Mio papà me contava che sua nona diseva cusì: "Uno ovo ga la sostanza de un eto de carne de vedel. 7 mandole ga la sostanza de un ovo". E mio papà concludeva, ricordandose che in sofita i tegniva le mandole che i ingrumava de un albero che i gaveva in campagna, "Ara ti quante bisteche de vedel che go magnà in vita mia senza saver..."babatriestina ha scritto:...
però una volta un ovo iera un ovo, no digo un secondo ma quasi . Va ben che iera une vecia siora che diseva Mi a ala dona ghe dago per zena de magar un ovo, solo un...
Comunque, tornando ai ovi, co iero picio MAI più de un ovo al giorno perché fa mal. Come secondo in fritaia morbida o al ocio de bue; ala sera, anche ala coque. Crudo ala matina, in zavaion per merenda al dopopranzo. A mi crudo el me piaseva (ogi xe vietato per el ris'cio de salmonella): un buso un poco più grande co le forbici de una parte e un un poco più picio de l'altra e se lo beveva; mio cognà, invece, me contava che lui l'ovo crudo ciolto cusì no lo podeva sofrir: ghe pareva de basarghe el cul ala galina .
E ve ricordè co i ve dava i sulfamidici (sostituidi ogi dai antibiotici): guai a magnar ovi.
E per finir, vedemo cosa che conta dei ovi Pellegrino Artusi (testo ciolto da http://www.liberliber.it)
Pellegrino artusi - La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene ha scritto:UOVA
Le uova, dopo la carne, tengono il primo posto fra le sostanze nutritive. L'illustre fisiologo Maurizio Schiff, quando teneva cattedra a Firenze, dimostrava che la chiara è più nutriente del torlo, il quale è composto di sostanze grasse e che le uova crude o pochissimo cotte sono meno facili a digerirsi delle altre, perché lo stomaco deve fare due operazioni invece di una: la prima di coagularle, la seconda di elaborarle per disporle all'assimilazione. Meglio è dunque attenersi alla via di mezzo, e cioè: né poco, né troppo cotte.
La primavera è la stagione in cui le uova sono di più grato sapore. Le uova fresche si danno a bere alle puerpere e il popolo giudica sia cibo conveniente anche agli sposi novelli.
Ci fu una volta il figlio di un locandiere da me conosciuto, un giovinastro grande, grosso e minchione, il quale essendosi sciupata la salute nel vizio, ricorse al medico che gli ordinò due uova fresche a bere ogni mattina. Datosi il caso favorevole e sfavorevole, insieme, che nella locanda v'era un grande pollaio, ivi si recava e beveva le uova appena uscite dalla gallina; ma, come accade, il tempo dando consiglio, dopo qualche giorno di questa cura il baccellone cominciò a ragionare: «Se due uova fanno bene, quattro faranno meglio» e giù quattro uova. Poi: «Se quattro fanno bene, sei faranno meglio che mai» e giù sei uova per mattina; e con questo crescendo arrivò fino al numero di dodici o quattordici al giorno; ma finalmente gli fecero fogo, e un forte gastricismo lo tenne in letto non so quanto tempo a covar le uova bevute.