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Vocabolario triestino - italiano

Alla pagina indice del dialetto ci sono i collegamenti per scaricare le versioni pdf, epub, mobi e la versione cartacea del vocabolario.


Navigazione ipertestuale nel vocabolario
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Si consiglia, prima di cercare una parola nel vocabolario, di leggere in questa pagina i criteri ortografici seguiti per la scrittura. Ciò potrebbe facilitare la ricerca.

Premessa

L'idea del vocabolario è nata inizialmente per dare, a chi non parla il dialetto triestino, uno strumento per comprendere gli interventi del forum aTrieste.eu e degli altri forum, blog ed e-zine che utilizzano il dialetto triestino per comunicare sul web.

Si è partiti dalle parole riportate nella sezione "El nostro dialeto" del forum citato; molte altre parole si sono aggiunte in seguito. Le definizioni sono tratte, quasi sempre, dal forum; qualcuna no. Come succede nei forum, quindi, non c'è un autore, visto che i contributi sono di molti e tutti protetti da un soprannome, il cosiddetto nick name.

Se cercate un vocabolario “vero”, ci sono opere a stampa alle quali si rimanda in bibliografia per raccolte più sistematiche. Questo, che pure conta più di 3.800 voci, oltre 5.000 definizioni complessive e un elenco di più di 200 frasi idiomatiche, per il fatto di riportare per lo più le parole e le espressioni caratteristiche citate in quella sezione del forum, rischia di essere incompleto. In particolare sono quasi del tutto assenti le parole che sono identiche o quasi nel dialetto e nella lingua italiana e che qui sono riportate solamente quando o hanno un significato diverso o compaiono in qualche espressione idiomatica particolare. Alcune parole sono state tratte da scritti in dialetto di autori vari. Tutte le altre parole, o sono state citate da un utente del forum ed hanno trovato riscontro in uno dei vocabolari, o sono state citate da almeno due utenti del forum (questo per evitare di inserire parole troppo legate al lessico familiare).

Il forum è il luogo più adatto per segnalare, con bella maniera, errori, imprecisioni, mancanze che sicuramente ci saranno. Esiste, in alternativa, anche la casella di posta elettronica.

Fonologia e regole ortografiche

Pur esistendo numerose opere scritte in dialetto, alcune delle quali anche diffuse e premiate a livello nazionale, il triestino è stato, fino a pochi anni fa, utilizzato principalmente per la comunicazione orale. È stata la prepotente diffusione dei cosiddetti Content Management Systems, (iniziata con i forum ed i blog e proseguita con Facebook) a creare una grande quantità di scritti in dialetto ed a porre pesantemente il problema delle regole ortografiche e grammaticali, problema che sta dando sul web origine a numerose polemiche nelle quali non si intende entrare, anche perché nel forum non esiste una linea unitaria. Si sono, così, seguite, per praticità e non necessariamente per adesione ad una scuola linguistica piuttosto che ad un'altra, le regole usate dal Doria nella prima edizione del suo Dizionario citato in bibliografia: niente doppie1) ed utilizzo delle 21 lettere dell'alfabeto italiano2) eventualmente modificate da alcuni simboli diacritici, la scelta dei quali, diversi da quelli proposti dal Doria, è dovuta principalmente all'esigenza di usare caratteri facili da riprodurre con la tastiera italiana nell'ambiente scelto per scrivere queste pagine. Il perché dell'alfabeto con soli 21 simboli verrà giustificato più avanti.

Si tenga, quindi, presente che la grafia usata è stata, sempre e soltanto, finalizzata a favorire la ricerca e la corretta lettura delle parole stesse da parte di un lettore di lingua italiana istruito da questa premessa e non vuole essere una proposta di ortografia.

  • per la c dolce in finale di parola (ma anche per la prima c della parola mic'cheno3)) si è usato il simbolo c. Quando si legge la parola ploc, essa va letta come se dopo la c dovesse venire una i, che però non c'è e non si deve sentire4).
  • per la c dura in finale di parola si è usato il simbolo c. La parola ruc, quindi, va letta come se dopo la c ci dovesse essere una vocale diversa dalla i o dalla e, ma che, anche in questo caso, non si deve sentire.
  • per i gruppi sci e sce che vengono letti senza legare la s con la c, nella grafia, si sono staccate la s e la c inserendo in mezzo un apostrofo: la parola s'cenza ne è un esempio.
  • i gruppi sge e sgi, che sono molto comuni in dialetto, vegono letti non legando la s dolce con la g (come ad esempio la parola sgionfo) analogamente a quanto avviene, del resto, nella lingua italiana. Si veda ad esempio la parola sgelare.
  • si è scelto, seguendo le regole della prima edizione del Doria, di non scrivere mai le doppie consonanti, anche se alcuni autori, come Carpinteri, Faraguna, Giotti, il Kosovitz nel suo vocabolario ed il Zeper nella seconda edizione del Doria, talvolta le usano. Usano in particolare la doppia s che in questo vocabolario non compare mai.

Passiamo poi alle rappresentazioni di suoni diversi che nella lingua italiana e nel dialetto sono rappresentati con lo stesso simbolo e che vengono, di norma, differenziati nei vocabolari per dare indicazioni sulla pronuncia corretta.

  • La s ha, nelle parole, il suono aspro, come nelle parole italiane astuto e salpare. Quando la s è sonora o dolce , come nelle parole italiane chiesa e preciso, si è usato il simbolo s tranne che per la parola xe che, con questa convenzione, andrebbe scritta se; nel forum si trova spesso la x per la s sonora anche in altre parole; ad esempio si trova scritto caxa, ma qui invece scriveremo casa. Il simbolo tipografico per la s sonora è diverso da quello usato dal Doria (che usa la s con un punto sotto, simbolo non facilmente riproducibile nel nostro ambiente), ma la scelta di usare la x solo per la parola xe è derivata dalla scelta fatta per la prima edizione del citato vocabolario. Non abbiamo adottato la x per la s sonora perché questa adozione avrebbe comportato quello che ci sembrava un innaturale ordinamento alfabetico per cui gasio, scritto gaxio, sarebbe venuto in ordine alfabetico, dopo gaver e tutte le parole che iniziavano con con la s sonora come sbriso, sburtar, ecc., sarebbero finite, in ordine alfabetico, sotto la x e non sotto la s dove chi parla la lingua italiana le avrebbe istintivamente cercate (non dimentichiamo che il vocabolario nasce per fornire a chi parla l'italiano uno strumento per comprendere i testi scritti in dialetto).
  • Lo stesso dicasi per la z che viene scritta così quando è aspra, come nella parola italiana azione; quando è sonora, come nella parola italiana zanzara, è stata scritta z.

Queste convenzioni tipografiche sono usate nei lemmi e nelle espressioni idiomatiche. Sono usate anche negli esempi all'interno delle definizioni e nei rimandi, ma solo nelle versioni pdf, epub e mobi; nella versione sul web no, per favorire una corretta indicizzazione da parte dei motori di ricerca. Gli accenti, cui si farà cenno più avanti, sono stati riportati, tranne eccezioni e salvi errori, solo nei lemmi e nelle parole tronche.

  • Nel forum c'è poi una distinzione, portata avanti da alcuni, sulla q che viene sempre sostituita dalla lettera c: ad esempio qualcuno scrive cuando e non quando. Senza voler entrare nel merito sulla correttezza dell'abolizione della lettera q, che risolverebbe elegantemente alcune possibili incertezze ortografiche, essa non è stata adottata, visto che anche autorevoli vocabolari seguono la stessa strada e la differenza fonetica, se c'è, è molto lieve. Si è, di conseguenza, usato il simbolo grafico qu quando, nella parola, il suono corrispondente è seguito da una vocale (fanno eccezione le parole cuor e tacuin). Si è usato il simbolo grafico cu quando, nella parola, il suono corrispondente è seguito da una consonante (cul, cusina, …). Non si è mai usato il gruppo cqu che è stato sempre sostituito da qu coerentemente con l'abolizione delle doppie consonanti.
  • Nella lingua italiana i gruppi nb ed np non esistono; si incontrano solo i gruppi mb ed mp. Nel dialetto triestino parlato, invece, si sentono. Noi non sappiamo, nessuno di noi è un linguista, se bonbon o inpignir siano forme più “pure” di bombon o impignir. Comunque, salvo qualche eccezione e qualche nota, nei lemmi abbiamo usato le forme mb ed mp, confortati in ciò dalle scelte fatte dal Doria nella prima edizione del suo dizionario (il Kosovitz, invece, sembra le riporti entrambe).
  • In generale, infine, quando nella fonetica della lingua italiana c'è un suono equivalente si è usata la grafia corrispondente, indipendentemente dall'origine della parola. Si è scritto, così, chifel e non kifel che rimanderebbe alla parola tedesca originaria kipfel. Insomma, come detto in apertura, si è fatta la scelta di scrivere le parole in modo che un italiano le possa cercare con facilità e leggere in modo ragionevolmente corretto. Abbiamo voluto evitare, così, che in epoca di anglicismo imperante, la jota, tipica minestra triestina, venga letta giota, all'inglese.
  • Per favorire una pronuncia corretta sono stati aggiunti, nei lemmi, gli accenti che talvolta nel dialetto triestino sono diversi dall'italiano: ad esempio in dialetto si dice “màrtedi” e non “martedì”. Le sole parole non accentate, salve eventuali omissioni, sono le monosillabiche.
  • Si è messa la dieresi per indicare che va letto come iato un gruppo vocalico che, altrimenti, andrebbe letto come dittongo. Si veda ad esempio boïdùra che va letta staccando la o e la i in due sillabe diverse, ma accentando la u successiva.
  • Sulle parole triestine gli accenti sono stati messi sempre gravi (salvi errori): in triestino e in lingua italiana in quanto la tendenza del dialetto è di pronunciare le vocali aperte.
  • La estrema apertura delle vocali fa sì che, talvolta, la vocale a possa sostituire sia la e che la o, e la vocale e possa sostituire la i. Talvolta queste differenze sono state riportate, come nel caso di Amlet/Omlet, Bala­rin/Ba­lerin, e così via. Spesso, però, delle voci ne è stata riportata una sola. Perciò chi cercasse la parola varigola, non trovandola, farà bene a cercarla anche sostituendo alla vocale a la e, e troverà verigola. Può, tuttavia, valere anche il contrario, che la parola si trovi con la vocale a invece che con la e.

Queste sono le regole seguite, regole che, è opportuno sottolinearlo ancora, hanno fini pratici e non ideologici; se, rispetto ad esse, è stato commesso qualche errore vi saremo grati se ce lo segnalerete.

Lemmi

Sono riportate le parole ordinate alfabeticamente, il loro significato e qualche eventuale esempio. Nell'ordinamento alfabetico lo spazio tra due parole è considerato come se fosse inesistente; negli elenchi ordinati alfabeticamente dai computer non è sempre così, ma ci è sembrata la regola più naturale. Queste regole e quelle ortografiche definite in precedenza rendono facile la ricerca alfabetica dei lemmi; unica perplessità può derivare dalla lettera q del cui uso si è trattato nel capitolo precedente.

Se una voce compare in due forme che differiscono per la finale, come piasù e piasùdo, possono comparire scritte una volta sola nella forma piasù[do]. Se però tra le due forme si inserisce, in ordine alfabetico, un'altra parola, come in Rabià, Rabiada e Rabiado, Rabiado viene riportata come voce a sé con rimando a Rabià.

Alcune locuzioni che iniziano con una preposizione, come a ùfete, si trovano riportate con la preposizione scritta tra parentesi ed in coda: ùfete (a). Lo stesso dicasi per eventuali articoli.

Sono state racchiuse tra parentesi rotonde eventuali forme alternative come, ad esempio, magnerà (magnarà), svodo (suto) come una canocia e così via.

Nel vocabolario ci sono numerosi sinonimi per i quali si è data la definizione una volta sola, mettendo per gli altri il rimando; ad esempio anima e anema oppure balerin e balarin, bisiga e visiga, cianciut e cinciut, … . La decisione di mettere la definizione esplicita su una delle voci ed il rimando sulle altre risponde ad un'esigenza pratica e non vuole attribuire alla voce esplicitamente definita una patente di preferibilità d'uso.

Nella sezione con alcune espressioni gergali (accessibile attraverso il link frasi), esse pure sono trascritte in ordine alfabetico, senza però l'eventuale articolo iniziale, che viene riportato in fondo tra parentesi rotonde.

Etimologia

Non si è fatto cenno alle etimologie. Nessuno dei compilatori di questo vocabolario e, probabilmente, nessuno dei collaboratori del forum, è un linguista. Da inesperti, poi, si è avuta la sensazione che, talvolta, dietro alle etimologie ci fossero delle posizioni ideologiche preconcette, per cui si è evitato alcun accenno alle stesse, anche quando sembravano certe, interessanti o curiose. Sul forum, tuttavia, ci sono numerosi interventi relativi alle etimologie e ad esso si rimanda chi fosse interessato.

Riferimenti bibliografici

Ci sono noti alcuni vocabolari a stampa del dialetto triestino, ai quali talvolta abbiamo fatto riferimento per avere conferme. Li riportiamo in ordine cronologico di pubblicazione:

  • Kosovitz, E. Dizionario-vocabolario del dialetto triestino e della lingua italiana, Trieste, Tip. figli di C. Amati, 1889 e recentemente ristampato da Svevo; di esso è disponibile una copia anche sul web.
  • Pinguentini, G. Dizionario storico etimologico fraseologico del dialetto triestino, Trieste, Borsatti, 1954 (riedito nel 2000 da DelBianco col titolo Nuovo dizionario del dialetto triestino);
  • Rosamani, E. Vocabolario giuliano, Bologna, Cappelli 1958 (ristampato nel 1990 a Trieste da Lint);
  • Doria, M. Grande dizionario del dialetto triestino, Trieste, Il Meridiano, 1987 di cui nel 2012 è uscita a dispense sul quotidiano Il Piccolo una nuova edizione curata da N. Zeper

Molti dei termini portuali sono stati riportati, nel forum e nel vocabolario, dal libro di Guido Botteri Il porto franco di Trieste: una storia europea di liberi commerci e traffico, Editoriale, 1988. Anche se di molti di essi abbiamo avuto conferma da altre parti, oggettivamente non sappiamo se tutti siano ancora in uso o meno, ma ci sembrava importante non ignorarli.

Si sono consultate, poi, anche se in maniera non sistematica, le seguenti opere:

  • Carpinteri L., A modo nostro, MGS Press.
  • Giotti V., Colori, Riccardo Ricciardi. In fondo al volume c'è un piccolo vocabolario; alcune parole prese da là e non confermate da altri sono state evidenziate con la scritta (Giotti).
  • Sardoni Barcolani Vivi, Versetti Sardonici, Bianca e Volta edizioni (sono i testi delle canzoni triestine del complesso).
  • Starec R., Canzoniere triestino, Edizioni Italo Svevo.
  • Zeper N. (traduttore), La divina comedia di Dante Alighieri - L'Inferno, MGS Press.
  • Zeper N. (traduttore), La divina comedia di Dante Alighieri - El Purgatorio, MGS Press.
  • Zeper N. (traduttore), Pinuci, MGS Press, traduzione di Pinocchio di Collodi.
  • Zeper N. Morsi di lingua, rubrica del quotidiano “Il Piccolo”, passim.

Dai testi citati si sono prese, vista la finalità del vocabolario, solo le parole che ci sono sembrate ancora in uso nella parlata corrente evitando le forme che sono sembrate desuete; qualche eccezione è stata fatta per Giotti, visto che alcune sue poesie sono reperibili sul web. Le parole sono state sempre traslitterate seguendo le regole esposte all’inizio di questa premessa.


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Premessa A B C D E F G H I L M N O P Q R S T U V X Z Frasi Metatesi Abbr
1)
Il Doria stesso, però, nel suo vocabolario, riporta almeno una parola con una doppia consonante: urremengo. È un raddoppiamento che serve a rafforzare l’espressione. Come se dicessimo corrighe drio svelto per rafforzare l’invito a correre.
2)
Unica eccezione la x della parola xe, sulla quale si rifletterà più avanti.
3)
Nella grafia usata per la parola mic'cheno, la sottolineatura della prima c indica che va letta come dolce; l'apostrofo indica che la c non va legata alla c successiva che si legge dura.
4)
Altri ambienti usano per questo suono l’apostrofo finale e scrivono ploc’. È sembrato più corretto usare la sottolineatura, visti i diversi usi che ha l’apostrofo nella scrittura corrente.
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dialetto/indice.txt · Ultima modifica: 03-09-2023 05:10 da 127.0.0.1

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