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JOSEPH VON SONNENFELS

L’opera di accentramento politico ed economico intrapresa dai Monarchi asburgici nei loro territori ereditari dopo la fine del secolare pericolo turco fu un strumento potente di modernizzazione contro tutti i residui particolaristici di origine medioevale. Perché l’opera potesse avere esito favorevole era necessario però che lo stato potesse valersi continuatamente di una ingente e certa base finanziaria e per poter ottenere tale flusso costante il governo doveva favorire in ogni modo le attività commerciali ed industriali.

Di questa visione strategica generale fu tra tutti il più consapevole Joseph Lipmann, barone “von Sonnenfels”, per lunghi decenni la più influente “testa pensante” dello “illuminismo asburgico”. Figlio di un rabbino moravo convertito al cristianesimo, fu senza dubbio una delle personalità più singolari della storia austriaca, se non vogliamo spingerci a condividere gli entusiasmi dello storico oxfordiano C. A. Macartney, autore di una degli studi più importanti sugli Asburgo, che lo definisce una delle personalità più singolari “forse della storia intera”.

La sua famiglia, originaria della Germania settentrionale, era emigrata nei domini austriaci poco prima della sua nascita, avvenuta a Nikolsburg nel 1733. Dal padre, Perlin Lipmann, dotto conoscitore della lingue semitiche e scienziato versatile, che assieme ai suoi figli si era convertito al cattolicesimo, imparò fin dai primi anni l’amore e la disciplina per lo studio; dopo aver frequentato la scuola conventuale nella città natale, nel 1746 concluse con successo il ginnasio a Vienna, dove si era trasferito con la famiglia.

Genio precoce, si dedicò alla letteratura, agli studi di giurisprudenza, di lingua ebraica e di esegesi biblica, imponendosi ben presto negli ambienti colti viennesi per le grandi doti intellettuali e di insegnante. Nel 1763, su proposta dell’influente barone di Borié, consigliere di Stato, assunse l’incarico di insegnante di “Scienze Camerali” (il termine “Kammer” indicava gli organi cui era affidata l’amministrazione delle entrate e delle spese pubbliche), una cattedra che era stata creta da poco tempo all’Università di Vienna.

La fama ottenuta in campo accademico, nonché quale censore del teatro e critico letterario, quale scrittore raffinato attento alla lezione di Lessing, Klopstock, Wieland, gli valse i favori di Maria Teresa, che nel 1780 lo promosse “Hofrat” (Consigliere aulico). Divenne infine Rettore dell’Università e una delle voci più ascoltate del tempo, assieme a Carl Anton Martini, filosofo wolfiano del diritto che aveva aperto la cultura austriaca alle influenze dei francesi e degli inglesi. Colmato di onorificenze da accademie e da società scientifiche, venne insignito del titolo di barone, di cittadino onorario della città di Vienna e di presidente dell’Accademia di belle Arti. Beethoven gli dedicò la Grande Sonata Sonata op. 28 per pianoforte.

La politica antiliberale imposta dal Metternich lo emarginò e gli causò non poche difficoltà, ma ormai von Sonnenfels aveva deciso di ritirasi a vita privata. Morì a Vienna nell’aprile del 1817.

La sua opera principale, Grundsätze der Polizey, Handlung und Finanzwissenschaft (Principi fondamentali della Polizia, del Commercio e di Scienza della finanza, 1765-1767), fu ripubblicata ben otto volte in mezzo secolo e venne adottata come testo obbligatorio nelle Università austriache fino al 1846, diventando così il “sacro testo” della burocrazia. Altri suoi scritti rilevanti sono Ueber die Abschaffung der Tortur (Sulla abolizione della tortura, pubblicato per la prima volta a Zurigo nel 1775) e Ueber des phisiokratische Sistem von Christian Wilhelm Dohm (Sul sistema fisiocratico di Christian Wilhelm Dohm )

Sonnnenfels condivise l’opinione molto diffusa tra i “cameralisti” tedeschi - Negrelli lo chiama quasi “Il motto dell’ epoca” - che non vi fosse possibilità di ricchezza per le nazioni in mancanza di un forte sviluppo demografico. In questo fece sue le spinte di quella classe dirigente asburgica, imbevuta di ideali illuministi, che considerava come suo compito fondamentale assicurare a tutti la possibilità di benessere - “Sicherheit und Leichtigkeit der Erwerbung” , l’“Allgemeine Wolfhart” , come insegnava appunto nelle sue lezioni – e che sapeva di andare incontro agli interessi e alle idealità della borghesia in sviluppo.

La dottrina di Forbonnais sulle dinamiche demografiche vennero applicate ai territori asburgici, nella convinzione di dover in ogni modo collegare la popolazione alle principali attività produttive. Solo così si poteva garantire la “bilancia veramente attiva”, che per lui non si riduceva al mero saldo monetario, come nel tradizionale “cameralismo” di origine colbertiana, ma implicava anche il saldo positivo dei profitti.

La sua originaria impostazione mercantilista si era venuta infatti evolvendo soprattutto per influenza di certe posizioni liberistiche presenti nell’opera di Johann Heinrich vov Justi, il primo studioso che aveva segnato profondamente l’evoluzione della dottrina cameralistica con il suo trattato sulla “Scienza della politica pubblica” (“Polizey”).

Fedele seguace degli ideali dell’illuminismo, si impegnò con tutte le sue forze a combattere ogni sopravvivenza delle istituzioni medioevali, nell’economia come nel diritto, nella politica ecclesiastica come nella organizzazione delle scuole.

Lasciò un segno notevole anche nel campo degli studi sulle assicurazioni marittime, argomento di grande attualità a quel tempo in considerazione del notevole rilievo che il mercantilismo assegnava al commercio estero. In particolare propugnava la libera concorrenza tra le compagnie di assicurazione al fine di mantenere bassi i premi: così i commercianti stranieri potevano stipulare i contratti di assicurazione all’interno del paese. In tal modo lo stato avrebbe promosso il suo commercio, attirando al contempo capitali di altre nazioni. I regolamenti adottati ad Amburgo gli sembravano un modello degno di essere seguito. Originali furono anche i suoi studi nel campo delle assicurazioni in caso di morte e di incendi: a quel tempo Maria Teresa aveva elaborato un regolamento di estinzione per quei tempi esemplare.

Occorre appena ricordare che il problema delle assicurazioni trovò a Trieste, a partire dai primi decenni dell’Ottocento, un terreno eccezionalmente fertile.

Degna di memoria fu infine la sua battaglia contro l’uso della tortura, che a quel tempo veniva praticata con grande rigore, e contro la pena di morte, che egli voleva sostituita dai lavori forzati. Costante su questi temi fu l’insegnamento di Cesare Beccaria.


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