima chiusa e poi demolita nel 1938. È stata ricostruita nel 1997 con dimensioni ridotte.
funerali vittime insurrezione 17-18 novembre 1919.jpg
funerali vittime insurrezione 17-18 novembre 1919.jpg (105.46 KiB) Visto 3597 volte
Questa è la foto che avevo inserito del 1919, con i funerali delle vittime del novembre 1919
chiesa dell'Assunzione.jpg
chiesa dell'Assunzione.jpg (76.39 KiB) Visto 3597 volte
In questa foto la chiesa si vede meglio, in un'altra occasione.

la distruzione (2).jpg
la distruzione (2).jpg (59.17 KiB) Visto 3597 volte
Questa è la Chiesa che venne demolita.
chiesa attuale.jpg
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E questa è la Chiesa come è oggi.


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

L'altra Cattedrale che avevo segnalato, ma frainteso, è anch'essa interessante , oltre che stupenda. Vale la pena di fare una riflessione su queste chiese distrutte...

Chiesa dell’Intercessione

La costruzione della Chiesa iniziò nell’aprile del 1900 su iniziativa del vescovo Eusebio. Nonostante la mancanza d’acqua nei pressi (doveva essere portata da lontano con secchi in spalla), grazie alla numerosa manodopera soprattutto di muratori cinesi che erano fuggiti dalla rivolta dei Boxer, nel settembre del 1902 ci fu la consacrazione e la presentazione ai fedeli. Le spese totali della costruzione furono di 117.800 rubli.
Come da risoluzione del Consiglio Comunale di Vladivostok il 20 agosto 1932 la chiesa dell'Intercessione è stata chiusa e completamente distrutta nel 1935.
È stata ricostruita nel 2007 con caratteristiche simili all’originale.
Cattedrale della.jpg
Cattedrale della.jpg (52.71 KiB) Visto 3595 volte
Questa era la Cattedrale dell'Intercessione.
Cattedrale dell'Intercessione.jpg
Cattedrale dell'Intercessione.jpg (95.03 KiB) Visto 3595 volte
Questo fu l'abbattimento della Cattedrale.
Cattedrale attuale..jpg
Cattedrale attuale..jpg (77.21 KiB) Visto 3595 volte
Questo è l'aspetto attuale.
Benedizione Campane.jpg
Benedizione Campane.jpg (29.48 KiB) Visto 3595 volte
E questa fu la Benedizione delle campane.


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

A poco a poco i nostri ex austroungarici ritornarono a casa loro, in territorio divenuto italiano .Ci fu chi riuscì a farlo nel 1916, altri nel 1917, altri nel 1918 / 1920. Tornarono in treno o in nave e spesso si avventurarono in itinerari di fortuna.L'euforia del ritorno fu presto dimenticata, di fronte alla conta dei parenti morti o alle case distrutte dai bombardamenti. Iniziò la lunga e dolorosa via dell'emigrazione, per chi non riuscì a trovare un lavoro. Vladivostok fu a lungo favoleggiata, fino a diventare un mito cui pochi credevano. Però il nome di questa città è rimasto impresso, inconsapevolmente, nelle menti e nei ricordi dei discendenti di quegli uomini.
Ma molti non tornarono. Le famiglie a casa, reduci dai campi profughi austroungarici , continuarono ad aspettare i loro cari e inviarono lettere su lettere al governo italiano per cercare di stimolare nuove ricerche. Fu mandato, dopo molte sollecitazioni, del personale in Russia e in Siberia alla ricerca di quegli uomini spariti nel nulla. Le madri e i padri non volevano che si smettesse di cercare, non volevano rassegnarsi.La ricerca durò fino al 1926.
Però ben pochi furono rintracciati e molti di loro ormai si erano costruiti nuove famiglie e non volevano tornare. Alcuni rientrarono in Italia, abbandonando là in Russia mogli e figli. Pochissimi riuscirono a portare con sè dopo il 1920 le spose russe, creando nuovo dolore.

Riporto qui una storia singolare, letta sul giornale istriano on line "Isola nostra". E' molto circonstanziata e la giudico molto verosimile, dato le informazioni implicite date, non conosciute da tutti.

Insomma, molti dei nostri , secondo me, si sono sparpagliati in luoghi lontani, non dando più tracce di sè.


PROVENIVA DA "ISOLA D'ISTRIA" E CONCLUSE LA SUA VITA NELLA "ANTARTIDE
".

Che noi Isolani non fossimo nuovi arrivati a quelle latitudini,lo sapevo sin da quando,nella Terra del Fuoco, ebbi occasione di ammirare il cippo commemorativo della spedizione Bove-Lovisato del 1883-84;ma che mi sarei trovato fra i geli dell’Antartide a tu per tu con un Isolano, sia pure di Malìo,nel 1933-34 proprio non ci avrei mai pensato.

E così ebbi l’occasione di conoscere un raro “tipo” di Isolano. Mentre scambiavo quattro chiacchiere con il vecchio amico Sorensen, responsabile di quella fattoria e che sapeva di dove ero originario, questi, indicandomi un uomo che lavorava lì vicino, mi disse: “Quello è il lavoratore più tenace che abbiamo qui nell’isola, e credo sia nativo delle tue parti. Per aver sposato una donna norvegese, è cittadino norvegese; nei registri però figura nato sotto
l’Austria-Ungheria, ma lui dice che la terra dove è nato appartiene all’Italia”. Punto dalla curiosità, ovviamente lo volli conoscere, e Sorensen lo chiamò.
“Rasputin!” E l’uomo venne verso di noi: in fede mia, era l’immagine vivente del famoso monaco russo del tempo degli zar! Alto, tarchiato, con la lunga barba rossiccia (fra quelle genti è di malaugurio radersi la barba finché durava la campagna),era una figura che impressionava.
Sorensen gli parlò in norvegese,e nella sua risposta sentii la parola “Istria”. Allora io, nel nostro dialetto: “De che paese te sòn?” Rasputin spalancò gli occhi e mi guardò quasi incredulo
senza rispondermi. Dovetti insistere: “Ma de qual paese dell’Istria te son ti?” – “De Isola” mi disse con una pronuncia marcatamente slava. “Anche mi son de Isola” gli risposi, ma la sua incredulità aumentava, e ad altre domande che gli feci mi rispose con monosillabi.
Lo invitai perché più tardi venisse a bordo a bere un bicchiere di vino con me. E così alla sera nella mia cabina, davanti ad una bottiglia di vino argentino, “Rasputin” perse ogni diffidenza e mi raccontò la sua storia, tutta un’odissea anche se a lieto fine.
Si chiamava Antonio (e qui un cognome slavo che più non ricordo); soldato del 97° Reggimento di fanteria austriaco, fu fatto prigioniero dei russi sul finire del 1914, e, dopo esser passato per diversi campi di concentramento, venne destinato in Siberia, dove lo colse la rivoluzione del 1917 e la susseguente guerra civile che si scatenò in quel paese.
Mentre si trovava in Siberia,venne a sapere che una missione militare italiana raccoglieva i prigionieri irredenti, ma lui, nella sua diffidenza di contadino,non solo non si presentò ma si nascose, credendo che gli italiani fossero venuti per rimandarlo in guerra contro l’Austria. Poi le vicende della guerra civile lo portarono a combattere con i “bianchi” contro i “rossi”, poi con i “rossi”contro i “bianchi”, per unirsi poi ad una masnada di russi e di exprigionieri che, al dire di Rasputin, se ne ciapava i bianchi i ne fusilava, e se ne ciapava i rossi i ne impicava! – Dunque,eravate dei briganti? – No, no’ ierimo briganti, ma anca noi dovevimo magnar...Ed una notte, insieme ad un ungherese, abbandonò la banda e sconfinò in Finlandia; ma le autorità di questo paese non li accettarono, anzi pretendevano di rimandarli in Russia. Allora, attraverso i boschi e aiutando i boscaioli per un po’ di cibo, arrivarono
ad un accampamento vicino alla frontiera norvegese;con le prime nevicate però i boscaioli ritornarono ai loro paesi,lasciando loro un po’ di cibo. Più tardi l’ungherese si ammalò, ed una notte s’accorse che il suo compagno era morto. Rimase solo. Sapeva però che oltre alla frontiera vi era un paesotto: tentò così di raggiungerlo, ma lo colse una bufera di neve e di notte si smarrì.
Si era già rassegnato a morire quando scorse una luce nelle tenebre. Si avvicinò: era una cascina di contadini norvegesi. Sentì delle voci che cantavano inni religiosi, bussò e gli aprirono.
Erano tre donne, un vecchio ed un bambino, che lo accolsero amorevolmente. Era la notte di Natale del 1919. Più tardi seppe che il vecchio, dopo averlo messo a letto, radunò la famiglia per dire loro: “In questa santa notte il Signore ci ha mandato quest’uomo per metterea prova la nostra pietà”.
Dopo qualche mese di letto e curati i piedi dal principio di congelamento, cominciò ad aiutare la famiglia nelle faccende domestiche, dimostrando,quando in aprile venne il disgelo,tutta la sua capacità di contadino con la zappa e con l’ascia, tanto che il vecchio,prima di morire, lo volle vedere sposato con una figlia (l’altra figlia con il bambino raggiunse il marito emigrato nel Nord America). Così gli fu anche facile legalizzare la sua situazione.
Ed ora era già la terza campagna baleniera che veniva a fare alle Shetland del Sud, ed aveva già raggranellato abbastanza corone per comperare altra terra, parché i do fioi ven grandi e la tera che ga lassà el vecio la xe poca.
Questo è il racconto che ho provato a mettere assieme, raccontoche, frammischiato a molti òstrega e a parole in norvegese,mi ha fatto questo raro e pittoresco tipo di Malìo laggiù ai confini del Mare di Weddel nel lontano aprile del 1934. Racconto che, letto forse da qualcuno, servirà
forse ad identificare questo Toni de Malìo.

(da Isola Nostra n.° 46 – agosto 1969)
Aristide Pugliese


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

Un Ungherese...


Quante volte, un poco annoiata, ho abbreviato una lunga parola in una sigla : A.U. Lo facevo perchè dovevo, infatti l'Impero era denominato Austro Ungarico. Ma il mio pensiero era diretto solo verso la A. , cioè l'Austria.
Vi confesso che non ho mai pensato all'Ungheria, per ragioni umane, perchè mi sono occupata di riscoprire una parte di Storia che riguarda la regione in cui vivo e la terra in cui vivete voi Triestini. Mi piace leggere i diari e le lettere scritti nella lingua che parlo e comprendo.
Ma là, nella sconfinata Russia, eravamo in tanti e parlavamo lingue diverse. In trincea eravamo tutti assieme, poi in prigionia siamo stati divisi secondo la lingua che parlavamo e anche secondo l'identità di appartenenza che dichiaravamo.

Moltissimi Ungheresi seguirono la nostra stessa sorte . Oggi vi vorrei parlare di uno di loro, un poeta : Géza Gyòni, nato nel 1888 a Pest.
Gìoni aveva inizialmente idee interventiste e nazionalistiche ed era partito volontario, uno dei tanti che partì cantando verso la guerra, senza sapere cosa fosse e pensando che sarebbe terminata presto.

Ma a Przemysl si trovò davanti a un inferno, nell’autunno del ’14. Nella cittadina fortificata del fronte nord-orientale, dopo il fallimento dell’offensiva austriaca sui Carpazi, caddero in mano ai russi il 22 marzo 1915 quasi 120.000 uomini; austriaci, ungheresi, italiani dell’Istria, del Trentino e di Trieste, ecc.: soldati tutti dell’impero multinazionale e plurilinguistico.

E anche per Géza Gyòni iniziò nel marzo 1915 la dura prigionia Siberiana: , Kiev, Mosca, Pietroburgo, Omsk ed infine Krasnojarsk, dove morì di stenti nel 1917.
Ci ha lasciato diverse poesie , dove espresse il suo dolore e la sua rabbia verso la guerra.

CANZONE DEL SOLDATO UNGHERESE
In rosso fiammante
la cima delle colline polacche.
Ti vedrò una volta ancora
campanile del paese natio?
Si aprirà ancora per me
il battente di una finestrella?
Potrò ancora specchiarmi
nei suoi dolci occhi?

Porti la mia lettera
l’ala del tubante piccione,
al mio amore
nella bella Ungheria.
Dica a voce alta:
non soffro proprio di nulla!
Dica sommessamente:
il mio cuore si spezza!

Dica a voce alta:
sulla felce di bosco
veglia in armi
il suo sonno dolce e tranquillo.
Dica sommessamente:
mi vesto di rosso sangue;
al suono dell’Ave Maria
recita una preghiera per me.

Przemysl, settembre 1914

MIRACOLI
Ogni giorno mi sveglio per un nuovo miracolo:
vivo ancora, da non credersi, incolume.
L'orecchio sente e gli occhi vedono
e il viso prova le gelide fitte del vento.

Ogni giorno mi sveglio per un nuovo miracolo:
E vivo ancora, oh meraviglia di bontà!
Ascolto: rombano di rabbia le colline.
Guardo: fiamme impennacchiano il bosco.

Guardo: sul prato i cuccioli di ferro di micidiali cannoni
buttano all’aria le tane delle talpe.
Sopra, un uccello meccanico spintona le stelle
e sento risuonare un grido di trionfo.


Przemysl, 3 ottobre 1914


POESIA FUNEBRE

Sia una collina in patria o una fossa straniera,
su cui cresca il prato della mia triste tomba,
questo annunci al viandante
una scritta consunta sul logoro legno:

Felice, tu che passi; anche per te
ha sofferto il morto che qui giace.
Sanguinose battaglie hanno innalzato la sua fama,
ma è stato solo un uomo.

Krasnojarsk, 1916

Mandi


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da Rawa Ruska »

Bravo Mandi. Quando accompagno comitive sul Monte SAn Michele e dintorni non manco mai di leggere loro poesie di Gyoni e brani da lettere di soldati Magiari. Il S. Michele non è solo Ungaretti...

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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

E allora, Rawa, perchè non ci regali una lettera o una poesia che ti piace?
Sono d'accordo anch'io che la guerra è stata mondiale...
Volevo aggiungere che Gyoni aveva un fratello prigioniero come lui a Krasnojarsk, morto purtroppo in prigionia. Gjoni non si riprese più moralmente dopo la perdita del fratello e diede segni di squilibrio mentale, finchè anche lui si arrese alla morte.
Ai parenti delle vittime durante la prigionia in Russia, in generale, arrivava una notifica che affermava che il loro congiunto era perito per malattia o ferita. Ma le ferite dell'anima?
Ho letto di una moglie che ha strappato la notifica di morte del marito. Si rifiutava di crederci.
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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

E allora riporto io una lettera che mi ha preso il cuore.

Ho letto con commozione e stupore questa lettera e la voglio condividere con i miei amici del Forum che hanno compreso lo spirito di questo lungo viaggio nel passato non troppo distante.
Viviamo in tempi dove molti valori e sentimenti sono stati perduti ed è per questo che mi è piaciuta questa corrispondenza, che sembra quasi impossibile in quei tempi così difficili.
Questa lettera è stata scritta da una moglie, dopo aver ricevuto una foto del marito prigioniero, e in ogni sua parola traspare l'amore e la nostalgia, al di là del tempo e del luogo.
Guerino era un maestro e prima della sua partenza nel 1914 aveva dato quattro figli alla moglie Anselma.


Spiazzo Rendena, 6 gennaio 1915

Ino mio, ricevetti iernotte Tua lettera(quando fosti di guardia) e la fotografia.
Non potevi farmi un regalo maggiore. Ho aspettata io la posta che giunse quasi alle 11 e quando t'ho scorto non ho potuto più guardarti. Non posso dirti cosa ho sentito.
Mi pareva sentirmi l'anima trapassata da mille raggi dolcissimi e da mille spine acute.
Il tuo volto è così mesto che mi produsse un'impressione dolorosa; aggiungi il tuo vestito che che ha per me un fascino pieno di passione e mi fa rabbrividire dolorosamente quando penso che fu bucato da una palla che poteva toglierti per sempre alla vita quaggiù.
Hai sul viso l'espressione mesta, pensosa, quasi tragica , che nessun altro ha. E che fu ed è quella che mi colpisce profondamente fino a farmi sentire una specie di spasimo.
E' quell'espressione che anche da fidanzata mi faceva tremare e pensare ai misteri ch' io non comprendevo.
L'anima tua, vista così, attraverso quella tua espressione, sembra avere sempre in sé tutti i martiri e le dolcezze ed io mi sento piena di tremore quando sei così.
E' il volto che avevo sempre nella mia anima quando Tu eri in Galizia e che mi riempiva di dolcezza e di spasimo.
Nino, dimmi se soffri, ma dimmelo se puoi. La forza si può anche averla esprimendo il dolore. Dillo a me , Nino, a me che sono lo scrigno della tua anima.
Nino, io voglio che il tuo capo riposi sul mio petto. Voglio che tu sorrida, amore, Tu verrai ancora vicino a me che soffro per la tua lontananza : verrai ed io saprò farti dimenticare le Tue sofferenze morali di adesso. Nino, se Tu sentissi il mio desiderio di esserTi vicina...

Selma


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

Quanto mi piace la lettera che ho riportato...A volte mi meraviglio ancora rileggendo certe lettere o diari, per l'intensità dei sentimenti che traspare.

Volevo qui riportare un'informazione trovata.
Tutte quelle migliaia di uomini che arrrivarono a Trieste mi hanno sempre stupita, soprattutto per come sono stati dimenticati in fretta. Come è difficile trovare dei ricordi...
I dolori, i sacrifici, la sofferenza per la lontananza...tutto molto spesso dimenticato, spesso trattato come "Roba vecia"
La stessa cosa noto per la seconda guerra...
Trovo comunque gente che ricorda appassionatamente un padre morto in guerra, soffrendo per la perdita.
Noto però che adesso soprattutto si parla di recuperare trincee, più che ricordi.
Scusate, queste sono mie riflessioni, sapete come son fatta.

L'informazione che ho trovato è che furono scelti dei luoghi per concentrare i reduci di guerra numerosissimi pervenuti ,non solo dalla Russia, a volte laceri e rimasti in contatto con malattie epidemiche (e magari queste malattie si chiamavano potenziali idee bolsceviche o austriacanti).
Ho letto un documento che parlava di Prosecco e Tarvisio, due luoghi dove ci furono dei "campi di concentrazione" per Triestini ecc.
Un altro luogo fu naturalmente il Castello di San Giusto, sul quale ho letto un lungo articolo.

A Prosecco ci sono stata ed ho una vaga idea del luogo. Non è rimasta nessuna traccia ? Solo documenti sconosciuti ai più?
I Trentini furono concentrati in zone Trentine.
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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da babatriestina »

mandi_ ha scritto: Un altro luogo fu naturalmente il Castello di San Giusto, sul quale ho letto un lungo articolo.
racconta, racconta, di san Giusto, che non ne so nulla.
Pensare che a casa mia c'erano, come si può ben immaginare, lettere dalla prima e dalla seconda guerra, anche con un lutto nella seconda, ma gli interessati le hanno bruciate. probabilmente non desideravano che testi come quello riportato fossero resi pubblici, per una sorta di pudore dei sentimenti.
Son rimaste solo le cartoline e qualche lettera dei miei nonni a papà, ma essendo aperte sono molto generiche per timore della censura.


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

La guerra è guerra e sui libri di storia non si raccontano mai certi particolari .

Ma io ho notato che i giornali locali raccontavano parecchio.

Nei nostri giornali(trentini) si parlava pur in quel clima di passaggio dall'Au all'Italia, del problema dei "sospettati di essere austriacanti o bolscevichi" incarcerati in campi Italiani e si cercava di levare una voce per ottenerne la liberazione e il ritorno a casa. A poco a poco successe.

Ho trovato tracce di questo anche da voi. Il Piccolo del 1920 riporta quest'articolo , di cui riporto parte:
Una visita al campo dei prigionieri ex austroungarici



al Castello di San Giusto

Il campo di prigionieri al Castello di San Giusto sorto poche settimane dopo l'entrata delle truppe italiane, non ha mai avuto carattere di stabilità e il numero dei militari prigionieri che esso accoglie ed ha accolto provenienti tutti dalle altre parti del Regno è stato sempre fluttuante.
Al campo di San Giusto vengono trasferiti tutti i prigionieri austro ungarici della regione adriatica e tridentina.
Il numero dei prigionieri relativamente alto che il campo ha fino ad oggi ospitato è dovuto appunto al confluire dei prigionieri del Regno e non costituisce, come erroneamente si è creduto, la forza permanente ed effettiva del campo, la cui funzione è di smistare e mandare alle effettive residenze tutti quei prigionieri che dopo esplicate le pratiche riguardanti la loro posizione, ottengono il nulla osta per tornare alle loro case.
Trattandosi di un campo di smistamento di prigionieri in attesa di rimpatrio , è comprensibile come la sua attività (ch'è solo amministrativa e disciplinare) sia in correlazione e subordinazione a quella dell'arma dei Reali carabinieri le cui tenenze sparse nella Venezia Giulia hanno l'incarico di accertare la posizione politica , civile e giuridica di ognuno dei prigionieri, sia militare appartenente all'ex esercito austroungarico, sia internato civile sospettato o comunque indiziato come avverso al nuovo regime.
.....

Trattamento dei prigionieri

Nel campo di prgionieri di San Giusto sono accasermati circa 350 uomini, ufficiali e truppa, tra cui 200 prigionieri austro – tedeschi e ungheresi che sono in contumacia da 18 giorni – essendosi verificati casi di malattia contagiosa assai benigni- e saranno rilasciati il 10 corrente (anno 1920).

Abbiamo potuto constatare che le condizioni dei prigionieri sono assolutamente buone.
I prigionieri ricevono abbondante nutrizione.Il campo è stato rifornito in questi giorni di biancheria per i bisognosi .

E' ovvio che si tratta di posizione "italiana" e probabilmente dolcificata.
Lo riporto perchè parla del castello di San Giusto come luogo dove furono diciamo trattenuti per tempi vari molti ex austroungarici, anche reduci dalla Russia.

Gli ex prigionieri o semplicemente prigionieri catturati , dovevano essere collocati da qualche parte.
Poi venivano valutati (nel Castello o in Caserme)per ottenere il ritorno a casa loro (ottenere perciò il nullaosta per il rimpatrio). Rimpatrio voleva dire tornare nella "patria", cioè l'Austria o l'Italia.

Ricordo che i Castelli spesso furono usati per incarcerare persone. Ricordo che Battisti fu impiccato nel Castello del Buonconsiglio dagli AU. Cioè anche nei tempi AU si usavano i Castelli per incarcerare gente o peggio.
Anche a Trento ci furono Campi per detenere temporaneamente le persone nel periodo di "passaggio" .
Ci fu Katzenau,lager austriaco poi , per i detenuti irredentisti e politici, con molti morti e sofferenze.
La guerra, ripeto, è guerra .

Mandi


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

Questa immagine fu inviata dalla Russia da un prigioniero alla famiglia...Le scritte della Croce sono particolari....Qualcuno ne capisce più di me?
Io sono molto colpita dalle immagini e dal dolore che viene raffigurato ai piedi del Cristo ....


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Mandi


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da mandi_ »

Inserisco un ingrandimento della parte scritta, caso mai ci fosse qualcuno in grado di...

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Sarà certamente una preghiera....

Un amico mi fa notare che la croce è strana e particolare. La scritta in alto dovrebbe rappresentare la INRI. I caratteri, infatti, non sono cirillici! Se non sbaglio c’è scritto: i.N.U.i . La i e la N non esistono in cirillico, mentre la terza lettera U (con una gambetta in basso a destra) in russo corrisponde alla
z.
Sarebbe interessante sapere cosa significa... Forse è scritto in ebraico. La croce comunque è ortodossa, perché i piedi sono trafitti con
due chiodi e poggiano su una traversa. Nella croce cattolica i piedi di Gesù sono trafitti da un unico chiodo.
Inoltre a me piacerebbe sapere chi sono le Sante? raffigurate.

Ciao Mandi


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Re: triestini e trentini - rimpatrio dopo la guerra

Messaggio da babatriestina »

per il testo, proverò domani a chiedere ad un'amica che sa leggere il cirillico e mastica un po' di russo.

Per le "sante" :-D sono le due tradizionali immagini di tantissimi crocifissi medievali, e sono i due personaggi ai piedi della croce secondo il vangelo di san Giovanni: la Madonna e san Giovanni presentato come un giovanetto.
Il teschio ai piedi del crocifisso si trova pure nella maggior parte delle crocifissioni classiche, e fa riferimento al nome del Golgota, cranio. ma la pia leggenda, che si inventa sempre coincidenze, immagina che quello sia proprio il cranio di Adamo, sepolto propriò la ( ìn preveggenza divina, immagino!) e che ricevendo il sangue di Cristo, sorrida! lo si vede bene in alcune crocifissioni del beato Angelico.
Te ne mostro alcune immagini prese da crocifissi triestini:
questa è una croce processionale d'argento trecentesca, appartenente al tesoro di san Giusto, che era esposta alla mostra del Trecento al castello:
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e questo il dettaglio del san Giovanni
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approfitto per mostrarne altri due, sono una foto di una foto,anzi di una diapositiva!! perchè si tratta dei due Dolenti ( il termine tecnico se non mi sbaglio) di un Crocefisso dipinto appartenente al Monastero di san Cipriano, che di solito non è visibile se non in occasione di mostre
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