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storia_ts:biografie:strudthoff_giorgio_simeone



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GIORGIO SIMEONE STRUDTHOFF

Il capitano di lungo corso Giorgio Simeone Strudthoff era nato a Brema nel 1785 ed era arrivato in Adriatico al comando di un brigantino danese. A Trieste trovò moglie e vi si stabilì. Esordito come provveditore marittimo, divenne socio di Giacomo Manzioli, suo cognato ed ottico di professione, e con luì, nel 1825, fondò nei pressi dell’antica chiesetta di sant’Andrea una modesta fonderia, con annesse una corderia e una officina. L’attività iniziale era diretta alla fabbricazione di strumenti nautici di precisione, ma con il passare del tempo prese sempre più piede la produzione di costruzioni meccaniche e nel 1839 nelle Officine di sant’Andrea furono costruite grosse ruote idrauliche, motrici e idrovore: come sottolinea Fulvio Babudieri “i pesi di singoli getti di ghisa effettuati superarono sin d’allora le tre tonnellate, segno questo che la prima impresa di costruzioni meccaniche a Trieste s’avviava a divenire un’industria di particolare rilievo”.

Nel 1839 divenne titolare unico della fonderia, che prese il nome di Officine meccaniche di sant’Andrea. L’Officina, la prima del genere in tutta la regione Giulia e nelle zone litoranee dell’Adriatico a lavori navali, era così presentata in un avviso pubblico: “Vasto stabilimento con analoga fonderia di ferro, per cui si trova in grado non solo di eseguire qualunque lavoro relativo alla dinamica e meccanica, ma anche di costruire macchine a vapore, tanto per bastimenti, quanto per filature raffinerie di zucchero […]”.

La favorevole congiuntura economica e commerciale che accomunava i paesi rivieraschi che si affacciavano sull’Adriatico e l’intensificarsi sempre più sensibile degli scambi con i Paesi del Levante portarono ad una rapido sviluppo della ditta Strudthoff, che 1846 costruì le prime macchine a vapore prodotte nella regione, tra cui una destinata a draga “cavafango” e ad unità della marina militare austriaca.

Dopo la morte di Simeone, nel 1847, la ditta passò in mano ai figli. Ormai le officine di sant’Andrea si erano imposte con grande autorevolezza e sempre più avrebbero contribuito alla ricchezza dell’emporio triestino. Nel 1850 risultavano occupati nelle Officine oltre 400 operai; secondo una relazione ufficiale vi venivano eseguiti “lavori da pareggiare con qualunque in altro lavoro delle officine tanto nazionale che estere. Oltre alla fonderia vi è la sezione di motori di propulsione a vapore, nonché, come richiedono queste due sezioni, un laboratorio di falegnameria e di modellistica con torni ed altre attrezzature. […] Ma questo non è il solo stabilimento fondato dagli Strudthoff, perché già dal 1846 nella piccola città di Muggia, avanti di giungere alla porta dell’abitato, vi fu eretta una simile fonderia, però non così vasta come quella di S. Andrea, ma che ad ogni modo in questa vi sono occupati una ottantina di operai tra grandi e piccoli”.

Quando intorno al 1850 vennero chiusi gran parte degli squeri importanti di Trieste (quello del Lazzaretto nuovo di S. Teresa, quello della Sacchetta e quello Panfili, che era il più antico come nascita e il più vasto di tutti), gli intraprendenti e coraggiosi fratelli Strudthoff acquistarono dal Comune di Muggia un fondo lungo la riviera, a san Rocco, per la costruzione di un cantiere, che entro pochi anni avrebbe visto l’uscita dai suoi tre scali di bastimenti di ogni genere, per lo più di grande portata.

La necessità di nuovi finanziamenti per l’ampliamento delle Officine e per il completamento del nuovo cantiere portò infine nel 1857 alla creazione di una società per azioni sotto la ragione sociale di Stabilimento tecnico triestino. Tra i fondatori, oltre la Ditta Fratelli Strudthoff, anche la Ditta di Borsa Reyer & Schlick, il commerciante Edmondo Bauer, e il potente banchiere Pasquale Revoltella, che aveva saputo, con il consueto tempismo, intuire le grande possibilità di sviluppo implicite nell’iniziativa.


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